Nel giorno in cui gli studenti e insegnanti di tutta Italia sono scesi in piazza per protestare contro il ministro Profumo e la sua teoria “del bastone e della carota”, ad Ascoli Piceno, una scuola pubblica – l’Istituto Tecnico Commerciale e per Geometri “Umberto I” – decide di esporre nell’aula magna un ritratto del Duce.
Il dipinto, realizzato dal pittore schedato dai partigiani come “propagandista fascista”, Aldo Castelli nel 1937, raffigura Mussolini vestito da antico romano, a cavallo di un destriero bianco, in mano una spada e, tanto per aggiungere un tocco di surrealismo, una folta chioma in testa.
Se le istituzioni locali hanno accolto la notizia senza battere ciglio, anzi, quasi soddisfatte della cosa, l’Anpi è andata su tutte le furie, chiedendosi in un comunicato al vetriolo “se sia opportuna la collocazione dell’opera in una scuola, luogo deputato alla formazione dell’uomo e del cittadino, così come sancito dalla Carta Costituzionale, nata dalla Resistenza e dalla lotta di Liberazione dal nazifascismo”.
Per nulla scosso, il preside dell’istituto, Arturo Verna ha ribattuto che “si tratta di un fatto artistico e culturale, e un’opera è tornata nel luogo per il quale era stata realizzata”. Poco importa se il periodo in cui è stata dipinta corrisponde al punto più basso dell’Italia post-unitaria. “Non siamo in presenza di un ritratto di Mussolini – ha spiegato ancora Verna, credendo di tranquillizzare tutti –, ma di un’allegoria del Duce, o meglio ancora, di un’allegoria della riforma della scuola che il fascismo voleva, manifestando la capacità e il potere di livellare gli istituti, portando una scuola tecnica al livello dei licei. Il fatto stesso che il Duce sia stato ritratto con una chioma fa capire che si tratta di un Mussolini idealizzato. Il ritratto non è specificatamente suo, ma del fascismo”. Quindi, non si sta celebrando un dittatore, ma tutta la dittatura. I motivi per cui il preside ritiene giusto esporlo di nuovo, sono gli stessi per cui “il capolavoro” fu tolto dalla scuola appena finita finita la guerra.
L’istituto Umberto I fu progettato in piena età fascista – nel 1934 – dall’architetto Vincezo Pilotti che, verosimilmente, chiese ad Aldo Castelli un dipinto del Duce per l’aula magna. L’opera fu così realizzata in due tavole identiche dalla grandezza quasi mastodontica: 2.20×1.50 metri. Nelle intenzioni dell’artista, il ritratto rappresenta l’ideale fascista di innovazione: un vecchio e un giovane insieme a due figure allegoriche (l’arte e la musica), con un condottiero a cavallo – Mussolini – indicare il sentiero. Dopo la caduta del regime, il dipinto fu tolto dalla scuola e accantonato negli scantinati di Palazzo della Sanità per poi sparire nel nulla. Le due parti furono successivamente ritrovate in luoghi diversi: una era stata acquistata da un privato, l’altra era finita ad adornare la stanza di una dipendente dell’Ufficio Igiene. Fino a quando il preside Verna ha chiesto – e ottenuto – di esporre il Duce a cavallo nella sua scuola.
Adesso, mentre il Pd promette che si farà sentire e il resto dell’opposizione è il subbuglio, il rumore più assordante è il silenzio che arriva da Comune e Provincia (entrambi di centrodestra): le istituzioni di una città che è stata premiata con la Medaglia d’oro al valore militare per attività partigiana.
Meno male che alcuni studenti non si sono fatti incantare: “Siamo una scuola intitolata a Umberto I ed esponiamo pure un dipinto di Mussolini. Il prossimo passo è intitolare l’aula magna a Licio Gelli”. Una risata li seppellirà.
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