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La Liguria e Savona dentro la crisi industriale

Ho tratto l’analisi che segue da un documento elaborato presso la sede genovese della Banca d’Italia e pubblicato nella serie di monografie che l’Istituto Centrale di Credito pubblica sotto il titolo “Economie Regionali”.

Per essere utilizzato in questa occasione è’ stato estratto un passaggio che pare proprio fortemente significativo al riguardo di una situazione che è stata descritta e denunciata da molto tempo ma che verso la quale non si è riusciti ad assumere, da parte delle istituzioni e delle forze economiche un atteggiamento conseguente tale da fronteggiare sul serio la situazione venutasi a creare nel tempo.

Sintetizzo per brevità:

1)     La strutturalità della crisi dell’industria ligure ha effetti decisivi sulla situazione economica e occupazionale della Regione che non appare risolvibile per altre vie, come quella del turismo (vedi crociere) e di una ripresa dell’edilizia a fini speculativi (come si era pensato , in particolare a Savona, fin dagli anni’80 del secolo scorso favorendo un processo negativo di deindustrializzazione) La sola strada possibile per un recupero è quello di avviare un processo di nuova industrializzazione nei settori strategici ad alta intensità di know – how e fondata su di un solida progetto di programmazione ;

2)     Il nodo di fondo di questa crisi, pur denunciata nel documento della Banca d’Italia, è formato dal ritardo nell’innovazione tecnologica. Non a caso si denuncia come l’occupazione risulti di basso profilo proprio dal punto di vista della qualità tecnico – scientifica  del personale.

Il documento non approfondisce i diversi aspetti provinciali che, nella loro articolazione risulterebbero molto interessanti (in ogni caso il documento cita le statistiche elaborate da Excelsior – Unioncamere che seguite con attenzione nel corso dell’anno forniscono un’ottima base d’analisi.

Confermato quindi il giudizio che mi sono permesso di esprimere fin qui e sollecitata ancora una volta una riflessione sulla necessità di re-industrializzazione del nostro territorio (naturalmente a livello tecnologico e di compatibilità ambientale al massimo livello) e l’esigenza di una programmazione che, ad esempio, non mi pare di intravedere nel disegno della Regione Liguria, ecco di seguito alcune parti del testo in questione. Il testo completo è comunque reperibile: https://www.bancaditalia.it/pubblicazioni/economie-regionali/2018/2018-0007/1807-liguria.pdf

La lunga crisi iniziata nel 2008 ha avuto in Liguria conseguenze più pesanti  rispetto alla media italiana e delle regioni nordoccidentali. Secondo i Conti territoriali dell’Istat, fatto pari a 100 il livello del valore aggiunto prodotto nel 2008, nel 2016 esso in Liguria era ancora pari a 88  (7 punti percentuali al di sotto del Nord Ovest e dell’Italia) .

Il settore che ha accusato i maggiori contraccolpi della fase recessiva è stato l’industria in senso stretto, il cui valore aggiunto era ancora inferiore di 20 punti percentuali a quello di 8 anni prima. Nello stesso periodo il mercato del lavoro ha seguito un’evoluzione simile a quella della produzione, marcando a partire dal 2013 un ritardo rispetto al recupero delle aree territoriali di confronto.

Prendendo a riferimento il punto di minimo del mercato regionale segnato nel 2014, è mancato il contributo da parte dell’occupazione dipendente

Gli effetti della crisi sono stati rilevanti anche sulla demografia di impresa. Sulla  base dei dati Istat – Asia (Archivio statistico delle imprese attive), tra il 2008 e il 2015  (ultimo anno disponibile) le imprese non agricole e non finanziarie con sede in Liguria sono diminuite del 7,6 per cento, a fronte di un calo di poco superiore al 4 per  cento per il Nord Ovest e l’Italia.

Il decremento ha colpito con particolare intensità le aziende tra i 10 e i 49 addetti, calate di oltre un quinto, e l’industria in senso stretto ( – 16,1 per cento).

La recessione ha avuto effetti anche sulla produttività dell’economia regionale. Nella sua definizione più generale, la produttività totale dei fattori (in inglese “total factor productivity”, nel seguito “TFP” o “produttività”) fornisce una misura di quanto un’impresa combini in maniera efficiente i fattori produttivi di cui dispone; in particolare, rappresenta la parte dell’output di un’impresa che eccede quella spiegata dalla quantità di input di lavoro e di cap- itale utilizzati nel processo produttivo .

Sulla base dei dati di bilancio disponibili negli archivi Cerved Group e con riferimento al comparto manifatturiero, tra il 2004 e il 2007 la TFP media delle società di capitali liguri ha

ristagnato (a fronte di una crescita dell’1,0 per cento annuo per il complesso del Paese), per diminuire, durante la crisi economica e finanziaria, dell’8 per cento circa (una misura non molto dissimile da quanto registrato in Italia); nel biennio più recente (2014 – 15) la sua ripresa è risultata meno vivace della media italiana.

Nell’intero periodo a partire dalla recessione (2007 – 2015) la dinamica regionale (-5,9 per cento) è stata differenziata per classe dimensionale.

Tra gli aspetti che caratterizzano la struttura produttiva italiana rispetto a quella delle altre principali economie avanzate, vi è un minore utilizzo di personale qualificato.

Nel 2016 in Liguria la quota degli occupati in possesso di una laurea si è attestata al 22,4 per cento, un valore lievemente superiore (di circa un punto percentuale) al dato del Nord Ovest e alla media nazionale, ma molto più contenuto rispetto al 33 per cento circa della media della UE

Tali dati riflettono la diversa presenza sul territorio di persone laureate tra la popolazione attiva e le scelte compiute, anche in un passato non recente, da imprese e istituzioni pubbliche circa la composizione della loro compagine lavorativa. Informazioni dettagliate su quest’ultimo aspetto, con riferimento al solo settore privato, possono essere tratte dall’indagine Excelsior, condotta da Unioncamere e dal Ministero del Lavoro.

Essa consente di osservare il livello di istruzione richiesto ai lavoratori e le figure professionali che le imprese prevedono di assumere annualmente.

L’analisi qui proposta riguarda il periodo dal 2012 al 2016, per il quale è possibile fare confronti omogenei (nel 2017 è infatti mutata la metodologia di rilevazione).

L’indagine indica che nel quinquennio esaminato la domanda di lavoro delle imprese liguri si è caratterizzata per la ricerca di livelli di capitale umano meno elevati rispetto al Nord Ovest e al complesso del Paese: le assunzioni programmate di personale laureato hanno rappresentato il 13,6 per cento del totale, contro il 15,7 per cento della media nazionale e il 19,8 del Nord Ovest  Un analogo risultato è osservabile anche riguardo alla domanda per figure destinate a ricoprire posizioni dirigenziali, a svolgere attività tecniche specializzate o a elevato contenuto intellettuale.

In Liguria la domanda per questi profili è stata pari al 20,0 per cento, a fronte del 21,9 e del 27,2 rispettivamente nel complesso del Paese e delle regioni del Nord Ovest.”

Seconda Parte

Intanto a Savona, epicentro del processo di chiusura dell’industria ben descritto nel documento della Banca d’Italia, prosegue l’iter infinito dell’area di crisi industriale complessa che avrebbe dovuto rappresentare l’elisir di tutti i mali di una situazione drammatica che vede coinvolte anche le principali aziende residue sul territorio (Bombardier, Piaggio, Mondo Marine) registrando nel corso degli ultimi mesi la chiusura di Tirreno Power e la delocalizzazione di Asset.

Dopo due anni di documenti, solleciti, interventi siamo ad una seconda puntata degli incontri “one to one” (chissà perché non scrivono : uno alla volta, per carità). Della prima puntata non abbiamo avuto notizia.

Questo comunque il testo reso pubblico, ne attendiamo l’esito per conoscere le aziende che hanno partecipato, le loro proposte, le possibilità che possono aprirsi. Ricordiamo inoltre che sarebbe bene, da parte delle istituzioni, delle associazioni imprenditoriali e dei sindacati precisare se il finanziamento ministeriale risulta registrato alla Corte dei Conti: tassello indispensabile per, eventualmente, concretizzare la fumosa procedura (ci risulta, inoltre, che il nuovo governo ha intenzione di rivoluzionare la procedura imperniata sul ruolo del carrozzone Invitalia).

Questo comunque di seguito è quanto è stato dato sapere pubblicamente:

Una giornata dedicata agli incontri individuali con le imprese per illustrare le modalità di accesso alle agevolazioni delle legge numero 181 del 1989 per rilancio delle aree colpite da crisi industriale e di settore. Venerdì 15 giugno dalle 9.30 nella sede dell’Unione Industriali di Savona si terrà il primo incontro #rilanciosavona, a cui parteciperà l’assessore regionale allo sviluppo economico Andrea Benveduti.

Dopo l’apertura dei lavori del direttore Uisv Alessandro Berta e dell’assessore Benveduti, i rappresentanti di Invitalia, l’agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo d’impresa, illustreranno le modalità di accesso all’incentivo per poi proseguire con gli incontri one-to-one per discutere nello specifico il proprio progetto imprenditoriale.

L’incontro chiarirà le finalità e le procedure di adesione al bando dedicato all’Area di crisi complessa del savonese, che sarà aperto dal 2 luglio al 17 settembre 2018, con una dotazione finanziaria nazionale di 20 milioni di euro e che prevede finanziamenti per investimenti di almeno 1,5 milioni di euro di spesa”.

 

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