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Praga. Referendum su adesione nuovo Trattato dell’Unione Europea

L’ adesione della Repubblica Ceca al nuovo Patto di bilancio dell’Ue dovrebbe essere approvata dai cittadini con un referendum. Il procedimento è stato approvato oggi da due partiti della coalizione tripartita di centro destra del premier Petr Necas. Favorevoli al referendum erano i Civici democratici (Ods), il movimento Affari pubblici (Vv). Favorevole al referendum anche il Partito Comunista di Boemia e Moravia anche se denuncia la strumentalità delle posizioni del primo ministro Necas. .I comunisti del PCBM,- quarta forza politica del paese con 26 deputati e il l’11,7% dei voti – accusano il governo per le misure antipopolari che ha introdotto: “Le presunte “riforme” governative non sono nient’altro che la porta aperta alla vendita di ciò che resta del patrimonio pubblico che fino ad ora era sfuggito alle privatizzazioni – i fondi accumulati dai nostri cittadini per le pensioni e la sicurezza sociale. Le riforme del governo, adottate in modo autocratico al Parlamento dalla coalizione dei tre partiti al potere (Ods,Top 09 e VV) eroderanno seriamente le condizioni di vita della grande maggioranza della popolazione” denunciano i comunisti ceki.

Contrario al referendum è il partito conservatore Top 09 del ministro degli esteri Karel Schwarzenberg. L’ approvazione della legge sul referendum spetterà al Parlamento. Il presidente Vaclav Klaus ha già anticipato di non essere disposto a firmare il nuovo patto europeo. Il governo ha aperto oggi anche il dibattito sull’ eventuale prestito al Fondo monetario Internazionale. La decisione dovrà essere presa la settimana prossima. L’ ammontare della partecipazione ceca è 3,5 miliardi di euro. Contrari al prestito sono sia il premier Petr Necas, sia il presidente Klaus.  Già ad ottobre il primo ministro Petr Necas aveva affermato che “Entreremo nell’eurozona solo dopo che un referendum avra’ approvato l’operazione “. Secondo Necas la zona euro da volano di sviluppo e progresso si e’ trasformata in una aree di debiti e trasferimenti. Necas aveva sottolineato che il suo governo non aveva alcuna intenzione di fissare una data precisa per l’adesione all’euro. L’atteggiamento del primo ministro, secondo alcuni osservatori “indica solo il fatto che l’appartenenza all’Unione europea si traduce in costi sempre più importanti e che per un paese come la Repubblica Ceca un’integrazione meno rapida sarebbe preferibile”.

Il problema è che questa consapevolezza sul fatto che l’Unione Europea e ancora più l’Eurozona non siano affatto una garanzia di avanzamento economico e sociale comincia ad estendersi a diversi paesi dell’Europa dell’Est di recente ingresso nell’Unione Europea. “Non possiamo aspettarci una crescita rapida da parte dell’Ue. L’Ungheria deve continuare per la propria strada”, ha detto di recente il primo ministro Viktor Orbán, considerato nell’Ue come un autocrate che ha allontanato l’Ungheria dall’Europa. Negli incontri svoltisi ieri a Bruxelles la Commissione europea gli ricorda che garantire l’indipendenza della banca centrale è la condizione per aprire i negoziati sugli aiuti finanziari, lui replica di poter continuare a raccogliere finanziamenti sul mercato e quindi di «non volere i soldi della Germania» nè «prestiti da Ue e Fmi» ma solo «una linea di credito precauzionale» nel caso in cui “in primavera il mercato dei bond sia inondato da Italia e Spagna”.

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