Nuova, pesantissima condanna contro alcuni attivisti che il 15 ottobre del 2011 parteciparono alla manifestazione dei cosiddetti ‘indignati italiani’. In realtà un corteo indetto da un vasto arco di organizzazioni politiche, sindacali e sociali che andava dalle posizioni antagoniste più radicali a pezzi consistenti del centrosinistra. La manifestazione degenerò subito in violenti scontri con la polizia, che si acuirono in Piazza San Giovanni dove ci fu una vera e propria battaglia tra migliaia di manifestanti e le forze dell’ordine dopo che queste erano violentemente intervenute con manganelli, gas lacrimogeni e addirittura idranti contro spezzoni di massa della manifestazione.
Ed oggi il tribunale di Roma ha condannato a ben sei anni di reclusione, con rito abbreviato, sei giovani accusati di essere tra i protagonisti dell’assalto a un blindato dei carabinieri proprio in Piazza San Giovanni. Blindato preso a sassate e poi incendiato, mentre qualcuno scriveva slogan in ricordo di Carlo Giuliani sulla carrozzeria del mezzo. L’accusa per tutti gli imputati era di devastazione e saccheggio, resistenza e lesioni a pubblico ufficiale pluriaggravata.
Il gup di Roma, Massimo Battistini, ha inflitto la pena a Davide Rosci, di 30 anni di Teramo,Marco Moscardelli, 33 anni di Giulianova, Mauro Gentile, 37 anni di Teramo, Mirko Tomasetti, 30 anni svizzero di Baden, Massimiliano Zossolo, romano di 28 anni, e Cristian Quatraccioni, 33 anni di Teramo.
Per tutti il pubblico ministero Simona Marazza aveva chiesto l’iperbolica reclusione di otto anni. Il gup ha inoltre disposto una provvisionale per il risarcimento del danno di trentamila euro ciascuno per il carabiniere aggredito – che era alla guida del mezzo assaltato – e il ministero della Difesa.
I condannati, che erano stati arrestati nell’aprile del 2012, si trovano attualmente agli arresti domiciliari.
”L’attribuzione agli imputati del delitto di devastazione e saccheggio – ha commentato l’avvocato Maria Cristina Gariup, che difende alcuni degli imputati – non è condivisibile. Si tratta di una responsabilità oggettiva della quale manca la prova materiale. Non c’è la prova di quanto contestato agli atti”. ”Le sentenze vanno rispettate – ha detto l’avvocato Filippo Torretta, altro difensore – attendiamo le motivazioni per fare ricorso ma al momento riteniamo che giustizia non sia stata fatta”.
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