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I ricchi non vogliono piangere

Il governo Monti si sta appena insediando presentando il suo programma al Senato e alla Camera che il blocco sociale a suo sostegno già passa a incassare le prime cambiali. E’ il caso dell’editoriale del giornale della grande borghesia italiana, il Corriere della Sera, che nell’editoriale di oggi – a firma di Dario Di Vico – manda a dire a Monti di lasciare tranquilli i ricchi e di concentrare il fuoco contro i costi della politica che in fondo è un terreno che va bene a tutti. L’obiettivo del Corriere della Sera è quello di sbarrare il passo alla patrimoniale e alla liberalizzazione degli ordini professionali. Insomma manager e notai, dirigenti e avvocati, imprenditori e commercialisti, vanno lasciati in pace perchè altrimenti sentirebbero il richiamo della foresta del berlusconismo. Il rischio sarebbe quello far saltare una tavola stavolta apparecchiata decisamente per bene per procedere come bulldozer contro i diritti sociali e i diritti dei lavoratori.

Quali preoccupazioni esprime il Corriere della Sera? I dati parlano chiaro. La ricchezza esistente nel nostro paese (calcolata in circa 9mila miliardi di euro), per il 50% è rendita immobiliare, il 45% è rendita finanziaria e solo il 4,9% è ricchezza legata a produzione e beni industriali che producono profitti. E’ ovvio che una patrimoniale non potrebbe che colpire il 95% della ricchezza esistente e che in larga parte è costituita da rendita – immobiliare e finanziaria – perchè i soldi veri, la “ciccia”, sta lì e non nelle pensioni e nei salari dei lavoratori. Ma se una parte della Confindustria chiede una patrimoniale per riequilibrare un carico fiscale concentrato e penalizzante soprattutto sul 4,9% della ricchezza, la grande e ricca borghesia parassitaria vede con terrore l’idea che la tassazione possa colpire le rendite immobiliari e finanziarie che ne hanno assicurato ricchezza e privilegi. La vera casta sta qui ancora più che tra i grandi o piccoli peones della politica. Il governo Monti sembra esserne consapevole. Per questo ha annunciato di tutto ma niente su patrimoniale e tassazione delle rendite. Se qualcuno pensa che Monti sia l’uomo dell’equità e della provvidenza, temiamo che stia prendendo un enorme e amarissimo abbaglio.

Qui di seguito tre passaggi emblematici dell’editoriale di Di Vico sul Corriere della Sera di oggi:

Spenta l’eco degli applausi è lecito però raccomandare al governo, in nome dell’efficacia dell’azione di contrasto all’emergenza finanziaria, di non limitarsi al consenso della platea sociale di intonazione riformista. Il successo del percorso di risanamento non può prescindere dall’orientamento del ceto medio e dai riflessi che ha sui comportamenti dei partiti dell’ex maggioranza. Non a caso il presidente del Consiglio ha escluso tra le misure indicate ieri quella tassa patrimoniale che avrebbe creato sconcerto in larghi settori dell’elettorato di centrodestra e non solo in un ristretto circolo di super ricchi. La stessa precauzione, però, è bene che valga anche in materia di liberalizzazioni delle professioni”

Per portare a compimento anche solo una parte dei provvedimenti che Monti ha illustrato ieri, il nuovo esecutivo dovrà evitare che alle preoccupazioni e alle riserve largamente presenti nei gruppi del Pdl si saldi il mugugno di un ceto medio allarmato dalla somma di misure come la reintroduzione dell’Ici, l’abolizione degli Ordini e l’azzeramento dei privilegi nel trattamento previdenziale. Bisognerà porre, dunque, molta attenzione alla tempistica dei provvedimenti e all’efficacia della comunicazione”

Resta il grande tema della riduzione dei costi della politica che rappresenta quasi un impegno elettivo per un governo composto da tecnici. Sia l’elettorato del Pdl sia quello del Pd sono largamente favorevoli e quindi si tratta solo di agire”.

Se abbiamo letto bene, e i lettori di Contropiano potranno aiutarci nel fare altrettanto, il Corriere manda a dire di: non fare la patrimoniale, lasciar perdere l’abolizione degli ordini professionali e l’azzeramento dei privilegi (quelli veri), dare in pasto la “guerra ai costi della politica” all’opinione pubblica e all’asse bipartizan che sostiene il governo.

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