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Giochi proibiti. Sul mondo delle slot…meglio tardi che mai!

Intervista al Collettivo Senza Slot di Pavia. Oggi a Verona si inaugura un evento pubblico sul tema del gioco: “Tocatì”, il Festival internazionale dei giochi di strada e si parlerà anche del dilagare dello slot. Che il gioco d’azzardo legalizzato sia ormai diventato uno degli affari con i maggiori interessi, sia economici che patologici con ricadute sociali e psicotiche, è ormai un fatto acclarato. Talmente chiaro che se ne è accorto perfino il Corriere della Sera del 17 settembre, attraverso una sua “prestigiosa” firma Gian Antonio Stella, il fustigatore noto ai più soprattutto per le inchieste sullo sperpero di danaro pubblico e nella denuncia delle stratosferiche prebende elargite a funzionari pubblici, enti pubblici che sprecano enormi quantità di denaro pubblico.

Gian Antonio Stella questa volta pubblica un articolo dal titolo: “Il pozzo senza fondo del gioco d’azzardo”; nel quale elenca puntigliosamente e con precisione quante e quali cifre sono spese (dilapidate) per seguire le diverse forme che il “gioco legale” sta risucchiando dalle tasche dei malcapitati che sperano così di affrancarsi da una esistenza misera e povera, buttandosi alla cieca sperando di ottenere quella vincita che possa risolvere e migliorare la sua condizione sempre più condannata alla miseria e all’indigenza, oltre che ad una vita al limite della sopravvivenza.

Per meglio illustrare l’evento veronese, pubblichiamo qui di seguito una intervista a Mauro Vanetti, esponente del Collettivo Senza Slot di Pavia, che è stato tra i primi (se non i primi in assoluto) a prendere iniziative di mobilitazione e lotta contro questa vicenda. Mobilitazione fatta mettendo assieme i familiari delle persone vittime del gioco d’azzardo, le comunità interessate a loro volta dagli espropri di terreni e fabbricati dismessi o abbandonati per creare sale da gioco, tramite cambiamenti di destinazione d’uso e quant’altro, speculazioni edilizie che hanno favorito pratiche ricattatorie per facilitare l’installazione di locali per slot-machine o Bingo e quant’altro utile al profitto che si ricava sfruttando questa “pulsione” al tentare il “colpo vincente” da parte di poveri malcapitati.

E’ ormai certo che in questo settore, data la consistenza enorme di denaro e capitali in esso investiti, una parte predominante è occupata da società estere, multinazionali del settore, associazioni criminali. Il buon Stella, sempre attento alle malefatte e allo sperpero di denaro e risorse pubbliche (ma mai una parola sullo sperpero e i sovracosti degli F35), anche in questo caso omette di descrivere una vicenda risalente a qualche anno fa. Si tratta dei 98 miliardi di euro sanzionati alle società concessionarie della licenza per l’uso dei sistemi di gioco (slot-machine, poker online, scommesse on line, ecc…), poi condonati dal governo Letta e trasformati, dopo un paradossale taglio di oltre il 95%, in una sanzione di qualche milione di euro, a loro volta non pagata o pagata in piccola parte, e sul quale pende ancora un ricorso per annullarne gli effetti e le sanzioni!

Questa vicenda, della quale non crediamo affatto che coloro sempre solerti nel denunciare gli scandali e i relativi sperperi di denaro pubblico, non conoscano i dettagli. Sarà forse perché alcuni esponenti della politica o dei partiti oggi al governo risultano essere esponenti o soci in società titolari del settore giochi! Perciò resta attuale l’interrogativo: Che fine hanno fatto tutti quei miliardi, corrispondenti a circa 5 manovre finanziarie?

Qui di seguito l’intervista di uno degli organizzatori del Tocatì di Verona a Mauro Vanetti del Collettivo Senza Slor che ci ha autorizzato la pubblicazione.

Salmon Lebon: Comincerei con un classico “presentati”. Al telefono tradivi un accento emiliano. Me lo sono sognato?

Mauro Vanetti: Sì, te lo sei sognato. Sono Mauro Vanetti, l’unico nato a Pavia del Collettivo Senza Slot. O meglio: l’accento pavese assomiglia agli accenti emiliani. Ho 35 anni, di mestiere faccio il programmatore e da sempre mi interesso di politica. Senza voler fare il sociologo da strapazzo, abbiamo notato che la città stava ricollocandosi in una nicchia economica basata su alcuni elementi molto… discutibili: la speculazione edilizia, l’economia mafiosa (‘ndrangheta), il gioco d’azzardo liberalizzato.

Salmon Lebon: wow! Mi stai convincendo che Verona in realtà a Copacabana! Quindi…?

Mauro Vanetti: Diciamo che a me e ad altri, in particolare il mio amico Pietro Pace che ha avuto originariamente l’idea, è venuta voglia di fare qualcosa per contribuire al movimento di rifiuto della penetrazione del gioco d’azzardo liberalizzato nella città. Per questo motivo abbiamo fatto questo sito, www.senzaslot.it, per raccogliere segnalazioni di bar e caffetterie che non hanno le slot machine. Ce ne sono arrivate così tante, e da tutta Italia, che il sito sta cominciando ad avere problemi tecnici e infatti dovremo cambiarlo. Siamo intorno alle 2500 segnalazioni.

Salmon Lebon: Che cosa segnalano?

Mauro Vanetti: Quei posti che resistono senza le macchinette mangiasoldi.  L’idea banale di partenza è questa: non vogliamo più prendere il caffé in luoghi che normalizzano la speculazione sulle spalle della povera gente.

Salmon Lebon: ah interessante, quindi segnalate i bar virtuosi! Dì la verità che ti sei bruciato un po’ di migliaia di euro con le slot machine e ti stai vendicando.

Mauro Vanetti: Per fortuna, nessuno di noi è un giocatore d’azzardo compulsivo, ma quelli che ci sono passati e si sono resi conto di cosa hanno subito qualche volta in effetti diventano dei “vendicatori”… Non so se hai visto il video di quel giocatore compulsivo che armato di ascia è andato a demolire una mezza dozzina di macchinette in un bar?

Salmon Lebon: Ah no, mi manca.

Mauro Vanetti: guarda il video su https://www.youtube.com/watch?v=v8cVO_ybHTo

Salmon Lebon: Però fammi capire una cosa. Il tutto è legale, giusto? Ed è risaputo che le macchine sono progettate per non perdere soldi.

Mauro Vanetti: Ebbene, sì. Questa è la prima domanda che ci hanno fatto ogni volta che siamo andati a parlarne in una scuola. I ragazzini non si sono ancora abituati all’idea che la legge possa essere così. Ovviamente, sono progettate per far vincere il banco. Addirittura, in Italia *per legge* devono restituire “almeno il 74%”, che tradotto in soldoni vuol dire che fanno perdere il 26%. Ma non è tutto qua. Come hanno dimostrato diversi studi neurologici, psicologici, sociali ecc. queste macchinette e tutto il sistema pubblicitario sono progettati coscientemente per far ammalare di gioco d’azzardo patologico. Il gioco d’azzardo compulsivo non è un “effetto collaterale”: è il core business.

Salmon Lebon: Che soluzioni vedi all’orizzonte?

Mauro Vanetti: Non deve essere ammesso fare lucro sul gioco d’azzardo di massa. Perché incentiva la ricerca di meccanismi sempre più patogeni. In questo contesto ha molta importanza la promozione pubblica del gioco sano e intelligente. Chiaro che è una battaglia difficile perché stiamo dicendo che bisognerebbe non solo colpire dei privati che fanno molti profitti e sono molto potenti ma anche che bisognerebbe togliere allo Stato una fonte di entrate e costringerlo invece a *spendere di più* per promuovere il gioco.

Salmon Lebon: E naturalmente la criminalità organizzata ci si è buttata a capofitto.

Mauro Vanetti: Sì, perlomeno questo è quanto ha scritto la Direzione Investigativa Antimafia.

Salmon Lebon: Bello bello bello. Belle prospettive. Concretamente, cosa fare? Cosa intendete fare?

Mauro Vanetti: Per ora abbiamo fatto una mappa online, un blog con le nostre riflessioni, una manifestazione a Pavia il 18 maggio scorso, un libro (“Vivere senza slot”) e una trentina di presentazioni del libro in tutta Italia. Si sta creando una rete. Noi siamo convinti che sorgerà un movimento popolare vasto per abolire la liberalizzazione dei giochi d’azzardo.

Salmon Lebon: Ma è il proibizionismo, la strada?

Mauro Vanetti: Secondo noi no, perché favorisce la creazione di un mercato  clandestino. Inoltre è culturalmente nocivo perché lancia un messaggio esclusivamente negativo e in qualche modo “contro le tentazioni e i vizi”. Noi pensiamo che lo Stato debba stroncare il mercato sia legale sia clandestino affiancando alla giusta repressione di questo business la creazione di spazi alternativi dove si possa praticare il gioco sano… e anche il gioco malsano.

Salmon Lebon: Dimmi… cosa ci fate al Tocatì?

Mauro Vanetti: Ci ha invitato Dario De Toffoli, un esperto di giochi, che sembra abbia apprezzato il nostro libro.

Salmon Lebon: …ma del libro non mi hai detto nulla!

Mauro Vanetti: Ah giusto! Abbiamo scritto questo libro in quattro l’estate scorsa. Si chiama “Vivere senza slot. Storie sul gioco d’azzardo tra ossessione e resistenza”. Ci hanno aiutato anche altri come Alessandro Villari e Luca Casarotti, quest’ultimo è ormai parte integrante del Collettivo. Sono molte piccole storie autobiografiche che raccontano cosa abbiamo combinato e cosa abbiamo imparato su quest’argomento.

Salmon Lebon: Autobiografie ? Di chi?

Mauro Vanetti: Nostre, o meglio: di quel che ha fatto il Collettivo nel corso del 2013.  Spesso si tratta d’incontri, con persone che hanno vissuto il problema o che lottano per risolverlo e qualche volta anche… che lottano per non risolverlo. Per esempio il libro si apre con un incontro sgradevole: quello tra noi e la lobby dell’azzardo, che sta cercando di portarci in tribunale..

Salmon Lebon: …a titolo personale, qual è il gioco della tua infanzia? C’è un gioco do strada particolare?

Mauro Vanetti: Palla prigioniera! Ho provato a rigiocarci da adulto, in università, nei corridoi del collegio.

Salmon Lebon: E da quando ti interessi di azzardopatia?

Mauro Vanetti: Dall’anno scorso.

Salmon Lebon: ah è recentissimo. Perché uno ci finisce dentro?

Mauro Vanetti: Di solito all’inizio è un miscuglio di curiosità, noia e illusione di poter guadagnare qualcosina. Molti terapeuti e molti malati ci hanno raccontato che l’innesco della dipendenza è quasi sempre in seguito a una vincita. Si comincia a pensare che si può vincere ancora, oppure che è un passatempo innocuo perché un po’ vinci e un po’ perdi, oppure si fanno sragionamenti del tipo “Questi soldi li ho vinti, quindi è come se non fossero miei, posso rigiocarmeli e al massimo mi rimetto a pari”. Ovviamente si inizia a perdere, tanto e allora inizia il meccanismo della “rincorsa” (catch up).

Salmon Lebon: …e da lì a farla diventare una “dipendenza”?

Mauro Vanetti: Diventa una dipendenza molto molto velocemente. Si dice che le slot machine sono “il crack dell’azzardo” nel senso che hanno un tempo rapidissimo di insorgenza della dipendenza, come fumare il crack apppunto.

Salmon Lebon: Il profilo del “giocatore” medio?

Mauro Vanetti: In generale ci sembra che a essere colpita sia soprattutto la classe operaia-impiegatizia o anche più in generale la “povera gente”. Molti immigrati, molti pensionati.

Salmon Lebon: Modi di uscirne?

Mauro Vanetti: Esistono terapeuti, comunità di aiuto, gruppi di auto. Noi crediamo che il problema vada risolto soprattutto socialmente, prevenendolo e anche curandolo in modo collettivo.

Salmon Lebon: Quindi convincerai il Tocatì a impiantare anche un po’ di slot machine per gli anni prossimi e pagarsi il festival!?

Mauro Vanetti: Tipo il Meeting di Rimini di Comunione e Liberazione. Dopo che pezzi di mondo cattolico hanno chiesto di sospendere la sponsorizzazione hanno detto gli organizzatori che non potrebbero tenerlo senza i soldi di SISAL e Lottomatica. E’ una gran cosa che Tocatì con un’iniziativa del genere si “blindi” invece in senso no slot

Salmon Lebon: Ci sei mai stato al Tocatì?

Mauro Vanetti: No, è la prima volta.

Salmon Lebon: Come si svilupperà il vostro incontro?

Mauro Vanetti: Ci saremo noi, il ludologo e autore di giochi Dario De Toffoli, diverse figure di spicco della UISP che ha un approccio simile al nostro nel contrapporre lo sport all’azzardo, alcuni politici che si sono dichiarati sensibili all’argomento (noi su questo siamo sempre moooolto scettici) e Maurizio Fiasco, un sociologo che ha scritto cose illuminanti sul tema.

Salmon Lebon: Porterete una slot machine da provare? O una slot machine sezionata per far vedere il funzionamento? O sviscerate i meandri del software per mostrarne la logica diabolica?

Mauro Vanetti: Non è una brutta idea ma questa volta non lo faremo. Sarà per la prossima!

 

Di seguito l’articolo di Gian Antonio Stella da Il Corriere della Sera del 17 settembre 2014

Il pozzo senza fondo del gioco d’azzardo

Un rapporto della Consulta Nazionale antiusura rivela che le famiglie hanno speso ben 100 miliardi in azzardo. il commento di Gian Antonio Stella su il Corriere

Quasi mezzo miliardo di ore, esattamente 491.667.000. È spaventosa la quantità di tempo buttata dagli italiani, oltre ai soldi, nel pozzo senza fondo dell’azzardo: settanta milioni e 238 mila giornate lavorative passate davanti alle macchinette, sui poker online, a raschiare gratta-e-vinci e così via. Lo dice il dossier «Il gioco d’azzardo e le sue conseguenze sulla società italiana» della Consulta nazionale antiusura che il sociologo Maurizio Fiasco porterà nei prossimi giorni al convegno su questa peste bubbonica organizzato a Verona dal «Tocatì», il Festival internazionale dei giochi di strada, quelli sani, che comincerà domani. … Che cosa significhi l’azzardo, di questi tempi, lo dicono poche parole del rapporto: «Su un volume complessivo di consumi delle famiglie che si aggira intorno agli 800 miliardi di euro, ben 100 sono stati dirottati sul gioco d’azzardo».

Un business così spropositato da spingere purtroppo ad avventurarsi sulle scommesse (tra lo sgomento, lo sdegno e le proteste dei dipendenti) perfino aziende quali Rcs, a dispetto di tutte le denunce sul tema dei giornali del gruppo. Corriere in testa.

Un business criminogeno, accusa la Consulta antiusura: «La disoccupazione alimenta la propensione verso l’azzardo che, a sua volta, è diventato un indotto per il prestito a usura e un’opportunità per la criminalità organizzata; con ciò incidendo m maniera funesta sulla più grave crisi economica dal secondo dopoguerra». Per dare un’idea: nel 2013 nelle sole slot-machine e nelle lotterie online legali ha buttato 1.209 euro ogni savonese, 1.251 ogni riminese, 1.302 ogni teramano, 1.511 ogni comasco e 2.433 ogni pavese. Ma alla massa enorme dei soldi giocati legalmente vanno aggiunti quelli gestiti dalle organizzazioni criminali. Cioè 8,7 miliardi per le sole slot-machine, secondo i calcoli della Consulta elaborati sulla base dei parametri del ministero dell’Interno. Addirittura 23 complessivamente, stando all’ultimo rapporto della Guardia di Finanza: sette volte l’Imu sulla prima casa. Come ha scritto il Soie 24 ore, «tra lotta alle ludopatie da una parte e difesa del gettito erariale dall’altra, a far saltare il banco nel gioco pubblico è sempre più spesso l’illegalità».

Si chiede la Consulta contro l’azzardo: «Possibile che nel Mezzogiorno si puntino al Lotto e al Superenalotto somme pro capite in quantità vicine a quelle del Nord e poi, quando il comparto diventa quello delle slot o delle lottery terminal, i dati delle province del Sud precipitino? Se per “Lotto e Superenalotto” tra la provincia che gioca di più e quella che gioca di meno c’è un rapporto poco più che doppio (a Latina si impiegano 209 euro l’anno a testa, a Potenza 94), per le slot machine esso è di 17 a i». Cosa significa? Ovvio: la differenza è gestita in larga parte da mafia , camorra, ‘ndrangheta. Non a caso tutte le quindici città dove il gioco clandestino è più forte (a Napoli è del 104% superiore a quello legale) appartengono, salvo Roma, al Mezzogiorno più profondo e disperato. Che avrebbe si bisogno di giocarsela. Ma in tutto un altro senso.

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