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ALEMANNO CANCELLA «QUADRARO ’44»

E così domenica prossima, in un teatro romano, incontrerà i movimenti della destra romana, raccolti sotto il patrocinio della non meglio precisata sigla «Popolo di Roma», che in città si distingue per la copiosa densità con cui appiccica manifesti dai toni vistosi e furiosi. È previsto un dibattito a cui parteciperanno, nell’ordine: Gioventù europea, Non diamoci del tu, Generazione L, Capitani coraggiosi. (Si tratta di denominazioni autentiche, non di un’esercitazione satirica.)
La circostanza potrebbe passare del tutto inosservata, se non per quell’acido sapore, sgradevolmente allusivo, di stagioni piazzaiole, da cui peraltro Alemanno proviene. Fatti suoi, se sceglie di accompagnarsi con le scalpitanti insorgenze neo-fasciste, che forse ritiene più confortanti e meno moleste dei notabilati pidiellini.
Succede però che nella stessa mattinata Roma ricorda uno dei più drammatici episodi di persecuzione antifascista avvenuti durante l’occupazione tedesca della città: il rastrellamento del Quadraro. Una commemorazione che da quando la destra ha vinto le elezioni, e cioè negli ultimi tre anni, è stata sistematicamente «dimenticata».
Eppure si trattò di un vero e proprio dramma sociale, con un migliaio di uomini tra i 16 e 60 anni strappati alle loro case, arrestati dalle Ss, condotti prima negli stabilimenti di Cinecittà, poi imprigionati nel campo di Fossoli e infine deportati in vari paesi del centro Europa, condannati ai lavori forzati nelle fabbriche d’armi al servizio del Terzo Reich. Una tragedia sociale (oltreché politica) che è ancora molto viva in città: al Quadraro non c’è famiglia che non sia stata colpita da quel saccheggio umano. I più non tornarono; e tra quelli che fuggirono, molti parteciparono alla lotta di liberazione in Veneto, in Lombardia, in Emilia: e non pochi caddero su quei monti.
Il Quadraro era l’ultimo lembo meridionale della città. Rifugio non solo delle formazioni militari partigiane, ma anche di migranti, disertori, clandestini, di gran parte di quel popolo sbandato e affamato che cercava di sfuggire alla Gestapo. Per questo, dopo il massacro delle Fosse Ardeatine, il maggiore Kappler decise di attaccare quel «nido di vespe», come lui stesso lo definì. All’alba del 17 aprile, un battaglione di Ss, affiancato dagli immancabili paramilitari fascisti, prese d’assalto il quartiere: fu una vera e propria spedizione militare, feroce e spietata. I sopravvissuti la ricordano ancora e ancora ne sono sconvolti. Tutto ciò venne nel tempo dimenticato. Poi, pian piano, si cominciò a raccogliere quella memoria dolorosa e a trasformarla in un’occasione di orgoglio popolare, di identità sociale. Fino a organizzare, in quei giorni di aprile, una festa laica del quartiere che si chiama Q44, un modo di coltivare i sentimenti politici con nuovi linguaggi e nuove suggestioni.
Di tutto questo il sindaco di Roma non sa che farsene, anzi lo disprezza. E infatti passerà la domenica insieme ai nipotini di Kappler.
dall’intervista realizzata oggi da Radio Città Aperta

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