I termometri hanno segnato oggi fino a 38 gradi di calore nella Capitale. Ma quello che ha bruciato le strade di Roma sin da questa mattina è stata la rabbia. Qualcuno lo ha scritto anche su uno striscione “Spread your rage”. La giornata “movimentata” che abbiamo raccontato in diretta sul giornale è cominciata già intorno alle 10.00. Il sindaco di Roma Alemanno infatti aveva convocato ieri ed oggi gli Stati Generali sul welfare e la famiglia. Una operazione tesa a coprire il vasto piano di privatizzazioni e tagli dei servizi sociali in corso a tutti i livelli. Le cooperative che gestiscono i servizi da mesi ormai sono costrette a rivolgersi alle banche per ottenere i soldi che gli deve il Comune. “Pro soluto” hanno chiamato questa furbata che consente alla banche di lucrare anche sui finanziamenti – sempre più ridotti – che l’amministrazione locale dispone a chi assicura da anni quei servizi sociali che le istituzioni non garantiscono più “in house”. Alemanno aveva voluto alla sua conferenza anche il Ministro Fornero, quella che sul Financial Times ha riscritto anche l’articolo 1 della Costituzione affermando che il lavoro non è più un diritto.
Ad attendere la Fornero ed a far fischiare le orecchie ad Alemanno questa mattina c’era la mobilitazione chiamata da una coalizione di forze sociali e sindacali a ridosso dell’auditorium Antonianum in viale Manzoni. Ma già dalla prima mattinata tutta la zona era stata trasformata in un fortilizio da decine di blindati della Polizia, dei Carabinieri e della Guardia di Finanza che vietavano l’accesso anche ai pedoni. Solo i residenti, esibendo i documenti, potevamo penetrare la zona rossa. Tutti gli altri, turisti inclusi, no. E ai margini della zona rossa, su via Labicana c’è il primo di una lunga serie di “intuzzi” tra manifestanti e polizia. Il corteo prova a fare pressione per passare, volano le manganellate, dall’altra parte volano uova e fumogeni. Ci si spintona per una ventina di minuti. Poi parte un corteo, diretto questa volta verso Montecitorio, dove è prevista la manifestazione contro l’approvazione dell’infame controriforma del lavoro che Monti vuole portare come scalpo al vertice europeo di Bruxelles. Ha già consegnato lo scalpo sulle pensioni, adesso offrirà ai cavalieri teutonici della Bce quello dell’art.18, della iperflessibilità e della riduzione degli ammortizzatori sociali. Draghi e Trichet controlleranno alla lettera la “loro lettera” del 5 agosto di un anno fa. Il “ragazzo della Bocconi” sta facendo bene i compiti assegnati.
Il corteo sfila davanti al Colosseo, punta su Piazza Venezia, ha fatto più di un chilometro su via Fori Imperiali e allo scoperto sotto una canicola che scioglie l’asfalto e ricaccia in gola per la secchezza della gola molti slogan. Il corteo cerca di proseguire verso via del Corso e da lì a Montecitorio. Ma la polizia sbarra la strada davanti e a sinistra. Secondo “intuzzo” con i poliziotti, volano manganellate, grida, occhiali rotti e compagni che cercano disperatamente di recuperare almeno le lenti. Di lì non si passa. Il corteo ripiega nella vicina piazza SS Apostoli dove c’è una tendopoli piantata lì il giorno dello sciopero generale del 22 giugno che affianca il gazebo degli inquilini resistenti in sciopero della fame da dieci giorni contro gli sfratti e il raddoppio degli affitti.
Alle 14.30 ci si dovrebbe muovere da piazza SS Apostoli per andare a Montecitorio dove è prevista – e autorizzata – la manifestazione contro l’approvazione della Legge Fornero. A Montecitorio c’è la Cgil. E allora? Allora succede che la polizia chiude piazza Santi Apostoli e per circa mezzora non vuole far uscire nessuno dei sindacalisti della Usb e degli attivisti dei movimenti sociali per farli arrivare a Montecitorio. Si arriva così al terzo “intuzzo” della giornata con la polizia. Sotto un “caldo bestia” ricominciano spintoni, grida, acqua che vola. Emidia Papi, sindacalista combattiva ma non più di primo pelo, sviene e cade in terra. I dirigenti della Usb (Leonardi, Di Vetta) e Giovanni Russo Spena si sgolano con i funzionari. Alla fine si riesce a passare. Si cammina alla spicciolata su via del Corso, Montecitorio è ormai a portata di protesta ma scatta un nuovo blocco della polizia (stavolta, per la verità, sono della Guardia della Finanza) proprio su via del Corso. Comincia così il quarto “intuzzo” della giornata. Spintoni, urla, tensione alle stelle mentre i turisti scappano da tutte le parti, i blindati si mettono rapidamente di traverso e rischiano di investire un manifestante. Ci si sposta in Piazza di Pietra. Da lì basta girare a sinistra e si è in piazza Montecitorio. Ma anche qui scatta un nuovo blocco della polizia. Un blindato corre a chiudere la strada, i poliziotti si ammucchiano sul varco rimasto. Qualcuno dei compagni, più rapido per età e perspicacia accelera e riesce a passare. Altri rimangono indietro. Russo Spena, che pure ne ha viste tante, non riesce a credere a quello che sta succedendo. Il ruolo di “diplomatico” che gli deriva dalla carica di ex senatore della Repubblica, viene abbandonato e sostituito da una carica oratoria che quasi spettina il funzionario. Si capisce che le indicazioni arrivate dalla Questura sono contraddittorie e mettono i funzionari in piazza in mezzo alle grane di dover gestire una situazione allucinante per quanto accade e per il calore micidiale che si abbatte – erga homnes – su manifestanti e agenti di polizia. Alla fine si passerà da dietro e si arriva, finalmente a piazza Montecitorio. E’ ovvio che ci si arriva con l’adrenalina che pompa a tremila dopo i ripetuti “intuzzi” con la polizia. A Montecitorio c’è la Cgil. Cosa ci sta a fare? A manifestare per l’art.18. E’ chiaro che basta un nonnulla e scoppia la tensione tra gli attivisti e i lavoratori di Usb e quelli della Cgil. Stavolta l’intuzzo non prevede manganelli ma spintoni, grida e quant’altro caratterizzano per una ventina di minuti la piazza. Si grida allo sciopero generale che non è stato fatto dalla Cgil, dalle file della Usb parte il coro di “vergogna, venduti, perché non avete scioperato anche voi?”. Qualcuno della Cgil si risente e replica con il classico “fuori, fuori, la piazza è nostra” e prova a spingere, ma non è proprio aria, no, non è proprio aria. I compagni più “diversamente giovani” ricordano che il giorno di Lama all’università cominciò così e si ricordano anche di come andò a finire. Qualcuno ipotizza – e probabilmente a ragione – che la polizia non voleva far arrivare l’Usb a Montecitorio proprio perché c’era la Cgil. La tensione, sotto un caldo sempre più carogna, sale. Alla fine si mette in mezzo Giorgio Cremaschi e stempera un clima rognoso ma per molti aspetti inevitabile. In piazza si attende la votazione ma nessuno prende la parola. L’amplificazione “industriale” è in mano alla Cgil e manda solo musica. Chi vuole dire qualcosa deve accontentarsi dei megafoni. Insomma mentre in aula alla Camera i capigruppo dei partiti di maggioranza contribuiscono a sacrificare un agnello con il volto di milioni di lavoratori, fuori non si respira l’aria adeguata alla posta in gioco. Dopo un po’ gli attivisti e i lavoratori della Usb ripartono in corteo da Montecitorio, sfilano lungo via del Corso e ritornano al presidio in piazza SS. Apostoli. A Montecitorio la discussione si fa “aspra” ma stavolta tra gli stessi militanti della Cgil. In aula cominciano le operazioni di voto. La controriforma sul lavoro, la peggiore d’Europa, viene approvata a maggioranza. Monti può partire con l’agnello da sacrificare sull’altare dell’Unione Europea. Ma non è tutto. In una giornata di caldo mefitico come questo arriva anche una doccia fredda che però non rinfresca ma gela: oggi c’è stata la sentenza di non luogo a procedere per la vicenda dei diritti televisivi della società Rti, controllata da Mediaset. Il gup Pier Luigi Balestrieri, ha assolto perchè il fatto non sussiste, tutti gli imputati tra cui Silvio Berlusconi, il figlio Piersilvio e il produttore televisivo americano Frank Agrama. Il salvacondotto che Monti e Napolitano hanno assicurato a Berlusconi affinché lasciasse la strada libera al governo dei bocconiani, continua a funzionare.
Ce ne sarebbero di motivi per far salire la temperatura sociale e politica nel nostro paese. Ma oggi a Roma abbiamo visto molto più quella atmosferica che quella necessaria. In fondo da domani, come abbiamo scritto nel nostro editoriale, è il primo giorno “Dopo Cristo” , senza più art.18, con tanta flessibilità in entrata e con aumenti di 1 e 3 euro al mese per una indennità di disoccupazione che durerà forse la metà di quella fino ad oggi esistente. Da domani, lo spread, non sarà più quello di prima!! Fa un caldo bestia ma è un inverno politico quello che dobbiamo scongiurare nei prossimi mesi.
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