Dopo l’intervento in apertura di Cremaschi, sono stati molti gli interventi che hanno ribadito l’importanza di essere presenti e protagonisti, di un percorso che punta a costruire un’ipotesi di alternativa reale alla situazione di crisi basandosi su 5 punti programmatici che individuano l’avversario non solo nel governo Berlusconi, ma anche in quello delle banche europee e del grande capitale italiano.
Un percorso che è uno dei risultati di un anno di lotte, contro l’attacco al lavoro, di cui i Referendum di Pomigliano e Mirafiori sono solo il simbolo, contro l’attacco all’istruzione, che ha visto un anno di mobilitazione continua del mondo della formazione, dagli educatori dei nidi, agli insegnati, ai ricercatori e agli studenti, per la difesa dei beni comuni, che ha visto e vede nel movimento per l’acqua pubblica e nel movimento NO TAV i principali ma non unici protagonisti, contro l’attacco al welfare, di cui Bologna ha vissuto finora solo l’anticipazione grazie ai 60milioni di tagli esautorati dalla commissaria Cancellieri, rispetto a quelli che saranno i tagli futuri.
La lettera che la BCE ha inviato al governo italiano, pubblicata ieri sul Corriere della Sera, mette definitivamente nero su bianco la realtà, e l’intenzione dell’Unione Europea di far fronte alla crisi solo ed unicamente sulle spalle dei popoli. “Oggi si chiede a tutti di fare un passo in avanti, per mettere a disposizione le proprie esperienze e le proprie capacità alla realizzazione di questo percorso” ha commentato Cremaschi: “Di fronte alle dichiarazioni della BCE è definitivamente arrivato il momento di chiudere la fase in cui è necessario rassicurare i mercati, e angosciare il popolo: dobbiamo piuttosto rassicurare noi stessi e angosciare i mercati. Non è l’Italia che deve uscire dall’Europa, ma è il mondo delle banche e della speculazione finanziaria che deve uscire dal sistema”.
“Nell’antichità la gente si vendeva i figli per pagare i propri debiti” commenta uno studente all’assemblea “la Trojka per gli Stati ha la stessa funzione, ma dal momento che non l’abbiamo prodotto noi questo debito, non siamo tenuti a pagarlo. Sarebbe immorale e profondamente sbagliato pagare, soprattutto quando il debito diventa usura”.
Sulla ricetta caldeggiata dalla BCE per accrescere il potenziale di crescita, si sono eliminati tutti gli eventuali dubbi sulla questione sulla rappresentanza. Non sono passati nemmeno 4 mesi dalla vittoria dei Si ai Referendum c ontro la privatizzazione dell’acqua , che già sono ritornate in auge le litanie sulle privatizzazioni (in primis da parte della BCE, che auspica nero su bianco “la piena liberalizzazione dei servizi pubblici locali e dei servizi professionali attraverso privatizzazioni su larga scala”).
È ormai noto, come ha sottolineato M. Betti (USB) nel suo intervento, che in Italia tutte le politiche di privatizzazione sono sempre state promosse e auspicate dal PD. Ne sa qualcosa la città di Bologna, dove i processi di svendita del patrimonio pubblico comunale stanno dilagando, e dove solo l’altro giorno è stata dichiarata la necessità di trovare investitori privati sulla realizzazione del People Mover, un’opera costosa e inutile a detta del comitato cittadino nato sulla questione, mentre il Servizio Pubblico Locale viene sempre più depotenziato e reso inaccessibile a settori sempre più ampi della società.
Il PD e la maggioranza della Cgil non rappresentano che un’altra faccia della stessa medaglia, proponendo di fatto solo un metodo diverso per realizzare lo stesso sistema di sfruttamento come era già evidente con l’accordo del 28 giungo, dove Confindustria e sindacati complici, hanno posto le basi per il completo smantellamento del diritto di tutela dei lavoratori anche dopo Berlusconi, e la risposta data dai suoi esponenti alla lettera della BCE ne è la palese conferma.
“La mancanza di critiche e di opposizione a queste misure lacrime e sangue da parte delle istituzioni e dei partiti istituzionali, segna definitivamente la mancanza di democrazia in questo Paese” continua Cremaschi. La mancanza di rappresentanza politica rende quindi necessaria la partecipazione di tutti a questo percorso di costruzione di una vera alternativa, basata sulla volontà di non pagare il debito pubblico, per colpire la speculazione finanziaria e il potere bancario, tramite la nazionalizzazione delle banche, senza costi per i cittadini e i lavoratori che il debito l’hanno già pagato e che non possono più pagarlo; sulla drastica riduzione delle spese militari, che servono esclusivamente a sostenere una economia di guerra e a difendere gli interessi dei poteri forti; sulla difesa e tutela dei diritti del lavoro, che l’ultima manovra economica del governo e la BCE vogliono definitivamente smantellare; sulla questione dei beni comuni come nuovo modello di sviluppo e sulla rivoluzione della democrazia.
Tutti concordi quindi, alla fine dell’assemblea, sulla valenza e la necessità di essere presenti il 1 ottobre a Roma e sull’importanza di essere in piazza il 15 ottobre, per “ritornare a far paura a chi dovrebbe fare il nostro interesse e non quello delle banche”. Tutti concordi nel far si che la politica ritorni a temere più il giudizio del popolo che quello di Standard&Poors, attraverso l’azione dei cittadini, il che significa che anche a Bologna è necessario chiedere conto all’amministrazione comunale delle sue scelte anti popolari e opporsi a tutti quei processi di svendita e di privatizzazione del patrimonio pubblico, come espressione della volontà popolare e della determinazione radicale di ripristinare la democrazia nel nostro Paese.
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