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Contrordine: ferme le aliquote Irpef, aumenta l’Iva (ma non quella al 10%)

Vi proponiamo due letture praticamente opposte dello stesso provvedimento. Quella critica dei “il manifesto” e una delle tante propagandistiche, dal quotidiano di Confindustria.

Contrordine: ferme le aliquote Irpef, aumenta l’Iva (ma non quella al 10%)

 

Fr. Pi.

Contrordine, miei tecnici… Sepolto da critiche sociali e dalle preoccupazioni elettorali dei tre partiti che sostengono Mario Monti, il governo ha cambiato alcuni punti essenziali della «legge di stabilità» in discussione in Parlamento. Nel corso di un incontro a Montecitorio, tra il ministro dell’economia Vittorio Grilli e i relatori del testo di legge (Renato Brunetta per il Pdl, e l’ex segretario nazionale della Cisl, Pier Paolo Baretta, ora del Pd), oltre al relatore del ddl Bilancio (Amedeo Ciccanti, dell’Udc), è stata raggiunta un’intesa di massima.
Scompare la riduzione delle aliquote Irpef fino a 15.000 e 28.000 euro annui, che restano pertanto rispettivamente al 22 e al 27%. Era la misura più strombazzata dallo stesso ministro Grilli, che era arrivato a parlare di «vantaggi per il 99% dei contribuenti». Non erano serviti calcoli specialistici per capire che quei 150 o 280 euro in più l’anno (a seconda dello scaglione di reddito) non miglioravano alcunché. Mentre le altre misure – aumento dell’Iva e riduzione di destrazioni-deduzioni fiscali, in primo luogo – comportavano esborsi molto superiori ai pochi euro rimessi nelle buste paga.
La rinuncia ad aliquote più leggere viene quindi accompagnata dal mantenimento dell’Iva agevolata al 10% su una serie di merci e servizi, ma dall’aumento dal 21 al 22% per quella ordinaria. Nella prima versione, invece doveva essere aumentata anche l’aliquota più bassa. Resta naturalmente in piedi la critica che tutti hanno fatto: in questo modo si spinge all’insù l’inflazione, specie perché comporta un aumento del pprezzo dei carburanti che si rovescia poi su quelli di tutte le merci.
A compensare questo aumento oggettivo della tassazione indiretta su tutti i redditi – in proporzione sempre più pesante per i redditi più bassi – c’è la promessa di intervenire sul «cuneo fiscale» (differenza tra quanto pagato dal datore di lavoro e quanto incassato effettivamente dal dipendente) già a partire dal 2013. Per la parte di «cuneo» relativa alle imprese, invece, si dovrà aspettare (forse) il 2014. Ma non si possono lamentare: la riduzione del «cuneo» fatta dal governo Prodi fu tutta a loro vantaggio, e nulla dal lato dei lavoratori.
La «buona notizia» viene invece dalla rinuncia alla retroattività della riduzione di detrazioni e deduzioni fiscali. Nel testo presentato in Parlamento, infatti, questo taglio violento – che riguarda la possibilità di alleggerire la tassazione Irpef scontando, con il 730, il 19% degli interessi sul mutuo, le spese mediche, quelle per l’istruzione dei figli, ecc – valeva già per il 2012; praticamente terminato, al momento di varare definitivamente la «legge di stabilità». Nella rinuncia del governo è probabile abbiano giocato anche i molti rilievi legali (la «retroattività» è in genere esclusa per principio, anche spesso violata proprio in materia fiscale).
Sulla stessa materia, il governo si è detto «disponibile» a riconsiderare le «franchigie» e i «tetti» alle detrazioni stesse. Ricordiamo che il testo di partenza prevede l’aumento della franchigia (la quota di spesa non detraibile) da 129 a 250 euro; oltre a un abbassamento del «tetto» di spesa da 4.000 a 3.000 euro. Una scelta che rischia di penalizzare, oltre che i singoli contribuenti, anche il mercato immobiliare. I contratti di mutuo, infatti, prevedono nelle rate iniziali di restituzione una quota molto alta di interessi; spesso superiore ai 4.000 euro annui. Di fatto, un disincentivo ulteriore all’acquisto di casa.
I commenti di rappresentanti dei partiti della maggioranza sono ovviamente tutti positivi. Per un giudizio più obiettivo, invece, basterà una semplice considerazione: alla fine del tourbillon di cambiamenti interni, il «saldo finale» dovrà restare uguale. E non si ha notizia di misure che vadano ad incidere su redditi diversi da quello del lavoro dipendente (Tobin tax dello 0,05% a parte…).

da “il manifesto”

Legge di stabilità: saltano i tagli all’Irpef. Giù il cuneo fiscale e niente aumento dell’Iva dal 10 all’11%


Il Governo ha trovato l’intesa sulla legge di Stabilità. Nella nuova versione, salta a sorpresa la retroattività sulle nuove norme in materia di detrazioni e deduzioni. È questo uno dei punti chiave dell’accordo politico tra governo e maggioranza sulle norme di bilancio di fine anno. I relatori, Pier Paolo Baretta (Pd) e Renato Brunetta (Pdl), insieme al relatore del ddl bilancio, Amedeo Ciccanti (Udc), hanno trovato l’intesa nel corso di un incontro nel pomeriggio alla Camera con il ministro dell’Economia, Vittorio Grilli.

Oltre alla retroattività, salta anche il taglio alle aliquote Irpef
Stop anche alla riduzione delle prime due aliquote Irpef per finanziare interventi sul cuneo fiscale e il mantenimento dell’aliquota del 10%. Le risorse che si renderanno disponibili grazie allo stop al taglio delle aliquote Irpef serviranno a sterilizzare l’aumento dell’aliquota Iva del 10%, mentre quella del 21% al momento è destinata a aumentare di un punto così come già previsto. Per tetti e franchigia, invece, «il Governo si riserva di dare risposte».

Privilegiati i lavoratori dipendenti
«Nell’ordine – ha precisato il relatore Baretta – prima si provvederà a evitare l’aumento dell’Iva e quindi si redistribuiranno le risorse residue dal mancato taglio delle aliquote al costo del lavoro, privilegiando per il 2013 i lavoratori dipendenti, e dal 2014, una volta valutate le risorse disponibili, anche le imprese». Brunetta ha invece «dato atto al Governo che ci sarà una buona riscrittura del testo». Secondo il parlamentare del Pdl «sarà riscritta interamente e sarà più intelligente».

Più fondi destinati a famiglie e imprese
L’intesa prevede anche che siano indentificate le destinazioni del Fondo di 900 milioni a disposizione di Palazzo Chigi, privilegiando gli interventi per il sociale. Eventuali risorse «aggiuntive, vere e accertate derivanti spending review e dismissioni dovranno essere assegnate a uno o più fondi destinati a famiglie e imprese». Per Ciccanti, l’intesa raggiunta con il Governo è positiva: «È stato rafforzato il terzo pilastro, viene promossa l’equità attraverso la crescita». Grazie alle nuove misure si coniugano, spiega, «rigore, equità e crescita».

Il codacons: «Prendono in giro le famiglie italiane»
«Si tratterebbe di una buona notizia, se non fosse una presa in giro delle famiglie italiane». Così il Codacons commenta la decisione del governo di non aumentare l’Iva al 10%, compensando il minor gettito con il salto della riduzione delle aliquote Irpef. «La riduzione di gettito per non aver ritoccato l’aliquota del 10%, infatti, – prosegue l’associazione – é di 2,324 miliardi, a fronte di un maggiore entrata che, per la sola mancata diminuzione di un punto delle prime due aliquote Irpef é pari, per il 2013, a 4,271 mld, ossia quasi il doppio».

Il Governo, quindi, dice ancora il Codacons, «avrebbe maggior spazio per non ritoccare anche l’aliquota del 21% se non volesse nuovamente intervenire a favore delle imprese, riducendo il cuneo fiscale. Un errore, questo, colossale. Monti, infatti, si ostina a dare ossigeno ad imprese che non possono guarire fino a che gli italiani non ricominceranno ad acquistare i loro prodotti. Ecco perché andrebbero indirizzate tutte le risorse che si rendono disponibili alle famiglie e soltanto a loro».

da Il Sole 24 Ore

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