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Gb, caccia agli avvocati che “aiutano” i migranti

Gli avvocati come gli scafisti. Nel procacciamento di capri espiatori per un fenomeno, l’immigrazione, che ha (ben altre) cause a lui (fin troppo) note, il governo britannico rivolge ora i suoi strali a un’altra categoria professionale, quella degli avvocati.

Una nuova “taskforce”- ennesimo termine desunto dal linguaggio militare – sarà presentata oggi nella “guerra” contro l’“invasione” dei migranti “illegali” che notoriamente “sciamano” ormai incontrollati sul territorio nazionale (sono termini desunti dall’abbecedario di governo e stampa nazionale di destra).

Il suo obiettivo? Ricondurre all’ordine studi legali “truffaldini” (crooked), che vendono ai migranti richieste compilate su premesse false o inventate, permettendogli così di ottenere l’immeritato asilo.

Gli illeciti sono stati scoperti dalle investigazioni del Daily Mail, che per il suo infaticabile lavorio si è guadagnato i peana della ministra dell’Interno Suella Braverman (ha detto che il giornale ha svolto un encomiabile, pubblico servizio).

Immediata la replica della Law Society, organizzazione che rappresenta la professione legale in Inghilterra e Galles: il ministero degli Interni si starebbe concentrando su “una ridotta minoranza di avvocati” piuttosto che sui “significativi ritardi nell’elaborazione delle richieste di asilo”.

Se infatti il fenomeno esiste, la sua denuncia è altrettanto strumentale: serve al governo di Rishi Sunak per rattoppare le falle allo scafo della sua policy propagandistica “stop the boats”, che minaccia di colare a picco gravato dall’insostenibile pochezza dei suoi risultati.

L’operazione Hotel Ruanda, già sconfessata dall’Alta Corte, rischia infatti di essere abbandonata, sostituita un caos di annunci e controannunci su possibili altre mete per la deportazione dei malcapitati, pescate ormai rapsodicamente dagli ex possedimenti coloniali: se come piano A il Ruanda non sembrava abbastanza ridicolo, il piano B di mandarli sull’isola di Ascensione (a 4.000 miglia dal Regno Unito, nell’Atlantico meridionale) è naufragato ancor prima del varo (il costo sarebbe ovviamente smisurato e la Raf ha già detto che non ce li trasporterebbe).

Ma niente paura: sarebbero in corso altre consultazioni con Ghana, Marocco, Nigeria e Namibia.

Prevedibilmente, la sbandierata e inconcludente tolleranza nei confronti dei migranti privi del diritto di richiedere asilo, principale cavallo di battaglia del governo, sta facendo cilecca nel suo complesso: quest’anno, secondo i dati ufficiali, gli arrivi nel Regno Unito sono finora stati oltre 15.000, mentre gli ultimi dati del ministero di Braverman hanno mostrato che il numero di richiedenti asilo ospitati finora negli hotel è aumentato da oltre 10.000 a 50.000 dal dicembre dello scorso anno.

E secondo dei sondaggi pubblicati lunedì da YouGov, nei britannici cresce lo scetticismo sulle deportazioni: solo il 9% degli interpellati si è detto fiducioso che il governo ridurrà il numero dei tentati sbarchi.

Nel frattempo, dopo essere sfuggiti all’annegamento nel disperato tentativo di trovare rifugio sulla terraferma, i primi migranti sono saliti finalmente a bordo della Bibby Stockholm, la chiatta totalitaria pensata per 250 “reclusi” dove il governo britannico intende alloggiarne almeno cinquecento.

Ancora una volta, il disprezzo vittoriano nei confronti dei poveri riemerge nei provvedimenti di questo governo: la soluzione della chiatta, definita letteralmente “una trappola mortale” dai vigili del fuoco, è infatti un rimando alla pratica ottocentesca delle cosiddette prison hulks, (letteralmente “bagnarole prigione”), sgangherate navi dismesse adibite a carceri con cui si rispondeva al loro sovraffollamento.

* da il manifesto

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