Menu

Gli ‘arancioni’ ci provano, ‘antiberlusconismo’ permettendo

Che la ‘ridiscesa’ in campo, finora solo mediatica, di Silvio Berlusconi abbia sparigliato le carte in tavola nel già confusissimo panorama politico italiano lo si vedeva ieri all’Eliseo di Roma. Già pieno alle 16, a mezzora dall’inizio dal lancio del cosiddetto Movimento Arancione, lo storico teatro romano brulicava di attivisti, giornalisti e dirigenti politici, un migliaio di persone curiose di capire cosa ne sarà del nuovo movimento politico o di ascoltare gli interventi dei loro pupilli.
Tutta l’attenzione era concentrata su alcuni interventi: quello del sindaco di Napoli ed ex magistrato Luigi de Magistris, in primo luogo. E poi di un altro magistrato, Antonio Ingroia, che però ha parlato via skype dal Guatemala. All’assemblea nazionale lanciata dall’appello ‘Cambiare si può’ e che una decina di giorni fa aveva riempito un altro teatro romano, a Testaccio, la maggior parte degli interventi aveva preso di petto le politiche di austerity di Mario Monti e aveva attaccato il sostegno dell’asse PD-SEL al progetto incarnato dal premier prefigurando la nascita di un movimento autonomo dal centrosinistra, anche se il sindaco di Napoli aveva richiamato esplicitamente la necessità di ‘fare la rivoluzione governando’ e quindi di trovare un qualche tipo di accordo con PD-SEL. 
A pochi giorni di distanza, invece, al teatro Eliseo si sono sentiti soprattutto strali contro il redivivo Berlusconi, e non sono mancati pesanti – e doverosi – attacchi nei confronti del Quirinale e del suo inquilino Giorgio Napolitano. Le critiche a Monti, al PD e a SEL sono diventate più episodiche, più sfumate, meno organiche. A dimostrazione di quanto il riemergere dello spauracchio berlusconiano sposti l’attenzione anche del nuovo movimento. A dimostrazione dell’enorme influenza che la rinata polarizzazione tra berlusconiani e ‘antiberlusconiani’ esercita anche su chi vorrebbe fondare una nuova forza politica, alternativa al quadro attuale. La sensibilità di gran parte del popolo della sinistra alle sirene dell’antiberlusconismo è forte, e mancando un chiaro riferimento sociale e di classe il nuovo aggregato non può fare a meno di aggregarsi, sfumando le critiche nei confronti di coloro che hanno gestito il paese fin qui – Monti, i suoi tecnici e il partito di Renzi e Bersani – per concentrare gli attacchi contro una destra che riaffiora nell’immaginario come pericolo, elemento di inquinamento della politica e della società, fonte di brutte figure per il paese all’estero. E soprattutto rispolverando argomenti tutti interni alla polemica etica e giustizialista nei confronti della classe politica, e sorvolando quindi su questioni chiave come il debito, il fiscal compact, il pareggio di bilancio, l’articolo 18 e così via.
Un tic che difficilmente permetterà una consonanza tra il nuovo esperimento politico e i settori popolari attaccati dalle politiche di austerità e di massacro sociale dettate dall’Unione Europea.
Non lascia ben sperare neanche il fatto che un aggregato che si dice critico nei confronti della politica-spettacolo e dei personalismi – che dominano la scena politica da Berlusconi a Grillo, da Monti a Casini – si ritrovi così totalmente in balia delle parole e dei ritmi dettati dal sindaco di Napoli. Che dimostra un carisma necessario a chi vuole emergere e bucare il muro di gomma dei media. E anche la volontà di violare alcuni tabù, in particolare quello dell’esclusione dalla vita politica e dalle istituzioni di chi ‘ha violato la legge’ ricordando il sano principio secondo il quale la legalità è il frutto momentaneo di un rapporto di forza e non necessariamente corrisponde alla giustizia. 
Ma bastava ascoltare la reazione della platea all’intervento del sindaco di Napoli per accorgersi di quanto le sorti del ‘Movimento Arancione’ dipendano quasi interamente dal suo fondatore, volto e voce. Non è un caso che praticamente tutte le cronache dei quotidiani di oggi colgano quest’elemento, sorvolando su obiettivi, proposte e contenuti del nuovo movimento. E mettendo in secondo piano il contenitore sociale e politico – ‘Cambiare si può’ – all’interno del quale gli ‘arancioni’ dovrebbero convergere insieme a forze politiche alla ricerca di un approdo che le traghetti in un parlamento sbarrato da un cancello del 4% che sembra allo stato difficile da scavalcare. E che diventerebbe proibitivo nel caso in cui De Magistris – e Ingroia – decidessero in extremis di rinunciare alla lista autonoma per cercare spazio in un asse PD-SEL che diventerebbe ancora più attraente nel caso in cui Berlusconi dovesse continuare a persistere nel suo caparbio tentativo di rimanere a galla. 
Ieri la platea brulicava di dirigenti di partito – Prc, Verdi, Idv, addirittura Pdci – in trepidante attesa di capire se la proposta si tramuterà in lista. I tempi sono stretti, strettissimi, e se la data del voto dovesse essere quella prefigurata ieri dal ministro Cancellieri – il 17 febbraio – quello di formare delle liste che accontentino tutti e raccogliere il numero sufficiente di firme per sostenerle sarebbe uno sforzo proibitivo. La fretta, è ovvio, potrebbe concedere ancora più spazio ai soggetti organizzati, a scapito della cosiddetta società civile e degli spezzoni di movimento che sembravano fino a ieri i promotori del nuovo soggetto politico. Le epurazioni nel movimento di Beppe Grillo, rumoreggiano oggi alcuni quotidiani, potrebbero portare in dono agli arancioni un pacchetto di dirigenti – e voti – ex ‘5 stelle’. Forse. 
Ma le certezze sono poche, pochissime. Soprattutto l’assemblea di ieri dell’Eliseo non ha sciolto il nodo del rapporto col centrosinistra. Lista autonoma dentro l’alleanza guidata dal PD oppure lista indipendente? Non è un dettaglio da poco…

 

Gli Arancioni alla riscossa. Guida De Magistris

Globalist

Prendere slancio dalle esperienze degli “Arancioni” nei Comuni, e spingersi più in là: vero le politiche. Riconoquistare il parlamento, almeno in qualche seggio. Ridare voce a quella sinistra radicale fatta fuori dal Pd di Veltroni e dal Porcellum. Non è facile, ma “cambiare si può”.
Oggi al Teatro Eliseo di Roma si sono dati appuntamento gli “arancioni”. E’ stato il sindaco di Napoli Luigi De Magistris a organizzare l’incontro. E’ lui, per il momento, quello che viene riconosciuto come capace di mettere insieme una lista che possa provare a correre alle politiche. Anche se la discesa in campo di Berlusconi, anticipando la caduta del governo, ha certo rotto le uova nel paniere a un progetto che mira a “rappresentare la società civile, a portare in parlamento persone che siano legate alle storie dei territori”.
Se De Magistris è il fautore degli Arancioni, il personaggio del momento rimane Antonio Ingroia. Il quale era già stato applaudito e osannato all’assemblea del movimento Cambiare si Può – prosecuzione di Alba, nata per impulso di persone come Ginsborg, Revelli, Gallino – e lo è stato altrettanto oggi, in collegamento dal Guatemala.
Applausi e grande entusiasmo quando De Magistris ha detto che lui sta “con Ingroia e non con Napolitano”. La questione delle intercettazioni nell’ambito dell’inchiesta sulla trattativa tra Stato e mafia e della sentenza della Consulta che le ha rese illegittime, è solo uno degli argomenti che scalda il cuore di un popolo di sinistra sideralmente lontano dal Pd.
Ma quel popolo è “attenzionato” da molti soggetti. Oggi si sono affacciati all’Eliseo Antonio Di Pietro, Paolo Ferrero, Oliviero Diliberto. I rappresentanti di una sinistra di partito che continua a esistere, che ha alcune diversità interne, e che però rischia di essere travolta dal “nuovismo” in voga anche tra gli Arancioni.
La strada verso la presentazione di una lista civica, comunque, è cominciata. Gli arancioni mirano a ottenere 8-10 parlamentari, e far approvare qualche riforma di quelle considerate fondamentali, a partire dai beni comuni. “Dobbiamo fare una rivoluzione civile – ha detto Ingroia -, fate, anzi, facciamo la nostra rivoluzione civile perché io sarò della partita, lo sarò dall’Italia o dal Guatemala. Sarò sempre con voi, perché negli ultimi anni la verità è stata cancellata dalla menzogna politica”

Arancioni di lotta e di governo
Francesco Piobbichi da controlacrisi.org

Sala gremita, grandi aspettative e grandi emozioni, da oggi gli “orange” sono una novità nello scenario politico italiano. Con loro c’è Ingroia che interviene dal Guatemala auspicando una rivoluzione civile, e -come attenti osservatori – Rifondazione, IDV, i firmatari di “Cambiare si può” , Verdi ed esponenti della società civile. Si rivedono anche i compagni che sbagliano come quelli del Pdci freschi dalle primarie, che tentano di rientrare in basso a sinistra dopo non aver sfondato in alto a destra. Sel non è pervenuta, come il PD che non commenta. L’idea di fare una operazione “cool” c’è tutta, ed è molto autocentrata su Luigi De Magistris. Il sito con il quale si è lanciata la giornata (www.movimentoarancione.com) è molto ben fatto, ricalca in qualche modo il modello Vendola prima maniera senza l’eccesso di personalismo che ha contraddistinto la lunga campagna delle prirmarie del presidente della Regione Puglia. Le fabbriche di Nichi sono così sostituite dalle officine arancioni. De Magistris ha giocato sull’attesa, ha voluto dimostrare la sua forza, ed ha vinto la scommessa sul terreno della visibilità anche se ha annunciato che non si candiderà. Lui è il sindaco di Napoli, e li resterà. De Magistris conclude le due ore d’interventi in cui si alternano vari soggetti della politica, del mondo del lavoro e dell’associazionismo in maniera impeccabile. Evita di finire sui temi sconttanti. Il discorso finale di “Gigino” è bello, ed è quello di un partigiano della Costituzione. Difende Ingroia e fa capire che non è più il tempo dello “scassamo tutto”, oggi c’è bisogno di costruire dice ad una platea attenta. Parla di un movimento con la schiena diritta, ma chi pensava che ieri qualcosa sarebbe successo sul tema delle alleanze rimane con la bocca asciutta. Ed è questo forse il limite dell’intera giornata. Per evitare di annoiarvi non si riportano le migliaia di voci che si rincorrono su questo tema, ma dovendo riassumerle tutte si potrebbe dire che non c’è ancora nulla di serio al riguardo. Il quarto polo insomma ha una gamba, quella del movimento arancione che traballa e non scioglie le riserve sulla questione alleanze, mentre il movimento di “cambiaresipuò”  va avanti e si territorializza. Di Pietro invece continua ogni giorno a suonare il campanello di casa Bersani, ma la porta, almeno per ora, non si apre. In poche parole l’idea che Tonino ripropone è quella di chiedere a Bersani una sorta di riproposizione della foto di Vasto con sfondo arancione cercando di “contrattare” con Bersani l’inversione ad U rispetto all’agenda Monti. De Magistris sembra in sintonia con questa richiesta di dialogo, attende e con lui attendono come una catena di Sant’Antonio anche il Pdci e, in qualche modo i Verdi. Da vedere tra l’altro, se questa apertura di dialogo avvenga prima o dopo le elezioni politiche, non è dato quindi sapere cosa faranno gli arancioni e cosa deciderà il loro leader. Chiudere un accordo con il PD chiedendo di abbandonare l’agenda Monti è di fatto una sorta di missione impossibile dati i tempi, e – detto da chi scrive – anche abbastanza lontana dalle scelte di fondo del PD riconfermate dall’intervista di Bersani sul Wall Street Journal. Pesa il giudizio dei mercati per un eventuale allargamento a sinistra, pesano i veti dei centristi del pd, ed ancora di più  gli attacchi a Giorgio Napolitano ritenuti da molti come macchia indelebile . A prova dell’ostilità del campo progressista si riporta a titolo di esempio l’articolaccio di Conchita Sannino su Repubblica.it che invece di riportare un’assemblea che aveva tutto un altro segno inquadra come elemento centrale della giornata gli attacchi a Giorgio Napolitano di De Magistris e Sonia Alfano . Una polemica questa che non fa che complicare i piani di chi prova ad aprire un’alleanza competitiva con il PD al di fuori del meccanismo delle primarie. Ma il quarto polo non è soltanto tattica, e in questi giorni molto si muove, l’appello di “cambiaresipuò” pur in un contesto “caotico ” sta espandendosi nei territori. Ad oggi, le assemblee previste per le giornate del 14 – 15 – 16 dicembre sono circa un centinaio in tutto il territorio italiano e dovranno dare il via dal basso alla giornata del 22 dicembre che deciderà come proseguire il percorso della presentazione di una lista alternativa in tempi brevissimi. Questo percorso si dice è intrecciato alla lista arancione, stride però la richiesta di democrazia e partecipazione delle assemblle con la trattativa nelle sedi chiuse che qualcuno sta facendo per capire dove collocarsi. Un tema questo che in molti sollevaranno nelle assemblle dove si fa strada l’ipotesi di decidere tutto sulla base di una testa un voto.  Un meccanismo questo che potrebbe diventare interessante, dato che a differenza del PD non dovrebbe decidere semplicemente i candidati ed il capolista ma anche un programma partecipato, frutto di assemblee territoriali che rimettono al centro la politica come metodo di azione collettiva.
 
Gli Arancioni all’Eliseo, attacco a Napolitano

Conchita Sannino – La Repubblica

Tira fuori un mattoncino “Lego” (naturalmente) arancione. Il sindaco Luigi de Magistris lo mostra alle telecamere che si accalcano prima dei tg nel foyer del teatro Eliseo di Roma. La sala è gremita, qui nasce stasera ufficialmente il Movimento Arancione per la costruzione di una lista che correrà alle politiche. “Vedete? Questo mattoncino me lo ha regalato un ragazzo  –  dice de Magistris – ed ha un senso perché noi non vogliamo frantumare, vogliamo costruire. Noi siamo distanti dai partiti, ma non siamo contro i partiti”. Bel passo per chi ha costruito la sua leadership a Napoli sul merito di avere “scassato”. Ma de Magistris ora guarda al paese, si riferisce evidentemente alle sue macerie di coesione sociale, e alle polveri dell’antipolitica che, dice, non intende cavalcare. Né si candiderà, ripete: “Resto sindaco”.
Poi arriva l’attacco al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, anche se de Magistris non lo cita mai per nome: “Io mi schiero con i magistrati di Palermo, con Di Matteo e Antonio Ingroia e non con chi ha fatto il ricorso per evitare che venga fatta luce sulla trattativa stato-mafia. I pm di palermo – aggiunge de Magistris- sono entrati nella stanza buia, una stanza che era molto buia. Quando hanno cominciato a fare luce, ad accendere qualche lampadina, chi doveva accendere l’interruttore e mettere le lampadine, chi doveva dire le apro io le stanze chiuse perché io rappresento le istituzionì, ha staccato l’interruttore”.
Per questo, dice il sindaco di Napoli, “bisogna schierarsi. Altrimenti noi non sapremo mai la verità sulla stagione delle bombe. Perchè non è un paese normale, quello in cui i magistrati che applicano l’articolo 3 della Costituzione se ne devono andare in Guatemala. Dobbiamo liberare il paese dalle masso-mafie che occupano i palazzi del potere”.
A chi gli chiede se andrà sì o no con la coalizione di centrosinistra non risponde, forse non sente, forse non è ancora il tempo. “Per ora stiamo lanciando il Movimento  –  sottolinea  de Magistris –  poi si vedrà la lista. Ma mi auguro ci siano tante donne e uomini rappresentative della capacità del paese di rialzarsi, di dimostrare che la politica se la fanno le persone pulite e con il talento può essere una grande opportunità”.
In platea, oltre al vicesindaco Tommaso Sodano, agli assessori Sergio D’Angelo e Alberto Lucarelli, c’è il leader Idv Antonio Di Pietro e la sua eurodeputata Sonia Alfano, c’è il leader di Rifondazione Paolo Ferrero e l’ex ministro Diliberto, e poi il direttore di Rai Tre Loris Mazzetti, il regista e produttore Gaetano Di Vaio, altri volti di attivisti napoletani. Ma la “stella” del movimento è il magistrato Antonio Ingroia. Parla in collegamento dal Guatemala.
“Dobbiamo fare una rivoluzione civile – dice –  fate, anzi, facciamo la nostra rivoluzione civile perchè io sarò della partita, lo sarò dall’Italia o dal Guatemala. Sarò sempre con voi, perchè negli ultimi anni la verità è stata cancellata dalla menzogna politica. In Italia – ha aggiunto Ingroia – siamo in una situazione difficile dopo un ventennio devastante, quello berlusconiano, che ha lasciato dei disastri, delle macerie: della credibilità politica, dei valori come la giustizia, l’uguaglianza, la verità perchè la menzogna è diventata verità”. Di fronte a tutto questo, dice ancora Ingroia, “abbiamo bisogno di una scossa, una società civile che si metta in campo, serve un atto di responsabilità da parte della società civile che deve salvare questo paese, ormai sull’orlo del precipizio”.
La platea letteralmente esplode di acclamazione quando la Alfano di Idv, dal palco – in uno dei tanti interventi che si susseguono con il gong che scatta implacabile dopo 5 minuti – attacca con parole dure la recente sentenza della Consulta per avere “approvato a scatola chiusa le istanze del Quirinale, perché non è possibile quello che abbiamo visto in questi giorni”. Sottinteso: contro i magistrati palermitani che indagano sulla trattaviva Stato-Mafia. La Alfano rincara: “Mi auguro che tra poco sarà eletto un presidente della Repubblica degno di questo nome che sappia difendere i magistrati”. Boato della sala. Applausi un po’ meno scroscianti accolgono gli attacchi contro Berlusconi, Dell’Utri, Contrada.

Movimento arancione, de Magistris: pronto a una lista orizzontale e con le mani pulite

Simona Brandolini – Corriere del Mezzogiorno

Alle 16 il teatro Eliseo è già pieno. Ci sono in tanti al battesimo del movimento arancione di Luigi de Magistris. In sala arrivano Di Pietro dell’Idv, Ferrero (Rifondazione), Diliberto (Comunisti italiani) e Bonelli (Verdi) per ascoltare quella che si annuncia come la «Riscossa democratica». Nell’Eliseo pieno come un uovo, c’è mezza giunta comunale di Napoli, con Alberto Lucarelli che sospira: «Qui c’è voglia di sinistra».
A dispetto della data palindromo, 12-12-2012, tutti immaginano e sperano in un destino fortunato per il movimento capitanato dall’energico sindaco di Napoli. Lo sostiene con forza il produttore cinematografico Gaetano Di Vaio: «Gigino ha le palle!». Ma lui fa capolino e dice: «Non mi candido, faccio però la lista e nessun apparentamento con i partiti». E il pm Antonio Ingroia, ospite speciale in diretta dal Guatemala (e in odore di candidatura), aggiunge: «Il Paese ha bisogno di noi. Per quanto mi riguarda, sarò certamente della partita»
Una lista «orizzontale» che potrebbe presentarsi alle prossime elezioni e che individui «il suo leader nel territorio». De Magistris ripete che non si candiderà personalmente e continuerà a fare il sindaco di Napoli. «Io non mi candiderò – dice – continuerò a fare il sindaco, anche perché credo sia ora di dire basta ai partiti personali dei Berlusconi, dei Di Pietro, dei Casini, dei Fini. Ci vogliono partiti di persone che hanno la loro storia sul territorio e i leader li devono decidere i cittadini sul territorio».
Aggiunge che l’iniziativa di lanciare il movimento (che «sarà un po’ anarchico») «prescinde dalla campagna elettorale, anche se molto probabilmente ci sarà una lista di cittadini che intendono impegnarsi personalmente. È necessario schierarsi – prosegue – ci rivolgiamo a tutti quei cittadini che hanno le mani pulite affinché non le tengano più in tasca. Oggi inizia formalmente un percorso – conclude De Magistris – che da qui cominciamo a organizzare. La prima cosa da fare è abolire il segreto di Stato sulle stragi di mafia». Questo movimento sarà «distante dai partiti ma non necessariamente contro i partiti». In sintonia con lui il giornalista Oliviero Beha, lo scrittore-giornalista Loris Mazzetti e l’eurodeputato Sonia Alfano.
«L’Italia dei valori – dice Antonio Di Pietro che ha lanciato de Magistris nell’agone politico – sta lavorando per costruire una coalizione e una lista unitaria che, preso atto della vittoria di Bersani alle primarie, lo convinca a non aprire o a non “sbragarsi” con quelli che lui chiama moderati. Ma che sono semplicemente degli inciucisti che, pur di rimanere incollati alla poltrona, fanno finta oggi di opporsi al governo Monti ma che domani porteranno avanti le stesse azioni politiche e programmatiche che ha portato avanti prima Berlusconi e poi Berlusconi travestito da Monti».
Rifondazione Comunista è addirittura pronta a rinunciare a proprio simbolo per costruire una alleanza con il «Movimento arancione», l’Idv, i Verdi e il mondo delle associazioni. Lo dice il leader del Prc, Paolo Ferrero. «Salutiamo positivamente la nascita del Movimento arancione – ha detto Ferrero – e lanciamo la proposta di costruire tutti insieme un quarto polo contro le politiche di Monti, anche rinunciando al nostro simbolo».

- © Riproduzione possibile DIETRO ESPLICITO CONSENSO della REDAZIONE di CONTROPIANO

Ultima modifica: stampa

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *