Anche Alex Zanotelli, missionario comboniano, noto attivista per i diritti fondamentali e impegnato nella campagna per i beni comuni e contro la privatizzazione dell’acqua, ha aderito all’appello “Dobbiamo fermarli” che ha dato vita al comitato NO DEBITO: una campagna nazionale che amplia alla difesa della democrazia, dei beni comuni e dei diritto sociali il tema del non pagamento del debito.
Davanti ad una tazza di the, ci spiega come sia possibile per un missionario e un religioso, assumere una posizione per molti versi controversa rispetto al mantenimento della pace sociale. “Innanzitutto c’è la questione fondamentale delle spese militari” spiega Zanotelli. “Il SIPRI, (Stockholm International Peace Research Institute), ha dichiarato che le spese militari dello stato italiano per il 2010 sono superiori a 23 miliardi di euro, spesa che viene mantenuta costante o in aumento ogni anno.” Come aveva già detto il 15 ottobre in piazza della Repubblica “Con i soldi che l’Italia ha speso nel 2010 in armi, cioè 23 miliardi di euro, più i 17 miliardi per i cacciabombardieri F35, avremmo realizzato la manovra finanziaria 2012”.L’Italia è all’ottavo posto al mondo per spese militari, oltre ad essere il secondo produttore mondiale di armi dopo gli Stati Uniti. Per il 2011 lo stanziamento complessivo è stato di 20.556,9 milioni di euro, cifra che esclude però lo stanziamento per l’Arma dei Carabinieri, le Funzioni Esterne, il Trattamento di Ausiliaria e i fondi presi “in prestito” dal bilancio del MiSe (min. Sviluppo Economico) e MIUR (min. istruzione Università e Ricerca). “Se aggiungiamo il costo esorbitante che ha avuto la guerra in Libia (stimanti sui 12 milioni di euro a settimana!!!) e il costo per gli F-35 (il cui programma in collaborazione con gli USA ha avuto un costo di 208 miliardi di dollari nel 2011) ci salta fuori una manovra finanziaria”.
Sui finanziamenti agli armamenti, Zanotelli allunga ancora lo sguardo. “In un certo senso il crollo delle banche è dovuto anche alle spese militari”; se è vero che la crisi ha origini passate “il crollo del blocco sovietico ha rappresentato una notevole perdita di guadagno per le banche impegnate nel finanziamento delle spese militari”. In uno studio dell’associazione “Cluster Munition Coalition” risultano 138 le banche nel mondo che sono dirette finanziatrici della produzione di bombe a grappolo, tra cui anche l’italiana Intesa SanPaolo, con un finanziamento di 52,2 milioni di dollari che si esurirà nel 2012. Quasi tutte le banche italiane possiedono titoli azionari di aziende produttrici di “cluster bombs”: secondo la denuncia di Peace Reporter, Unicredit precede in volume di investimento Bnp Paribas e Intesa Sanpaolo. Da soli, questi tre gruppi investono circa 480 milioni di euro in armamenti.
“Ciò che mi preme moltissimo, però, e di cui nessuno sta parlando con il dovuto impegno, è la questione della crisi ecologica in atto”. Il 28 novembre si aprirà a Durban, in Sudafrica la conferenza delle Nazioni Unite sul clima e l’ambiente che tenterà di concretizzare gli obiettivi di riduzione delle emissioni di CO2 e le misure da attuare per evitare il default climatico. “Monti continua oggi a parlare di crescita” scuote la testa Zanotelli sulla poltrona “ma che cavolo di crescita potremo mai produrre se stiamo distruggendo il nostro habitat? Ma di che crescita parliamo se stiamo preparando il mondo alla sua distruzione? Nel continente africano si parla di un aumento di 2-3 gradi nei prossimi 50 anni.. Se così sarà, ¾ del continente diventerà inabilitabile.. E, secondo voi, dove andranno quelle migliaia di persone che ora abitano quei ¾ di territorio africano? La discussione sui rifugiati climatici è costantemente rimandata al futuro e nessuno ne parla adesso, quando sarebbe possibile costruire un sistema di sviluppo basato sulla sostenibilità della Terra e sui beni comuni”.
Alex Zanotelli, d’altronde, è noto per la sua lotta contro la privatizzazione dell’acqua e di tutti i beni comuni, a partire dalla propria partecipazione attiva nelle battaglie contro le discariche nel parco del Cilento.
“In quella situazione eravamo faccia a faccia con le forze dell’ordine che ci volevano mandare via” racconta Zanotelli parlando della discarica di Serre. “Avevamo la possibilità di imparare metodi non violenti, e opporci ad un progetto malsano che non favorisce la cittadinanza (…) facendoci trascinare via, uno ad uno, mettendo in pratica la resistenza passiva e la lotta non violenta”. Il missionario comboniano parla a lungo della questione della violenza, e insiste sulla necessità di trovare metodi alternativi allo scontro violento anche perché “il sistema oggi è potentissimo: qualsiasi tentativo di attacco diretto sarebbe inutile ma, come si è visto questa primavera, la volontà e la determinazione del popolo possono cambiare le cose”. Parla dei giovani egiziani e tunisini, che sono riusciti a costituire un vastissimo movimento di massa capace di sovvertire il potere dittatoriale e mettere in atto un processo di cambiamento.
Riportandoci poi sul piano italiano e sulla questione del comitato NO DEBITO, riemerge il ricordo della giornata del 15 ottobre, definita da padre Alex “una piccola Genova”. D’altronde però l’opposizione a una discarica non è come opporsi al pagamento del debito; non è così immediato, chiaro e visibile l’obiettivo da raggiungere” riflette quando gli chiediamo cosa significa per un uomo di chiesa decidere di non pagare il debito pubblico in un contesto di aumentata tensione repressiva “ma l’arma vincente rimane a mio avviso quella della formazione, e del mettere insieme un popolo in un’unica volontà e sotto un unico obiettivo. Finché si sta divisi si è sempre più deboli e meno efficaci”.
In quanto alla campagna per il non pagamento del debito, Alex Zanotelli ha molto da raccontare. “La questione del debito è un’esperienza che viene dal sud del mondo. Per anni si è parlato del debito che avevano contratto i paesi poveri con l’FMI erano più di 2500 miliardi di debito, ma era un debito illegale perché fatto da capi di Stato dittatoriali, attraverso spese di armamenti e interessi personali, corteggiati dai paesi occidentali”. Zanotelli ci ricorda Nyerere, ex presidente della Tanzania, il quale affermava che “è illegale per i popoli impoveriti pagare il proprio debito”, e cerca di confrontare la situazione e le ragioni italiane con quelle dei Paesi in via di Sviluppo. Certo, di base è una condizione diversa, ma cosa succede se analizziamo il nostro debito? Perché e a favore di chi è stato prodotto il debito? Se questi soldi sono stati spesi per i cittadini allora è giusto pagare, ma se per caso questo debito fosse stato prodotto da una parte ristretta del popolo, dalle banche e dalla speculazione finanziaria, allora diventerebbe anche in questo caso immorale e illegale pagare” un debito prodotto da altri e per altri. “Se fosse questo il risultato dell’analisi allora sì, noi avremo il diritto di non pagare il debito e anche di pensare al default”.
- © Riproduzione possibile DIETRO ESPLICITO CONSENSO della REDAZIONE di CONTROPIANO
Ultima modifica: stampa