Menu

La Mala Europa, asimmetrica e feroce

 

Report del Forum di discussione “la Mala Europa” organizzato dalla Rete dei Comunisti.

Non è stata una discussione formale quella svolta, sabato 5 Novembre, al Forum “la Mala Europa” organizzato a Roma dalla Rete dei Comunisti.

Del resto questo appuntamento di analisi, approfondimento e confronto si è svolto mentre in Italia si sta consumando un importante passaggio della crisi politica dentro una dinamica internazionale ed europea che registra l’accentuarsi dei fattori complessivi del corso della crisi capitalistica, l’intensificarsi dei diversificati diktat dell’Unione Europea e la messa a punto di provvedimenti economici e finanziari i quali interverranno, pesantemente, in Italia e negli altri paesi.

Ancora una voltaquindila Rete dei Comunisti ha provato ad interpretare quella funzione di intellettuale collettivo, che costituisce uno dei suoi tratti costitutivi, chiamando a discutere economisti, attivisti politici e sociali e le forze della sinistra anticapitalistica.

Una modalità metodologica la quale è finalizzata alla qualità dell’analisi a fronte della complessità delle sfide e delle questioni che l’attuale tornante della crisi e delle sue variegate ricadute antisociali pone a quanti, a vario titolo, sono impegnati nelle mobilitazioni e nel conflitto politico, sociale e sindacale.

La relazione introduttiva di Mauro Casadio ha aperto la discussione evidenziando che gli avvenimenti di queste settimane nel mentre stanno mostrando la crisi del blocco sociale berlusconiano indicano la strada obbligata (antiproletaria) che il centrosinistra dovrà assumere per tenere testa ai processi di centralizzazione europea e di crescente competizione globale. In questo scenario potrà configurarsi una risposta da parte di una coerente sinistra anticapitalista oppure potranno emergere tendenze più o meno reazionarie che non potranno che essere il mero riflesso della disgregazione che si prospetta per le classi lavoratrici e subalterne in Italia e non solo.

Gli interventi degli economisti Luciano Vasapollo, Giorgio Gattei, Guglielmo Carchedi ed Emiliano Brancaccio, pur con accentuazioni differenti, hanno suggerito elementi di carattere analitico e fornito alcuni dati sulle caratteristiche strutturali della crisi, su alcune recenti interpretazioni ed hanno contribuito a suggerire suggestioni teorico-programmatiche utili all’insieme delle mobilitazioni che – a scala continentale – stanno lievitando nelle piazze e nella società.

Giorgio Cremaschi, Emidia Papi, Paolo Di Vetta e Francesco Piobbicchi si sono interrogati sulle mobilitazioni in corso, sui caratteri di novità che questo movimento di lotta mostra e sulla esigenza di dotare questa protesta di una prospettiva politica. In tal senso l’esperienza della mobilitazione contro l’Unione Europea, la campagna “No Debito” nata dall’incontro nazionale dello scorso 1 Ottobre e il dibattito sullo strumento del referendum sono stati i versanti su cui si sono appuntate le loro riflessioni che trovano alimento e verifica politico-pratica nella cronaca quotidiana del conflitto del nostro paese e nei prossimi appuntamenti a cui saremo chiamati.

Sono inoltri intervenuti Franco Russo il quale ha svolto una disamina analitica ed una demistificazione di alcuni dispositivi normativi e legislativi su cui si fonda la governance dell’Unione Europea e hanno portato la loro interessante testimonianza, dalla Spagna e dalla Francia, Joaquim Ariolla e Remi Herrera i quali, oltre ad essere studiosi militanti che da tempo seguono ed interagiscono con il lavoro internazionale della Rete dei Comunisti, stanno svolgendo una presenza attiva nei movimenti sociali e sindacali dei loro paesi.

Le brevi conclusioni – o meglio la ricapitolazione dei temi esposti considerato il carattere di Forum che la Rete dei Comunisti ha inteso dare a questo appuntamento – sono state svolte da Sergio Cararo il quale ha provato a sintonizzare tutte le argomentazioni raccolte nella discussione verso i prossimi impegni dell’agenda politica. In tal senso la mobilitazione contro le manovre antipopolari del governo (sia di quello del Cavaliere e sia di quello che arriverà nel breve periodo…), la campagna sul non pagamento del debito e per la democrazia dovranno trovare nella resistenza sociale e nel conflitto organizzato, ancorato ad una prospettiva politica autonoma ed indipendente, le forme con cui esprimersi per reclamare ed affermare i propri obiettivi.

Nei prossimi giorni sui siti www.contropiano.org e www.retedeicomunisti.org saranno consultabili e scaricabili le relazioni e gli interventi della discussione.

*****

Da Il Manifesto di domenica 6 novembre

Francesco Piccioni 
Un’Europa asimmetrica e feroce 

«Euro, la fine di un tabù», così titolava ieri mattina un importante giornale online (Lettera 43), dando visibilità a una domanda esclusa dal «un circuito mediatico da Minculpop». I primi a chiedersi se questo gioco vale la candela sono ovviamente sia parecchi protagonisti del movimento del 15 ottobre, sia diversi economisti «non liberisti». La crisi sta cambiando le gerarchie del pianeta, visto che colpisce «asimmetricamente e con maggiore forza Europa e Stati uniti». Ma la stessa asimmetria implica «verso l’alto una gerarchizzazione brutale dei poteri decisionali» e verso i popoli un «attacco complessivo alle conquiste sociali e ai diritti acquisiti» (Mauro Casadio, Rete dei comunisti). Tema ripreso con forza da Giorgio Cremaschi, presidente del Comitato centrale della Fiom, che sottolinea la contraddizione assoluta, in questa fase, tra «salvataggio del sistema finanziario e democrazia»; con la «sovranità popolare» spogliata della possibilità di decidere sulla politica economica e quindi sulla redistribuzione della ricchezza.
La possibile rottura dell’eurozona, con «espulsioni» di singoli paesi, è ormai un problema concreto; ma con due punti di vista opposti («buttafuori» ed espulsi). E gli effetti sui redditi sarebbero abbastanza simili a quelli derivanti dalle «riforme» imposte dalla «troika» (Fmi, Ue, Bce). Agli economisti il compito di tratteggiare i problemi, le vie d’uscita possibili, comunque traumatiche. Per Luciano Vasapollo e Joaquin Arriola può valere l’esempio dell’Alba (l’accordo economico tra i paesi dell’america Latina), e quindi si può pensare a una fuoriuscita contrattata e contemporanea di tutti i Piigs dall’euro, per dar vita magari a un’altra moneta, più rispondente alle loro caratteristiche che non a quelle della Germania regina dell’export europeo. 
Emiliano Brancaccio vede «nella logica delle cose» che «se salta la moneta unica salta anche il mercato unico». Un fatto che dovrebbe far riflettere «il movimento operaio», ovvero quel che resta del sindacato. «L’eventuali distruzione della zona euro, se implicasse soltanto una svalutazione dei paesi periferici, produrrebbe un effetto amplificato analogo a quello del 1992; ossia uno spostamento distributivo terrificante ai danni dei lavoratori», perché «si pretenderebbe un rigido controllo e abbattimento dei salari per compensare la svalutazione». In termini quantitativi, sono cifre da paura. «Quando vi fu la svalutazione della lira – settembre ’92 – la perdita salariale fu complessivamente nell’ordine del 30%, le retribuzioni dei soggetti contrattualmente più deboli crollarono, per il sindacato fu una tragedia. Stavolta sarebbe molto peggio. Si immagina una svalutazione come minimo del 30%; per il sindacato sarebbe la sua distruzione». Bisogna quindi «immaginare un’altra prospettiva». Se «dovessero buttarci fuori dall’euro, bisognerà introdurre limiti alla libera circolazione dei capitali ed eventualmente anche delle merci; una necessità oggettiva, ma anche una strada per dare respiro ai lavoratori». Ma tutto dipende molto anche dalla Francia, «che storicamente ha fatto da argine alla ‘restrittiva’ Germania, ma che intanto costruiva ‘assi’ con i paesi periferici». Un ruolo che Sarkozy non gioca più.

Da “il manifesto” del 6 novembre 2011

 

 

- © Riproduzione possibile DIETRO ESPLICITO CONSENSO della REDAZIONE di CONTROPIANO

Ultima modifica: stampa

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *