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Monti riceve ufficialmente l’incarico

Le prime dichiarazioni sono un campionario di frasi fatte, che annuncia un periodo noiosissimo. «Il Paese deve vincere la sfida del riscatto, deve tornare ad essere sempre di più elemento di forza e non di debolezza di una Ue di cui siamo stati fondatori e di cui dobbiamo essere protagonisti». «Ho profondo rispetto per il Parlamento e le forze politiche». L’unico sollievo sarà la morte del “giornalismo” nutrito con dichiarazioni dei politici. Se continua così non ci sarà davvero nulla da scrivere, per loro.

E «tempi e nomi indicati sulla stampa sono pura fantasia». Ma tutti dànno ovviamente per scontato che abbia in testa, se non già in taca, la lista dei suoi ministri.

Dopo di lui Napolitano, finalmente a suo agio con un primo ministro che non dice sfrondoni e barzellette. «Non si tratta di operare nessun ribaltamento nè di venire meno all’impegno di rinnovare la democrazia dell’alternanza attraverso le elezioni. Si tratta solo di dar vita a un governo che unisca forze politiche diverse in uno sforzo straordinaria che l’attuale emergenza esige».

In pratica, soltanto la Lega se ne andrà all’opposizione. Più forse qualche fascista sperso del Pdl, che si riavvicinerà a Storace. Dalle prme scene “di massa” (200 persone…) sotto palazzo Grazioli, il tema propaganidtsico sarà “il popolo contro i banchieri”. Nella sinistra comunista, dunque, bisognerà fare molta attenzione agli slogan “facili”, magari poco ragionati. Non tutti i “nemici delle banche”, insomma, sono “bravi compagni”.

 

«Da domani a fine aprile scadranno 200 miliardi di buoni del Tesoro e bisognerà rinnovarli ricollocandoli sul mercato. Tutelare ora il paese da un precipitoso ricorso al voto è un’esigenza cui tutte le forze politiche devono concorrere. Per questo affido a Mario Monti l’incarico di formare un governo aperto al sostegno e alla collaborazione sia della formazione che ha vinto le elezioni nel 2008 che quelle che si sono collocate all’opposizione».

 Ci sono misure urgenti da adottare a partire da quelle già «concordate in sede europea». Lo ha detto Napolitano. «La crisi, ha aggiunto, riguarda l’Italia e l’Europa e molto dipende dall’enorme debito pubblico accumulato negli anni passati». «Bisogna recuperare la fiducia degli investitori e delle istituzioni». La popolazione, invece potrà aspettare.

Nel disperato tentativo di far apparire meno rovinosa la sua sconfitta, invece, Berlusconi si è fatto dare per l’ultima volta il microfono da Minzolini (pare sia il direttore del Tg1) per un videomessaggio dal seguente tono: «Mi sono dimesso senza essere stato mai sfiduciato dal Parlamento, dove possiamo ancora tuttora contare sia alla Camera sia al Senato sulla maggioranza assoluta». «Siamo pronti a favorire gli sforzi del presidente della Repubblica per dare subito al Paese un governo di profilo tecnico. Faremo il nostro dovere. Ma bisogna mettere da parte ogni faziosità».

L’uomo non ha bisogno di consigli, ma se pensa di andare avanti così gli lasceranno le aziede vuote. In borsa.

Su quant sia stata “libera e indipendente” la scelta di Monti lo spiega bene questo lancio di agenzia della tarda serata:

 

“Non si è mai fermato il pressing di Nicolas Sarkozy e Angela Merkel – il presidente francese e la cancelliera tedesca ormai noti all’unisono con il nomignolo congiunto di ‘Merkozy’ – in favore di un incarico di governo a Mario Monti. A Parigi, però, l’Eliseo non commenta e non conferma l’illazione di Le Monde di ieri, quella di un viaggio lampo dei due leader a Roma per sostenere il nuovo premier. Un pressing interessato quello di ‘Merkozy’, che dopo aver scongiurato il referendum in Grecia e accolto con un sospiro di sollievo la sostituzione di Georges Papandreou con Lucas Papademos, hanno rivolto il loro attivismo verso l’Italia. La novità degli ultimi giorni è che il loro «interessamento» non è più sotto traccia, non avviene soltanto tramite telefoni rossi o nelle segrete stanze del potere. La telefonata di venerdì di Sarkozy al presidente Giorgio Napolitano è stata annunciata pubblicamente dal capo dell’Eliseo, poi il contenuto -come usano fare alla presidenza francese – è stato lasciato trapelare senza conferme e senza smentite. Stando a Le Monde, ma anche a Le Journal du Dimanche di oggi che rincara la dose, nella famosa telefonata di venerdì pomeriggio Sarkozy avrebbe spinto affinchè le dimissioni di Berlusconi e il cambio di governo avvenissero nel più breve tempo possibile. Non è dato sapere, dal momento che l’Eliseo non parla, se davvero Sarkozy e la Merkel sperassero con il loro intervento di abbreviare l’iter dovuto, che ovviamente il Quirinale avrebbe rispettato e fatto rispettare anche se il pressing fosse continuato. Silenzio anche sull’illazione che più ha fatto scalpore, quella di un possibile viaggio a Roma della coppia ‘Merkozy’ per dare sostegno al nuovo governo Monti al suo primo giorno di incarico, domani. L’unico indizio è il fatto che un analogo ipotetico viaggio della coppia franco-tedesca ad Atene per dare sostegno a Papadamos, ventilato dai media più o meno nello stesso modo del blitz romano, è tramontato in modo definitivo”.

 Mentre sulle contorsioni cui già è sottoposto Il Pd (e Vendola con questo), e soprattutto sulle stronzate che verranno raccontate a lavoratori, pensionati e precari, ecco un’altra agenzia assolutamente da non perdere.

“Dopo essere stato ‘grande elettore’, insieme al Terzo Polo, di Mario Monti, il Pd si prepara alla prova di un governo che si annuncia liberale e attento alle richieste economiche della Ue. «Dimostreremo di essere un grande partito riformista» è la sfida di Pier Luigi Bersani, cosciente però del sentiero stretto che dovrà percorrere per cercare una sintesi interna tra l’anima laburista, contraria alla riforma delle pensioni o dei contratti, e l’ala liberista. Per rassicurare i suoi ma anche Nichi Vendola e Antonio Di Pietro, Bersani ha assicurato che si spenderà in prima persona perchè il nuovo governo non faccia macelleria sociale. Equità è il criterio che il Pd ha già indicato, nell’incontro con l’ex commissario europeo, per coniugare rigore e crescita e, spiegano nell’entourage di Bersani, «dal Pd arriveranno proposte in questa direzione senza aspettare che le misure arrivino in Parlamento». In un’ottica di redistribuzione dei sacrifici, disco verde arriverà senza esitazioni dai democratici su misure come la patrimoniale e provvedimenti contro l’evasione fiscale. E, non appena il governo si insedierà, il Pd invierà la sua ‘lenzuolatà di liberalizzazioni, che per tre anni ha presentato senza successo in Parlamento. Così come anche sulla legge elettorale e i costi della politica Bersani ha chiesto oggi di accelerare. I nodi potrebbero venire al pettine sulle misure del welfare. Basta ricordare lo scontro andato in scena nel Pd sulla lettera della Bce per capire come tra i democratici le posizioni sono diverse rispetto a temi come gli assegni di anzianità o la flessibilità sul mercato del lavoro, inclusi i licenziamenti per motivi economici. «Sulle pensioni – è netto Cesare Damiano – abbiamo già dato, prima di pensare a nuovi interventi il governo contabilizzi il risparmio degli interventi previsti nelle ultime manovre». L’ex ministro del Lavoro non nasconde che sui contenuti sociali potrebbero nascere frizioni con un esecutivo liberale e si augura che «non arrivino provvedimenti a scatola chiusa ma si cerchino compromessi e soluzioni alternative anche con discussioni dure». Evitare di affrontare «capitoli divisivi» come i licenziamenti è il consiglio che arriva dal responsabile economico del Pd Stefano Fassina, forte oppositore dei ‘consiglì arrivati dall’Eurotower: «Monti presenterà un suo programma che non sarà quello del governo Berlusconi e che terrà conto dei punti di vista delle varie forze di governo». Paletti e distinguo che allarmano l’area vicino a Enrico Letta, grande sponsor della soluzione Monti: «È inutile mettere paletti preventivi e veti perchè così si fa il gioco di chi vuole sfasciare il paese. Questo sarà un governo di salvezza nazionale, è tempo di sobrietà anche nelle parole e vorrei ricordare che domani mattina ci sarà un’asta dei titoli di 2,2 miliardi». Ed è proprio l’eccezionalità della situazione a convincere sempre più con il passare delle ore Bersani della bontà della decisione di sostenere Monti: «Servono decisioni importanti, rapide e urgenti perchè la crisi è seria e tempo non ne abbiamo».

La parola d’ordine, o la regina delle stronzate, sarà dunque “equità nei sacrifici”. Saranno enormi per chi ha poco (salario, pensioni, diritti, licenziabilità, contratti, sanità, istruzione, trasporti, ecc) e leggerissimi per chi ha tantissimo. Ma anche quel “leggerissimo” (una patrimoniale dello 0,15%, come accettato già dalla Marcegaglia) sarà strombazzato al mondo con la formula “anche i ricchi piangono”. Giusto per fare uscire una lacrimuccia a Bertinotti.

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