Menu

Brindisi. Il video ignorato e indagini morte

Le domande che ci ronzano in testa da quel giorno vanno perciò assumendo uno spessore maggiore, in controtendenza con la dichiarata volontà delle “autorità” di farci dimenticare.

Non riassumeremo qui i pochi dati che sembrano “certi” su quella strage. Intanto perché di “certo”, in questa storia, c’è ben poco.

Si capisce che è stato un attentato studiato con attenzione, preparato in modo non proprio artigianale, con un ordigno esplosivo complesso nonostante sia stato assemblato con materiali ordinari.

C’è però un elemento certissimo che ci sembra sia stato volontariamente messo in sordina da tutti i media. Il video.

Lo abbiamo postato perché tutti possano prenderne visione. Inquadra un uomo che non zoppica affatto e che non presenta alcun visibile danneggiamento del braccio destro (al contrario di quel che ci è stato detto nelle prime ore, su entrambi i dettagli). Un video che ci restituisce l’individuo in questione in modo molto più chiaro e rivelatore che non i tre fotogrammi inizialmente messi a disposizione dei media.

Un uomo non mascherato, indifferente al fatto di essere inquadrato da una telecamera. Impossibile infatti che , in un attentato così “studiato”, sia passata inosservata la visibilissima telecamera del chiosco dietro cui il killer si ripara.

E ci torna la domanda principale: chi è, quale mestiere fa, da dove proviene, di quali coperture certe può giovarsi un attentatore che non si cura di consegnare la propria immagine e postura (addirittura più importante, per identificarlo) agli investigatori?

Non è uno di Brindisi, va da sé. O perlomeno non è uno che ci vive. E questo fa cadere come risibile ogni ipotesi avanzata fin dalle prime ore sulla “malavita locale”. Ci sovviene un indimenticabile pezzo di Roberto Saviano, scritto nelle prime ore dopo l’attentato, dal titolo “Dai traffici agli omicidi. Così crescono i “nipotini di Riina””; quando si dice precostituire l’oggetto dell’indagine, stornare l’attenzione, “depistare” in senso tecnico (quantomeno la capacità collettiva di interpretare e interrogarsi). Questo volevano farci pensare, sapendo perfettamente che non era così.

Non abbiamo il movente, se non quello generico di qualsaisi bomba: impaurire. Non il potere, naturalmente, ma la popolazione intera. Ammazzare ragazzine sul cancello della scuola ha senso solo per un potere che fa della paura collettiva il suo strumento principe. Non avendo soluzioni per nessun problema reale, ne inventa di nuovi che minacciano direttamente la vita di ciascuno di noi. Può accadere a chiunque, puoi morire in qualsiasi istante, ci sono “nemici” occulti, incomprensibili ma feroci… affidati all’autorità, non farti domande, obbedisci e – forse – sarai risparmiato.

 

Il video è una prova. Il suo uso è a sua volta una prova. Se stessero cercando davvero l’attentatore lo vedemmo scorrere su tutte le tv a qualsiasi ora. E “Chi l’ha visto?” ci avrebbe imbastito una lunghissima serie di speciali a telefono aperto…

Nulla di tutto ciò. Per noi è una prova.

- © Riproduzione possibile DIETRO ESPLICITO CONSENSO della REDAZIONE di CONTROPIANO

Ultima modifica: stampa

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *