La Corte di Giustizia Europea ha bocciato la norma italiana che prevede il reato di clandestinità, e che punisce con la reclusione gli immigrati irregolari. La norma – spiegano i giudici europei – è in contrasto con la direttiva europea sui rimpatri dei clandestini. Il caso preso in esame dalla Corte Europea è quello di Hassen El Dridi, un algerino condannato alla fine del 2010 ad un anno di reclusione dal tribunale di Trento per non aver rispettato l’ordine di espulsione.
Secondo la Corte europea di giustizia “una sanzione penale come quella prevista dalla legislazione italiana può compromettere la realizzazione dell’obiettivo di instaurare una politica efficace di allontanamento e di rimpatrio nel rispetto dei diritti fondamentali”.
Gli Stati membri – si legge nella sentenza – “non possono introdurre, al fine di ovviare all’insuccesso delle misure coercitive adottate per procedere all’allontanamento coattivo, una pena detentiva, come quella prevista dalla normativa nazionale in discussione, solo perchè un cittadino di un paese terzo, dopo che gli è stato notificato un ordine di lasciare il territorio nazionale e il termine impartito con tale ordine è scaduto, permane in maniera irregolare su detto territorio”. Il giudice nazionale, incaricato di applicare le disposizioni del diritto dell’Unione e di assicurarne la piena efficacia, secondo i giudici europei “dovrà quindi disapplicare ogni disposizione nazionale contraria alla direttiva – segnatamente, la disposizione che prevede la pena della reclusione da uno a quattro anni – e tenere conto del principio dell’applicazione retroattiva della pena più mite, che fa parte delle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri”.
Il reato di clandestinità per gli immigrati irregolari è stato introdotto nell’ordinamento italiano nel 2009 nell’ambito del cosiddetto pacchetto sicurezza voluto e introdotto dal governo Berlusconi. Il governo e la magistratura a questo punto sono tenuti ad adeguarsi alla legislazione europea.
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