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La “riforma delle pensioni” secondo Confindustria

Inpratica – come spiega Il Sole 24 Ore – il progetto di “riforma” che Confindustria sta elaborando si fonda su due criteri, ambedue molto carogneschi. Il primo riguarda l’allungamento dell’età lavorativa in modo da “eliminare le pensioni di anzianità”. Per chi non lo sapesse: si può andare in pensione “di vecchiaia” se si è raggiunta una certa età (che sta variando di anno in ano, a seconda del “riformatore delle pensioni” di turno – e indiependentemente da numero di anni che si è lavorato. E’ chiaro che meno hai lavorato, meno prederai di pensione.

Ma si puà – ancora per poco, pare – andare in pensione per “anzianità” di lavoro. Se hai lavorato 35 anni (in certe situazioni) puoi uscire dal lavoro e attendere lassegno pensionistico anche se non hai ancora l’età msima lavorativa prevista. In ogni caso, se hai fatto 40 anni di lavoro, ti mandano via (non è una scelta individuale).

Confindustria dice “basta” a apartire dal 1 gennaio dell’anno in arrivo. Viene fissata una certa età pensionabil e e puoi smettere di lavorare solo a quell’età, che tu abbia smenato il torrone per 10, 20 o 45 anni. Agli effetti pratici è una misura che riguarda la “generazione fortunata” dei nati nel dopoguerra che hanno oggi intorno ai 60 anni o poco meno. Entrati giovani al lavoro “regolare” (con tanto di “marchette e contributi”), si trovano ora in numero relativamente piccolo alle porte dell’agognata pensione.

Il secono “pilastro” è ancora più carogna, perché prevede la violazione retroattiva di una legge dello stato – in questo caso addirittura la famigerata “riforma Dini” del 1996, anche lì “delle pensioni” – in quanto prevede di adottare il “calcolo contributivo” (la pensione misurata sui contributi effettivamente evrsati) anche per coloro che, in quella riforma, avevano comunque conservato il diritto allo storico “calcolo retributivo” (la pensione è rapportata alla media delle retribuzioni degli ultimi anni lavorativi).Il “risparmio” che così si otterrebbe è ovviamente calcolato al millesimo dai piccoli segaossi delegati a studiare la soluzione.

Ma finché la gente non muove il culo per gridargli in faccia que se vajan todos questi fanno come gli pare, no?

 

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Il pressing sulle pensioni: «quota 100» dal 2012

di Davide Colombo


Una proposta articolata in diversi punti per completare il lungo percorso di riforma delle pensioni. Con l’obiettivo da una parte di uscire nel più breve tempo possibile dai pensionamenti anticipati (o di anzianità) e dall’altra di accelerare l’estensione del metodo di calcolo contributivo.

Confindustria ha elaborato un documento molto articolato in materia previdenziale e che fissa nel 2012 la svolta finale. Dal 1° gennaio di quell’anno, stando alle bozze del documento circolate ma ancora passibili di limature e aggiustamenti tecnici, per tutti i lavoratori che puntano al pensionamento con 35 anni di contributi scatterebbe il requisito anagrafico obbligatorio di 65 anni. In pratica, verrebbe introdotta subito «quota 100» sia per i dipendenti sia per gli autonomi, bloccando in tal modo i pensionandi che non hanno raggiunto i 40 anni di versamenti.

Lo stop varrebbe per circa un terzo dei pensionamenti di anzianità, visto che gli altri due terzi attualmente vanno in pensione con il massimo di contribuzione. L’ipotesi «quota 100» nel 2012 è quella indicata come prioritaria. Ma ne esiste anche un’altra che prevede un incremento più graduale del requisito anagrafico, che parte con un anticipo di «quota 97» nel 2012 per arrivare a «quota 100» nel 2015.

Un’accelerazione scatterebbe anche sul percorso di allineamento dei requisiti uomo-donna a 65 anni per la pensione di vecchiaia. Rispetto alla normativa attuale, che prevede l’equiparazione nel 2026, si scenderebbe al 2019, con una scalettatura che parte l’anno prossimo e prevede incrementi di un anno ogni 18 mesi. Ma il percorso potrebbe diventare anche più corto visto che, come è stato fatto osservare, per le dipendenti della Pa l’allineamento a 65 anni scatterà l’anno venturo.

Dall’età al sistema di calcolo, le proposte messe a punto dai tecnici e sulle quali verranno ora fatte le scelte politiche prevedono poi l’estensione del metodo contributivo pro-rata, con effetti più di tipo equiparativo che di risparmio effettivo. Ma con questo intervento, già proposto in diverse sedi, si procederebbe anche a una «correzione attuariale» sull’importo della componente retributiva della pensione.

In questa prospettiva si agirebbe in alternativa rispetto alle correzione dei requisiti anagrafici attualmente in vigore. Si punterebbe ad assicurare l’importo pieno solo in coincidenza (o in prossimità) del requisito di vecchiaia (65 anni per gli uomini; 62 per le donne) mentre per chi decidesse di andare prima in pensione scatterebbe una sorta di correzione pari al rapporto tra il coefficiente di trasformazione corrispondente all’età in cui si sceglie di lasciare il lavoro e il coefficiente di trasformazione corrispondente ai 65/62 anni. Secondo i tecnici di Confindustria la penalizzazione sarebbe di 2,5-3 punti percentuali per ogni anno di anticipo. Ma l’impatto finanziario sarebbe notevole, con risparmi pari a circa un punto di Pil (tra i 15 e i 16 miliardi). E per questa via si agirebbe anche sulle pensioni di anzianità raggiunte con 40 anni di contributi.

Il «pacchetto pensioni» di Confindustria si completa poi con un intervento anche sui coefficienti di trasformazione, utilizzati per trasformare il montante contributivo (che è rivalutato sulla base del tasso di variazione media quinquennale del Pil) in assegni pensionistici che variano, appunto, al variare dell’aspettativa di vita del lavoratore al momento della pensione.

La proposta, che nell’ordine delle priorità è lasciata più sullo sfondo rispetto all’intervento principe sui requisiti di età, prevede di ricalcolare i coefficienti di trasformazione senza più considerare l’«anticipo» dell’1,5% in termini di tasso di rendimento, mentre l’indicizzazione successiva dell’assegno non sarebbe più legata alla crescita dei prezzi al consumo ma alla crescita del Pil in termini nominali. Secondo i tecnici quest’ultima modifica determinerebbe una riduzione della spesa nei primi anni e un suo aggravio negli anni successivi: il calcolo proposto delle sole pensioni di vecchiaia 2010, ipotizzando un’inflazione al 2% e una crescita del Pil dell’1,5% il risparmio con i coefficienti e l’indicizzazione corrette sarebbe di un miliardo di euro nel primo anno e salirebbe a 40 miliardi di euro nei primi dieci anni di applicazione.

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Pensioni, si tratta sul contributivo

di Marco Rogari

Rimane impervio il percorso per giungere a un nuovo intervento sulle pensioni, ma nella maggioranza si continua a trattare. Anche perché i tecnici, e non solo quelli del Tesoro, spingono per affrontare rapidamente le anomalie ancora presenti nel sistema previdenziale. Con il trascorrere delle ore, anche alla luce della breccia che si potrebbe aprire attraverso l’aggancio del capitolo pensionistico alla delega assistenziale, il menù delle varie opzioni si arricchisce.

L’ultima, ma solo in ordine cronologico, è quella di abolire la possibilità di beneficiare dei trattamenti con il solo canale retributivo: tutte le pensioni verrebbero calcolate con il “contributivo” nella forma pro-rata. Ma, al di là delle opzioni tecniche, la partita resta politica. E la Lega, pur concedendo qualche piccola apertura, continua a frenare.

Il Carroccio si oppone all’idea di un ventaglio di interventi strutturali, anche se potrebbe non dire no all’eventualità di rimandare alla delega sull’assistenza alcuni correttivi da definire preventivamente in un tavolo ad hoc con le parti sociali. Una soluzione, quest’ultima, che potrebbe essere apprezzata anche dai sindacati, quanto meno da Cisl e Uil. La Cgil ha più volte ribadito il suo netto no a qualsiasi nuovo intervento sulla previdenza.

La Cisl invece non chiude del tutto, sostenendo che la strada eventualmente da percorrere può essere solo quella della concertazione e non l’avviso comune auspicato dal ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi. Prima però, secondo il sindacato guidato da Raffaele Bonanni, il Governo deve adottare altri interventi.

«Prima di fare un avviso comune sulle pensioni o una discussione vorremmo fare un avviso comune sui costi della politica, sull’evasione fiscale, sul blocco delle infrastrutture, sulle municipalizzate e sui costi esorbitanti dell’energia», ha ripetuto ieri da Parigi Bonanni. Anche la Uil lascia degli spiragli, facendo sapere di essere pronta ad opporsi a qualsiasi intervento per fare cassa ma di essere disponibile a discutere di trattamenti che riguardano i giovani. E a tornare a parlare di patto tra generazioni è stato, sempre da Parigi, il ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi. Patto tra generazioni che, secondo molti esponenti del Pdl, dovrebbe essere realizzato con un immediato intervento sulle pensioni.

Al momento però l’unica possibilità sembra rimanere quella della delega. Che, tra l’altro, non è quella preferita dai tecnici del Tesoro, secondo i quali il veicolo più adatto sarebbe la legge di stabilità da varare entro il 15 ottobre. A via XX Settembre sono già pronti con la griglia dei possibili interventi: oltre al “contributivo per tutti”, l’intervento più gettonato resta quello sui trattamenti di anzianità con l’anticipo al 2012 di quota 97 (somma di età anagrafica e contributiva), o in alternativa il ripristino dello scalone Maroni, per poi arrivare nel 2015 a quota 100, ovvero all’abolizione delle pensioni anticipate.

Del menù fanno parte l’anticipo sempre al 2012 del meccanismo sull’innalzamento dell’età pensionabile delle lavoratrici private, che dovrebbe arrivare a 65 anni nel 2020 e non più nel 2026, e anche di quello sull’aggancio all’aspettativa di vita dell’effettivo momento del pensionamento. Ultima opzione: il pensionamento di vecchiaia per tutti a 67 anni, ma solo a regime (dopo il 2020).

da Il Sole 24 Ore di oggi

 

p.s. Un domanda a proposito del titolo del secondo articolo: chi sta trattando e nome di chi? Oltre agli improbabili “difensori delle pensioni” travestiti da leghisti o viceversa…

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2 Commenti


  • anto52

    Per quanti giorni/mesi ancora dovrà andare avanti questo balletto di annunci-proposte-smentite sulla riforma (termine improprio per definire questo bailamme) delle pensioni?
    Un consiglio a chi pensa di innalzare l’età pensionabile per poter risparmiare: cercate di prevedere contestualmente un aumento di risorse alla sanità, perchè andando avanti negli anni non potete seriamente pensare che saremo tutti sani e forti come a 60. E’ vero che si vive di più, ma bisogna vedere come, e quando poi saremo costretti a restare a casa in malattia non chiamateci assenteisti!


  • giovanni

    cioè…ma dite sul serio o è uno scherzo di carnevale anticipato????????…otretutto, se uno non ha più un lavoro ed ha circa 55/60 anni come cazzo farà a vivere? deve andare a rapinare confindustria???????? nn vi sembra di averla già abbondantemente uccisa la classe lavoratrice? Qui hanno perso il cervello tutti!!!

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