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Vendo tutto. La soluzione Tremonti per favorire “gli amici”

Ma perché vendere? Un patrimonio, una volta alienato, non c’è più. E’ una misura “una tantum”. Se poi la vendita vene  fatta – come in questo caso – “sotto costrizione”, è certo che se ne ricaverà assai meno del “giusto prezzo di mercto”. Non c’è bisogno di esser capitati sotto gli strozzini per saperlo.

Ma intanto si vuol vendere. Chi saranno i compratori? Chiunque abbia liquidità da parte: banche, fondazioni, fondi di investimento, mafia, camorra, ndrangheta. Dalle spiagge ai paai in centro,molto può essere appetibile, se i prezzi calano. E caleranno certamente. In parte per il già ricordato “momento di bsogno” del venditore, in parte perché se si immette sul mercato una grande quantità di beni, l'”offerta” sale rispetto alla “domanda” potenziale. Ergo, il prezzo deve escedere, se si vuol vendere tutto il preventivato.

Ma c’è anche l’idea, più complicata, di “metterne una parte consistente a reddito”. Che in astratto può non essere una cattiva idea. Ma le vie per metterla in pratica sono di fatto infinite. E molto spesso oscure.

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dal Sole 24 Ore

Da immobili e diritti 40 miliardi

di Bufacchi Isabella

L’Italia vanta uno dei più ricchi ed estesi patrimoni pubblici al mondo – che già nel 2001-2004 era stato valutato 1815 miliardi a valore di mercato – ma è gravata anche da uno dei più grandi debiti pubblici su scala mondiale, in termini assoluti (1.900 miliardi) e in rapporto al Pil (120% circa).

Sul fronte del passivo, le misure correttive da 60 miliardi circa varate con la maxi-manovra ferragostana punteranno ad azzerare il deficit-Pil entro il 2013 per garantire una traiettoria strutturale virtuosa di rientro debito/Pil. Sul fronte dell’attivo, ieri il ministero dell’Economia ha messo in moto ufficialmente una complessa macchina, con un’impostazione più industriale e meno finanziaria rispetto a simili operazioni del passato, questa volta incentrata su una maxi-SGR o fondo di fondi posseduto dal Tesoro operativo dal gennaio 2012.

Doppia la finalità: ridurre lo stock del debito pubblico tramite la dismissione degli immobili che non generano reddito e aumentare l’avanzo primario con il risparmio dei costi di gestione e l’incremento dei rendimenti. In soldoni: una riduzione annua dunque strutturale del deficit a regime a seguito delle valorizzazioni pari a 5 miliardi entro il 2015 e a 9,8 miliardi entro il 2020 abbinata a una riduzione del debito diretta tramite cessioni per 25/30 miliardi dagli immobili e 10 miliardi dai diritti di emissione CO2, come minimo, «esclusi gli effetti da operazioni di sviluppo immobiliare e le politiche sulle partecipazioni».

Il direttore generale del ministero dell’Ambiente, Corrado Clini, presidente del comitato interministeriale sul clima, avverte però che, in base alla direttiva europea, i diritti sulla CO2 devono essere destinati per oltre il 50% allo sviluppo di tecnologie e progetti per ridurre le emissioni. I numeri di questa manovra sul patrimonio dello Stato definita di portata “storica” dal ministro dell’Economia Giulio Tremonti sono stati illustrati ieri in un seminario organizzato presso il Mef, disertato all’ultimo momento dal premier Berlusconi che aveva altri impegni importanti.

Le due presentazioni di alto contenuto tecnico da parte di Stefano Scalera, direttore generale della direzione VIII del Tesoro, ed Edoardo Reviglio in qualità di esperto storico del tema (con incarichi presso la Luiss e la Cassa depositi e prestiti) sono state apprezzate dai partecipanti al seminario, tra i quali esponenti del Governo, del Parlamento, delle Amministrazioni Locali e oltre 150 rappresentanti italiani e internazionali di banche, fondi, società e imprese immobiliari, di costruzione e di sviluppo. Il rendimento attuale dei 571 miliardi di beni dello Stato, delle Regioni e degli enti locali (immobili, partecipazioni e concessioni) sui quali si può intervenire è stato stimato pari allo 0,9% mentre potrebbe salire al 5,7 per cento.

«Con oggi prende avvio una grande riforma strutturale per la riduzione del debito e per la modernizzazione e la crescita del Paese», ha dichiarato Tremonti al termine dell’incontro. «Oggi abbiamo aperto il grande libro del patrimonio pubblico – ha enfatizzato il ministro in televisione – l’attivo è diventato una specie di “manomorta” pubblica, una enorme quantità di beni che però non sono valorizzati» e che invece può diventare un volano per l’economia. «Abbiamo iniziato un grande processo di riforma strutturale, fermo che quanto è pubblico deve e può restare pubblico nell’interesse dei cittadini», ha puntualizzato, rassicurando che non si metteranno in vendita i gioielli di famiglia.

Tra i piani del Tesoro c’è la costituzione di una SGR, un fondo nazionale di fondi, per il prossimo gennaio: dovrà raccogliere risorse per gli investimenti nelle locazioni passive, nelle concessioni (beni e infrastrutture) e nella valorizzazione dei beni degli enti locali. Un primo decreto dovrebbe vedere la luce entro metà ottobre. Nell’evoluzione del rendiconto del Tesoro, tra le ulteriori linee di intervento sono state ipotizzate le attività finanziarie sui crediti (su 368 miliardi a valore di libro ne sono realizzabili massimo 104) e le immobilizzazioni immateriali (R&S, opere di ingegno, brevetti, avviamento).

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