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In pensione? Possibilmente mai

Non è una battuta. Al ministero dell’economia stanno preparando la manovra estiva da 40 miliardi (secondo alcuni calcoli però potrebbe arrivare a 50) e l’unica voce presa in considerazione sono i tagli alla spesa sociale. Niente patrimoniale, niente aumento della tassazione delle rendite finanziarie, nessun disturbo per i ricchi. Anzi, semmai un altro “aiutino”. Le proiezioni fatte dalla Cgia di Mestre in base alla riduzione delle aliquote fiscali a soltanto tre “e più basse”, come annunciato da Berlusconi, dicono infatti che a guadagnarci di più sarebbero i redditi sopra i 40.000 euro l’anno (ovvio che per “ricchi” anche noi intendiamo ben più di questa cifra), mentre chi ha un reddito più basso avrebbe assai meno.

Il capitolo più sanguinoso – anche per la ricaduta sulla distribuzione dell’occupazione tra le generazioni – riguarda come sempre le pensioni. Il meccanismo, attualmente in vigore dopo la riforma di appena un anno fa, si chiama “adeguamento alla speranza di vita” e dovrà portare l’età di vecchiaia fino a 70 anni nel 2050: dal 2015 in poi l’età pensionabile di anzianità e vecchiaia dovrà crescere di circa tre mesi ogni tre anni.

Con l’ennesima riforma ipotizzata in questi giorni per la manovra, invece, la partenza del nuovo meccanismo potrebbe venire anticipata di due anni, al 2013. In questo modo si cumulerebbero già da quell’anno l’aumento di tre mesi dovuto alla “speranza di vita” che si va ad aggiungere alla cosiddetta “finestra mobile” (in vigore dal 2011), che di fatto allunga per tutti l’età pensionabile di un anno.

A conti fatti, se andasse in porto l’intervento di cui si parla, nel 2013 l’età di vecchiaia (per gli uomini) sarebbe di 66 anni e tre mesi e quella di anzianità di 63 anni e tre mesi (per uomini e donne). Già nel 2020 entrambe dovrebbero salire a 67 e 64 anni.

Ma potrebbe anche esserci una prospettiva peggiore, se dobbiamo prendere sul serio le parole che ha pronunciato stamattina il tenebroso Mastrapaqua, presidente dell’Inps e vicepresidente degli sceriffi di Nottingham, ovvero Equitalia. Le proposte del Governo in materia di pensioni che potrebbero essere inserite nella manovra in discussione «sono riforme strutturali, non solo tagli».  «Leggo sui giornali che stanno immaginando riforme strutturali, che è poi quello che tutti chiedono nel Paese», ha detto a margine della sua audizione presso la Commissione Finanze della Camera.

Altri tagli pesanti sono previsti per la sanità (anche se si maschera l’operazione come una rasoiata agli “sprechi”, introducendo il criterio dei “costi standard”; ma senza controlli di gestione severi e soprattutto la revisione della convenzioni con i privati, l’unico effetto sarebbe quello del blocco della spesa per gli ospedali pubblici).

Sanguinosa anche la parte di piano che riguarda il pubblico impiego: prolungamento del blocco del turnover, cacciata di molti precari e contratti congelati per altri tre anni oltre i tre già maturati.

Perché, dunque, diciamo che il governo ci vorrebbe veder morti prima? Lasciamo la risposta a un articolo pubblicato da “il manifesto” già quattro anni fa, che ci sembra colga con precisione l’intenzione nascosta dalla formula “agganciare l’età pensionabile” alle aspettative di vita”. Da sottolineare che il governo, allora, era di centrosinistra. Ma la minestra era la stessa. E la retorica pure. Meditate, gente, meditate.

 

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Dovete morire (un po’) prima

Su un solo punto Tommaso Padoa Schioppa ha sicuramente ragione: viviamo tutti un po’ di più. La sua conclusione è un po’ meno scientifica (ossia: meno veritiera), anche perché si traduce in una ricetta con due soli ingredienti: «è necessario prolungare l’età lavorativa» e anche «accettare maggiore flessibilità sul lavoro».

Ma perché campiamo più a lungo? Un merito indubbio ed enorme ce l’ha la sanità pubblica. E’ vero, ci sono un sacco di casi di «malasanità», infingardi e profittatori, persino qualche «fannullone» ormai nel mirino di Pietro Ichino. Ma – statisticamente parlando – un ospedale pubblico ne salva infinitamente più di quanti non ne ammazzerebbe la sanità privata (dove o hai i soldi, oppure accomodati fuori).

Un altro merito enorme va agli obsoleti «diritti dei lavoratori»: contrattazione nazionale collettiva (che difende in genere i più deboli), otto ore, contratto a tempo indeterminato, ferie e malattie (e maternità) pagate, misure (quasi sempre disattese) per la sicurezza sul lavoro. Un lavoro «inflessibile» che corrisponde solo in piccola parte a quanto ci consiglia ogni medico che consultiamo («conduci una vita regolare, mangia e dormi ad orari stabili, riduci stress e preoccupazioni, aumenta il tuo tempo libero»).

Un peso incalcolabile ce l’ha la scuola pubblica e (quasi) gratuita, che ha permesso a un paese di contadini e plebaglia urbana di alfabetizzare i propri figli, lanciandoli verso mestieri meno usuranti.

E non possiamo dimenticare la sbertucciata amministrazione pubblica – dal più audace dei pompieri al più metodico degli assenteisti – che ha reso «lo Stato» qualcosa di più vicino, e «sociale», per tutti.

E poi la pace, con una Costituzione che ci vieta di andare in massa a morire in guerra; qualche morto lo registriamo comunque, ma «fuori casa»; e poi, statisticamente, non ce ne accorgiamo quasi.

Le pensioni, infine, e il tfr che non avremo (quasi) più. Hanno permesso ai vecchi di sopravvivere un po’ più dignitosamente, e addirittura di comprare una casa ai figli con «la liquidazione», contribuendo così alla crescita economica (speculazione edilizia compresa). Quando eravamo tutti keynesiani le pensioni erano considerate un «investimento sulla produttività futura», ossia un «moltiplicatore» della crescita. Ora che siamo tutti liberisti sono soltanto un costo. Da abbattere, of course.

Campiamo di più, e tutto quello che ci ha allungato la vita viene ora riguardato come una voce di spesa «improduttiva». Chi ci propone un programma di governo che taglia le pensioni, la sanità, la spesa pubblica (e aumenta gli interventi armati all’estero) è come se ci stesse perciò dicendo: «dovete morire prima».

Francesco Piccioni da il Manifesto del 6.2.07 p. 9

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A seguire alcuni articoli dai giornali di oggi che precisano in dettaglio la manovra allo studio.

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Da IlSole24Ore

Pensione-speranza di vita: aggancio anticipato al 2013

Marco Mobili

ROMA
Anticipo dal 2015 al 2013 dell’aggancio del momento del pensionamento effettivo all’aspettativa di vita, blocco della rivalutazione automatica per le cosiddette pensioni d’oro e aumento dell’aliquota contributiva dei parasubordinati al 33%. Il pacchetto previdenziale destinato a far parte della manovra pluriennale da 43-45 miliardi sta prendendo forma. Un pacchetto nel quale potrebbe rientrare anche l’innalzamento a 65 anni dell’età per la pensione di vecchiaia delle lavoratrici private, su cui però i sindacati frenano e anche il ministero del Lavoro nicchia. Non è ancora esclusa, tra l’altro, l’ipotesi di varare tutte queste misure in autunno con la legge di stabilità.
Al momento, comunque, il veicolo della manovra resta quello più probabile. L’entrata in vigore del meccanismo di aggancio dell’età pensionabile alla speranza di vita, fissato dal ministro Giulio Tremonti lo scorso anno al 2015, verrebbe anticipato di due anni. Non solo: dovrebbe essere anche accelerato il dispositivo di aggiornamento dei coefficienti (da triennale a biennale). Un intervento che dovrebbe garantire almeno 1,5-2 miliardi.
Altri 350 milioni arriverebbero dall’aumento al 33% dell’aliquota sui parasubordinati e 140-150 milioni l’anno dal blocco della rivalutazione automatica delle pensioni d’oro (quelle 8 volte superiori al minimo).
Quanto agli altri interventi della manovra, che sarà varata dal Governo tra il 28 e il 30 giugno, il menù delle possibili misure è ormai definito. I Comuni sarebbero interessati da tagli per 3 miliardi ma, almeno quelli virtuosi, beneficerebbero di un allentamento del patto di stabilità interno. Confermato un intervento sulla sanità da 5-6 miliardi: passaggio dalla spesa storica ai costi standard, riduzione della spesa farmaceutica e razionalizzazione degli ospedali. Altri 5-6 arriverebbero dai tagli ai ministeri (in prevalenza con i costi standard). Confermata anche la stretta sul pubblico impiego: blocco totale del turn over e prolungamento al 2014 del congelamento degli adeguamenti contrattuali. Quasi certi anche i tagli ai costi della politica e le misure per la riduzione degli enti pubblici.
La riforma fiscale sarà collegata alla manovra con un delega, ma il decreto conterrà anche un capitolo fiscale che si muove su due direttrici principali: le semplificazioni degli adempimenti e il contenzioso tributario. Tra gli interventi di snellimento degli obblighi fiscali, che si andranno ad aggiungere a quelli appena approvati dalla Camera con il Dl sviluppo, spicca l’addio alla fattura per i piccoli artigiani e commercianti. In sostanza, per gli ambulanti o le piccole botteghe di artigiani e commercianti la fattura, fino ad oggi compilata a mano, sarà sostituita dallo scontrino fiscale, rivisto e corretto. In arrivo anche la riduzione della ritenuta d’acconto dal 10 al 4% sui bonifici bancari per il pagamento dei lavori di ristrutturazione edilizia e di riqualificazione energetica degli immobili. Il decreto dovrebbe contenere anche un piano sul contenzioso tributario (riduzione dell’arretrato e accelerazione dei tempi delle decisioni) che poggia sul premio di produttività da riconoscere ai giudici tributari in grado di smaltire in un anno almeno il 10% delle liti pendenti. Per sostenere l’incentivo verrà introdotto il contributo unificato, una sorta di tassa di ingresso al contenzioso parametrata al valore della lite.

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dall’agenzia internazionale Reuters

Pensioni, governo valuta aggancio durata vita prima 2015

Il ministero dell’Economia è orientato ad anticipare a prima del 2015, forse già nel 2013, il programmato agganciamento dei requisiti anagrafici e contributivi per la pensione alle aspettative di vita.

Lo riferisce una fonte governativa spiegando che l’operazione potrebbe anche essere compiuta con il varo della imminente manovra correttiva ma la discussione è ancora in corso.

“Si sta lavorando all’ipotesi di anticipare la revisione dei requisiti per la pensione. Forse già al 2013. Non è detto che vada in manovra perché la discussione è in corso. In alternativa si andrebbe a ottobre, con la legge di Stabilità”, spiega la fonte.

Questa misura riguarda uomini e donne e va quindi oltre l’ipotesi che il governo aumenti gradualmente anche l’età pensionabile di vecchiaia per le donne che lavorano nel settore privato, come ha già fatto nel 2010 per il pubblico.

Con la manovra 2011-2013 varata lo scorso anno il governo ha previsto che l’incremento dei requisiti parta nel 2015 ma limitato a soli tre mesi. Il secondo adeguamento scatterà solo nel 2019. Da quell’anno la revisione avverrà su base triennale.

La fonte aggiunge che il governo sta studiando anche una riduzione dell’arco temporale che consente al governo di elevare i requisiti per la pensione.

La misura comporterebbe sicuramente grandi risparmi. La relazione tecnica alla manovra dello scorso anno ha quantificato in circa 4,5 miliardi tra 2015 e 2020 le economie di spesa previste dalla legge attualmente in vigore.

 

 

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1 Commento


  • pina

    Molto bello l’articolo di Piccioni, aggiungo questa notiziola
    ciao !
    Verso il 1890, dopo aver deciso di introdurre un sistema previdenziale obbligatorio, uno dei primi del mondo, il cancelliere tedesco aveva il problema di determinare l’ età limite per andare in pensione. Chiese quindi agli statistici governativi – si narra – quale fosse l’ età in cui morivano in media i tedeschi. Sessantacinque anni, gli fu risposto. Si fissi dunque a 65 anni l’ età a cui si può andare in pensione, decise il cancelliere. Poiché oggi si vive in media ottant’ anni

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