NAPOLI — L’indignazione di uno dei presenti in platea, espressa in una lettera al Corriere del Mezzogiorno, ha acceso i riflettori sulla presentazione napoletana del libro dell’ex brigatista rossa Barbara Balzerani. Nel corso della serata, nella libreria-caffè letterario «Evaluna» in piazza Bellini, lo scrittore Erri De Luca è andato giù pesante a proposito degli anni di piombo. L’autore della lettera ha citato tra virgolette le espressioni usate: «Le Brigate rosse non possono considerarsi un gruppo di terroristi. Terrorista è infatti chi mette una bomba su un treno, terrorizzando, appunto, la gente comune». Parole dure, pesanti, difficili da digerire. Che meritano, comunque, una spiegazione.
De Luca, chi ci ha scritto ha confessato di averle gridato di vergognarsi. Cosa replica?
«Preferisco non replicare a quella persona che ha avuto una legittima reazione nell’ambito di un dibattito su argomenti ancora vulnerabili. Di quella affollata e lunga presentazione, la sua è stata l’unica espressione di quel genere. Ora, delle due l’una: o tutti gli altri presenti erano miei complici, oppure si è trattato di una sensibilità ferita alla quale non mi sento di rispondere ».
Passiamo allora al merito. I brigatisti rossi non furono terroristi?
«Siccome sono fissato per la lingua italiana cerco di essere preciso. In gioventù spesso ho preferito utilizzare la parola più agitata rispetto a quella più esatta. Ora cerco di fare il contrario. Dunque, terrorismo è l’atto di chi vuole distruggere e terrorizzare il maggior numero di persone indifese. Da questo punto di vista, considero terroristico il bombardamento di una città, da Guernica in poi. Considero, invece, la lunga stagione della lotta armata in Italia una faccenda che si distingue dal terrorismo per un semplice risultato: il terrorismo che ha messo le bombe nelle banche, sui treni e nelle piazze è rimasto impunito. Ai suoi responsabili è stata garantita l’impunità mentre tutti quelli che io comprendo nella categoria della lotta armata sono stati identificati, processati e condannati. Questo è il mio vocabolario personale. Non pretendo che venga condiviso».
Il rapimento di Aldo Moro, l’uccisione degli uomini delle scorta non sono stati aggressioni di persone indifese?
«No. Perché la scorta era composta di uomini armati. Attenzione, stiamo ragionando ancora di definizioni. Nello specifico, penso che durante quella stagione ci sono stati caduti da entrambe le parti».
Caduti, come in una guerra?
«Io la considero una piccola guerra civile. Piccola dal punto di vista del numero dei caduti. Ma non piccola se si considerano i militanti condannati per banda armata: sono stati incriminati in migliaia».
Molti storici sono restii a definire guerra civile gli scontri che ci furono in Italia dopo l’8 settembre del 1943. Per lei di cosa si trattò?
«Quella fu una guerra civile all’interno di una guerra guerreggiata. Fu una guerra tra eserciti». Il nostro lettore ha affermato che lei avrebbe lasciato intendere di non essere stato troppo lontano dalla lotta armata. «Anche su questo occorre essere chiari. Lotta continua, nella quale ho militato, è stata un’organizzazione della sinistra rivoluzionaria italiana che ha sostenuto le lotte armate di tutti popoli, dal Vietnam al Cile. Abbiamo avuto anche contatti personali col mondo rivoluzionario di allora. Non eravamo mica pacifisti. I rivoluzionari ammettono per definizione l’uso delle armi. Lc è stata differente dalle formazioni clandestine perché considerava l’uso delle armi una dannata necessità secondaria mentre le formazioni clandestine lo consideravano come l’unica manifestazione politica. Tanto per capirci, gran parte di Prima linea al Nord è stata formata da ex militanti di Lc».
Non ha provato imbarazzo per alcune uccisioni avvenute nell’ambito della lotta armata?
«Certamente ci sono stati processi e omicidi sommari dentro le carceri. Quelli sono episodi tristi. E, per di più, stavano dentro la logica della sconfitta. C’è stato un militante, mi pare che fosse Giorgio Soldati, che venne ammazzato perché sotto tortura aveva fatto i nomi di alcuni compagni. All’epoca lo Stato si arrogava il diritto di praticare la tortura nei confronti dei detenuti politici. Soldati fu ammazzato in carcere da altri compagni. E quando venne circondato disse: ‘Fate presto, compagni’».
E gli uomini delle scorte uccisi?
«Li considero caduti, alla stessa stregua dei caduti della sinistra rivoluzionaria e di alcune persone ammazzate per errore nel corso di azioni. Vittime alla pari di quella stagione, di quella guerra civile italiana ».
Possibile che uno scrittore così sensibile, così attento alle sfumature dell’animo umano, non provi pietà particolare per delle persone uccise?
«No, di certe cose si può solo ragionare in termini politici. È chiaro che se, poi, si entra nel personale si finisce per buttarsi i lutti in faccia. Ma sulla delicata e travagliata questione dei parenti delle vittime, mi faccia aggiungere un’altra cosa».
Prego.
«I parenti delle vittime, uccise da Savasta e Viscardi, pentiti e autori di un gran numero di omicidi in quel periodo, hanno visto queste due persone libere subito. I parenti delle vittime di tutti quelli che si sono dissociati in carcere dalla lotta armata hanno visto i responsabili uscire molto prima dei termini di condanna. Allora, quando si parla dei parenti delle vittime bisognerebbe ricordare che la maggior parte di loro è stata tradita dallo Stato e dalla leggi speciali».
Rispetto a quella stagione chi è oggi Erri De Luca?
«Mi sento ancora coinvolto perché ci sono ancora detenuti per reati politici che, come scrivo in una mia poesia, scontano il Novecento anche per me. Finché ce ne sarà anche uno solo recluso per aver partecipato a quella stagione, io non mi posso congedare. Rispetto a tutta questa storia sono uno in sospeso ».
25 giugno 2009. dal Corriere del Mezzogiorno
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morlia
L’unico terrorismo in Italia è stato quello fascista con le bombe sull’Italicus a Brescia, Milano e Bologna dove i morti sono stati lavoratori, e lavoratrici, pensionati studenti e bambini decine di processi nessun colpevole!!!!!!!!!!!!
Giuseppepasqua
Condivido in pieno con Erri de Luca lo storico momento.ma la lotta continua sempre lotta ai regimi contro l’oppressione dei popoli.giuse
GIUSEPPE
Se nn ci fossero state le stragi di stato impunite probabilmente la maggior parte dei compagni coinvolti nella lotta armata nn avrebbero fatto quella scelta..