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Intervista a Lenny Bottai, il campione del popolo

Lenny Bottai è uno dei più forti pugili professionisti italiani in circolazione: nel suo palmares annovera titoli come quello di campione internazionale IBO 2009, campione italiano 2010, campione internazionale IBF 2011, campione del mediterraneo WBC 2012 e campione intercontinentale IBF 2014

A 37 anni suonati e con alle spalle una carriera coronata di successi non è tardata ad arrivare la ciliegina sulla torta: l’ International Boxing Federation gli ha infatti offerto la possibilità di disputare a dicembre negli States la semifinale per il titolo mondiale dei superwelter. Lenny si batterà a Las Vegas contro il texano Jermall Charlo (19 vittorie di cui 15 per ko, 24 anni) e il vincitore del match potrà successivamente affrontare il campione Cornelius “K9″ Bundrage, 41 anni, di Detroit.

Incontriamo Lenny in un pomeriggio di fine ottobre a Palermo: è nel capoluogo siciliano per presiedere uno stage di boxe indetto dalla locale Palestra Popolare Antifa e promosso del CoNaSP (Coordinamento Nazionale per lo Sport Popolare). Osservarlo anche solo allenare e impartire consigli ad un nutrito gruppo di giovani pugili nei locali occupati del centro sociale Ex Carcere di via San Basilio, mette i brividi: fisico temprato da anni di sedute di allenamento, tatuaggi sgargianti, sguardo vitreo ed un carattere goliardico e fiero tipico della sua città natale, la laboriosa e rossa Livorno.

Come i ganci che sferra sul ring non meno salde sono le sue idee politiche maturate anche grazie alla vicinanza in età giovanile agli ambienti antagonisti livornesi: idee coerenti con le azioni e i comportamenti che in connubio con la militanza tra le fila della tifoseria da stadio livornese e i traguardi sportivi raggiunti ne hanno fatto uno degli idoli della curva Nord, la tifoseria più a sinistra d’Italia .

 – Lenny che valenza assume la tua partecipazione ad uno stage di boxe organizzato nel profondo sud d’Italia in dei locali occupati dai giovani di una Palestra Popolare?

Un significato immenso. L’accessibilità allo sport è una “chiacchiera” che a tutti gli enti ufficiali piace paventare, ma la realtà dice ben altro. Quello che significa, cioè, che una realtà sensibile a certe tematiche sviluppi un momento di crescita e confronto collettivo di qualità, parlando di sport, e lo renda accessibile a molti ragazzi, è qualcosa di veramente importante. E’ “fare, è “dare risposte,” è “creare”.

 

  Facciamo un balzo indietro nel tempo : cosa ti ha spinto a praticare la boxe e quale è stata invece la molla che ti ha fatto appassionare alla politica?

Alla boxe mi sono avvicinato a 14-15 anni; ho iniziato con la kick boxing, perché la palestra era vicino casa e non avevo il motorino. Poi appunto sono passato alla boxe e me ne sono innamorato. Ovviamente, ritengo tutti gli sport da combattimento fantastici ed ognuno ha una propria inclinazione verso l’uno o verso l’altro. Penso che quando la senti dentro capisci.
In merito alla passione politica è stato semplice: sono livornese, quindi per tradizione cittadina ho una precisa inclinazione, poi con le prime lotte a scuola è scoccata la scintilla. Fu proprio grazia ad una manifestazione studentesca che entrai nell’allora prima gestione del Csoa Godzilla; dopo la mia formazione è avvenuta anche e soprattutto nel patrimonio familiare bibliografico. Qualcuno fa delle idee politiche slogan, bandiere e simboli, ma sono le idee, le grandi idee dell’800 e del ‘900 a fare il tutto. Altrimenti è una cosa simile al tifo calcistico. Che non è male, ma è diversa.

 

Le dichiarazioni rilasciate nel corso delle tue interviste, quella chiave inglese e il  martello tatuati nel petto che tanto richiamano  la falce e martello di “comunista” memoria  sono più eloquenti di una tessera di partito: la tua fede politica è evidente,  ma realmente pensi che il comunismo sia un ideale a cui la società odierna debba ancora tendere?

Anzitutto non sono una chiave ed un martello, ma un calibro ed un martello: è un simbolo sovietico e al di la del richiamo puramente storico, era accompagnato a tutti i reparti tecnici. Simboleggia appunto che la forza necessita dell’ accuratezza e della precisione. E’ un concetto non solo fisico ma anche ideologico .Al di la di questo, sovrasta una scena di guerra della difesa di Stalingrado e quindi è anche una commemorazione verso chi ci ha salvato da quell’’esistenza che se si fosse affermata non ci avrebbe permesso di fare neanche questa intervista. Ritornando alla tua domanda ritengo che Marx sia assai più attuale del capitalismo che oggi impera. Ed in ogni caso, per me il comunismo è essenzialmente strutturare una società sui diritti, le necessità e gli interessi della collettività che debbono sempre e comunque essere anteposti a quelli individuali. Poi, le applicazioni, sono altra cosa. Il passato è passato, serve un futuro. Le pippe mentali immense che avvinghiano revisionisti ed anti-revisionisti, forse, hanno impallato abbastanza le evoluzioni dei vari movimenti nostrani.

 

Boxe e impegno politico:  binomio possibile? 

Mah… senti, un pugile, un atleta, è anche uomo, quindi se si abbandona all’invito di pensare solo allo sport, ridicolizza la sua esistenza. E’ ovvio e deve essere chiaro, in palestra si fa lo sport. La militanza poi si fa dove si vuole e dove si ritiene più opportuno. I due aspetti non si debbono mai limitare. Poi le scelte riguardano l’uomo, non l’atleta, ma si ricordi che l’atleta è un uomo, quindi la sua cultura incide. Il problema è che spesso l’appartenenza politica, non è frutto di cultura ma di scelte di comodo, oppure peggio ancora, di superficialità. E’ ovvio, avere idee chiare limita alcune possibilità nella vita, quindi anche nello sport. Io ne ho di chiare. Non l’ho mai nascosto (anche volendo… ehheeh) ma quando sono in palestra, sul ring o all’angolo, sono pugile o allenatore. Quando faccio i corsi, sono formatore. Spero di essere giudicato bene o male per quello. Perché non so se mi infastidirebbe più essere disprezzato in questa funzione per le mie idee, oppure essere sopravvalutato o “mitizzato”per le stesse. Lo sport non è mezzo di propaganda, ma lo sportivo non è un ebete che deve non avere respiro ideologico.

 

Se dovessi indicare due esempi: il pugile e l’uomo di sinistra che più ti hanno ispirato.

Questa domanda mi mette in difficoltà, perché di pugili che mi hanno ispirato e che ammiro ce ne sono tantissimi. Di uomini “di sinistra”, per capirsi anche se il termine è troppo Renziano… anche. Poi citando alcuni dei secondi rischierei un putiferio. Diciamo per stare tranquilli che un grande esempio recente dal quale dovremmo apprendere tantissimo è stato Hugo Chavez: ha attualizzato ed adattato tantissimo le idee che ritengo fondamentali. Pugilisticamente sono sempre stato legato alla figura di Sonny Liston, perché al di la della bravura e forse falsità mediatica di Alì, Liston era il nero tra i due. E’ per questo ha subito razzismo due volte. La prima dal suo stato, la seconda dal suddetto, che non ha mai perso occasione di sottolineare che il “brutto orso” era il “nero cattivo”. Al di la di questo, la sua storia è incredibile, a poco più di vent’anni si è infilato i primi guanti in carcere. Poi è diventato Sonny Liston.

 

Francesco Fustaneo

 

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