E’ l’ammissione di colpa da parte dello Stato per via alquanto indiretta. Le cause penali – dovendo proteggere i vertici militari e politici di allora . non hanno portato ad alcun risultato chiaro.
La causa civile, al contrario, ha riconosciuto che la tragedia è stata provocata da un missil e non da un “cedimento strutturale” né da un’esplosione interna al Dc9 Itavia con 81 persone a bordo.
In questi altri due casi infatti, la responsabilità del risarcimento sarebbe ricaduta sulla compagnia (ormai scomparsa) o sul costruttore dell’aereo. In caso di una bomba, invece, il carico economico del risarcimento sarebbe andato a chi gestiva i sistemi di sicurezza dell’aeroporto di Bologna, da cui l’aereo era partito.
Lo Stato, insomma, poteva venir chiamato in causa solo in caso di un missile sparato da aerei “nemici” o comunque non autorizzati a stare – armati – nello spazio aereo dell’incidente. Lo Stato italiano deve dunque risarcire i familiari delle vittime per non aver garantito, con sufficienti controlli dei radar civili e militari, la sicurezza dei cieli.
Un compromesso politico costruito nel corso di 33 anni, dunque, ma che almeno non si conclude – come per la starge di piazza Fontana . con l’insulto ai parenti delle vittime (lì condannate al pagamento delle spese processuali).
E’ appena il caso di sottolineare che questo “Stato della vergogna” è anche quello che pretende di “cercare la verità”. Con risultati veramente ignobili…
Alcuni dati nella ricostruzione di Wikipedia_
Ricostruzione dell’accaduto
- Alle 20:08 del 27 giugno 1980 il volo IH870[8] decolla da Bologna diretto a Palermo due ore dopo il previsto, perché ha accumulato ritardi nei voli precedenti[9]; una volta partito, si svolge regolarmente nei tempi e sulla rotta assegnata (lungo l’aerovia “Ambra 13”) fino all’ultimo contatto radio[10], tra velivolo e controllore procedurale di Roma Controllo, che avviene alle 20:59.
- Alle 21:04, chiamato per l’autorizzazione di inizio discesa su Palermo, dove era previsto arrivasse alle 21:13, il volo IH870 non risponde. L’operatore di Roma reitera invano le chiamate; lo fa chiamare, sempre senza ottenere risposta, anche da due voli dell’Air Malta, KM153, che segue sulla stessa rotta, e KM758[11], oltre che dal radar militare di Marsala e dalla torre di controllo di Palermo. Passa senza notizie anche l’orario di arrivo a destinazione, previsto per le 21:13.
- Alle 21:25 il Comando del soccorso aereo di Martina Franca assume la direzione delle operazioni di ricerca, allerta il 15º Stormo a Ciampino, sede degli elicotteri Sikorsky HH-3F del soccorso aereo.
- Alle 21:55 decolla il primo HH-3F e inizia a perlustrare l’area presunta dell’eventuale incidente. L’aereo è ormai disperso.
- Nella notte numerosi elicotteri, aerei e navi partecipano alle ricerche nella zona. Solo alle prime luci dell’alba viene individuata da un elicottero del soccorso aereo, alcune decine di miglia a nord di Ustica, una chiazza oleosa. Poco dopo raggiunge la zona un Breguet Atlantic dell’aeronautica e vengono avvistati i primi detriti ed i primi cadaveri. È la conferma che il velivolo è precipitato; in quella zona del mar Tirreno la profondità supera i tremila metri.
Scatola nera e comunicazioni audio
Il flight data recorder (FDR) dell’aereo[17] aveva registrato dati di volo assolutamente regolari: prima della sciagura la velocità era di circa 323 nodi, la quota circa 7 630 m (25 000 piedi) con prua a 178°, l’accelerazione verticale oscillava senza oltrepassare 1,15 g. La registrazione del tranquillo dialogo tra il comandante Domenico Gatti e il copilota, che si raccontavano barzellette, restituito dal cockpit voice recorder (CVR), si interruppe improvvisamente e senza alcun segnale allarmante che precedesse la troncatura.
Gli ultimi secondi dal CVR:
- «Allora siamo a discorsi da fare… […] Va bene i capelli sono bianchi… È logico… Eh, lunedì intendevamo trovarci ben poche volte, se no… Sporca eh! Allora sentite questa… Gua…»
La registrazione si era fermata tagliando l’ultima parola. Questo particolare potrebbe indicare un’improvvisa interruzione dell’alimentazione elettrica.
Tracce di esplosivi
Sui pochi resti disponibili i periti rinvennero tracce di esplosivi.
Nel 1982 una perizia eseguita da parte di esperti dell’aeronautica militare italiana, trovò solo T4, esplosivo plastico presente nelle bombe. Nella relazione della Direzione laboratori dell’A.M. – IV Divisione Esplosivi e Propellenti (Torri) del 5 ottobre 1982 (parte I, Libro I, Capo I, Titolo III, capitolo III della sentenza ordinanza del giudice istruttore) la causa dell’incidente viene individuata nella detonazione di una massa di esplosivo presente a bordo del velivolo, in ragione della rilevata presenza su alcuni reperti di tracce di T4, e dell’assenza di tracce di TNT[38].
La perizia dell’Aeronautica Militare venne seguita da una controperizia dell’accusa[39]. La seconda repertazione, nel 1987, trovò T4 e TNT su di un frammento dello schienale nº 2 rosso[40]: la Perizia chimica Malorni Acampora del 3 febbraio 1987 (disposta dal giudice istruttore nel corso della perizia Blasi: parte I, Libro I, Capo I, Titolo III, capitolo IV pag. 1399 e ss. della sentenza ordinanza del giudice istruttore) rileva la presenza chiara e inequivocabile sia di T4 che di TNT (sempre nel frammento dello schienale nº 2 rosso), miscela la cui presenza è tipica degli ordigni esplosivi[38][41]. Queste componenti di esplosivi, solitamente presenti nelle miscele di ordigni esplosivi, hanno indebolito l’ipotesi di un cedimento strutturale, come era stato ipotizzato il 28 gennaio 1981 da una commissione nominata dal ministro dei trasporti Formica[42].
L’acclarata presenza di esplosivi indeboliva l’ipotesi di cedimento strutturale, tanto più per cattiva manutenzione. Ciò aprì, in epoche successive, spiragli per richieste di risarcimenti a favore dell’Itavia, cui il ministro dei Trasporti Formica aveva revocato la concessione dei servizi aerei di linea.
Secondo le rivelazioni di due cablogrammi (cable) (03ROME2887[43] e 03ROME3199[44]) pubblicati sul sito WikiLeaks, l’allora ministro per le relazioni con il parlamento, Carlo Giovanardi, difese in Parlamento la versione della bomba, paragonandola a quella della strage di Lockerbie[45], per tentare di negare le responsabilità americane[46]. Ma in un’intervista rilasciata ad AgoraVox Italia Giovanardi smentisce la versione dell’ambasciata statunitense in cui si legge che lo stesso avrebbe espresso la sua volontà di “mettere a tacere” le ipotesi sulla strage di Ustica[47][48]. Le esternazioni di Carlo Giovanardi al Museo della Memoria di Ustica, sono state contraddette dal Presidente dell’Associazione parenti delle vittime della strage di Ustica[49]
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