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il “bivacco” dei voti in vendita

Di una vicenda così ci occupiamo soltanto per evidenziare alcuni aspetti “istituzionali”. Lo squallore è quello che si conosce, e che ha portato milioni di persone a infilare nell’urna elettorale un voto a Grillo e ai suoi sconosciuti ragazzotti.
La sottolineatura nostra parte obbligatoriamente dalla legge elettorale, senza la quale alcune operazioni o non sarebbero state possibil, o comunque si sarebbero rivelate più complicate.
Sappiamo che con il “porcellum” l’elettore può solo scegliere la lista per cui votare. Chi verrà eletto è stato deciso prima dai “capi” del partito o movimento. In questo modo i capi hanno potuto scegliere i più fidati, o chi portava loro più voti con le clientele locali (la parabola d'”er Batman” è indicativa), o persino le amanti in carica o ex (inutile far la lista).
Con questa legge, dunque, il Parlamento era già stato ridotto a un “bivacco di manipoli”, come nella celebre definizione di “Mussolini nonno”. Ma allora questo significava trasformare un’istituzione rappresentativa con compiti legislativi in organo di ratifica delle decisioni prese dal “duce” assolutisticamente.
Oggi, senza bisogno di drappelli militari e olio di ricino, il Parlamento è decaduto nella stessa condizione. Soltanto che ora basta sventolare un congruo assegno sotto il naso del deputato o senatore per raggiungere lo stesso obiettivo.
Come già spiegato su queste pagine, l’irruzione di oltre 150 “parlamentari vergini”, selezionati – lasciatecelo dire – in modo alquanto superificiale (le preferenze in rete sono un metodo che nessuno oserebbe definire “democratico a prova di bomba”), non elimina affatto questa debolezza costitutiva di un’assemble “ben poco rappresentativa”. Anzi. Ne è consapevole lo stesso Grillo, che già ha parlato di pericolo di “scilipotizzazione”.

Ultim’ora:
Sergio De Gregorio sarebbe stato “costretto a mentire”. E’ quanto ha in sostanza affermato Silvio Berlusconi al termine delle sue dichiarazioni spontanee al processo Mediaset a Milano a proposito delle dichiarazioni rese dal parlamentare ex Idv e passato nel 2006 a Forza Italiai.
Berlusconi, rispondendo ad alcune domande sull’inchiesta di Napoli, ha affermato che i magistrati hanno detto a De Gregorio: ”O dici delle cose su Berlusconi o ti mettiamo in galera”. E sul concetto il leader del Pdl, ora indagato per corruzione e finanziamento illecito ai partiti dai pm napoletani, ha anche affermato che De Gregorio ha reso ”dichiarazioni gradite ai pm e lo ha fatto contravvenendo a quello che aveva detto in Parlamento e nel corso di dichiarazioni pubbliche”.
Nemmeno Totò Riina ha provato a dire altrettanto di un “pentito”. E forse anche in queste dichiarazioni un “profumo di reato” aggiuntivo sembra esserci…

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Per la bruta cronaca, basta e avanza l’articolo da IlSole24Ore.

Berlusconi comprò i voti dei senatori

di Simone Di Meo
Il punto d’incontro tra domanda e offerta si è attestato su tre milioni di euro. È l la cifra che sarebbe stata pagata da Silvio Berlusconi all’allora senatore dipietrista Sergio De Gregorio per minare alle fondamenta il fragile governo Prodi e tornare alle urne. Riscrive la recente storia d’Italia l’inchiesta della Procura di Napoli che ha portato a indagare Berlusconi per corruzione e finanziamento illecito ai partiti. A confessare il «patto criminale», come lo definiscono i pm, è lo stesso De Gregorio (anche lui indagato insieme a Valter Lavitola) nel corso di tre interrogatori. «Già dopo il voto che mi vide eletto presidente della commissione Difesa , l discussi a palazzo Grazioli con Berlusconi di una strategia di sabotaggio, della quale mi intesto tutta la responsabilità» ha messo a verbale il parlamentare, su cui ancora pende una richiesta d’arresto ai domiciliari, bocciata da Palazzo Madama, nell’inchiesta sulle truffe sui fondi per l’editoria. De Gregorio ha ammesso di aver «partecipato a quella cosiddetta operazione Libertà che era indirizzata a ribaltare il governo Prodi, nella quale e per la quale io ricevetti dei finanziamenti» anche in contanti. L’accordo «si consumò nel 2006… il mio incontro a palazzo Grazioli con Berlusconi servì a sancire che la mia previsione di cassa…era di 3 milioni e immediatamente partirono le erogazioni… Ho ricevuto 2 milioni in contanti da Lavitola a tranche da 200/300mila euro» mentre un milione di euro sarebbe stato corrisposto direttamente all’associazione Italiani nel mondo, che al senatore napoletano faceva riferimento.

Le rivelazioni di Sergio De Gregorio chiudono il cerchio sugli spunti investigativi che i magistrati titolari del fascicolo Piscitelli, Curcio, Milita e Woodcock, hanno raccolto indagando proprio sul faccendiere, ex direttore dell’Avanti!, in carcere per una tentata estorsione al Cavaliere e per le truffe sui fondi all’editoria. Lavitola sarebbe l’autore di due lettere rinvenute sul pc dell’imprenditore Carmelo Pintabona, anche lui indagato per la tentata estorsione all’ex premier, indirizzate a Berlusconi ma mai recapitate, in cui l’ex giornalista si autodenunciava, scrivendo nero su bianco, di essere stato l’intermediario della compravendita di senatori e di aver trattato il dossier De Gregorio in particolare: «Lei era in debito per aver io “comprato” De Gregorio» dice Lavitola a Berlusconi. Nelle missive gli ricorda «che Forza Italia concesse all’Avanti un finanziamento di 400mila euro nel 2008; altro non era che il rimborso di soldi che Lei mi aveva autorizzato a dare a De Gregorio nel 2007 (se ne occuparono Ghedini e Crimi)». «Sono stato io a convincerla – si legge ancora nella lettera di Lavitola – a tentare di comprare i senatori necessari a far cadere Prodi. Ciò in un viaggio verso Reggio Calabria in aereo, per una manifestazione di De Gregorio, presente Valentino (consigliere di Berlusconi)». L’interrogatorio di Berlusconi è stato fissato per il 5 marzo mentre si dovrà ancora attendere qualche giorno per l’avvio dell’iter di autorizzazione all’apertura di una cassetta di sicurezza sequestrata dalla Finanza ieri mattina, che i pm ritengono nella disponibilità di Berlusconi. Attribuzione, quest’ultima, contestata dall’avvocato del Cavaliere, Niccolò Ghedini, che, pur assicurando piena collaborazione con l ‘ lautorità giudiziaria, ha chiarito che si tratta di una cassetta in uso al Pdl. I magistrati, nella richiesta inviata al Parlamento, intendono anche acquisire i tabulati telefonici delle utenze in uso a Berlusconi e a De Gregorio.

Agli atti si trovano anche le dichiarazioni dell’ex commercialista di De Gregorio, Andrea Vetromile, il quale lha parlato di soldi dati al senatore perché passasse nelle fila del centrodestra. L’inchiesta, comunque, è tutt’altro che conclusa visto che i pm ipotizzano l’esistenza di un disegno che avrebbe dovuto coinvolgere anche altri parlamentari «in corso di precisa identificazione». Secondo il capo di imputazione Berlusconi, nella sua veste di leader del centrodestra, sarebbe stato «istigatore prima ed autore materiale poi» di una strategia «di erosione della ridotta maggioranza numerica che sosteneva l’esecutivo». Una strategia resa possibile dal pagamento di vere e proprie mazzette mascherate «da contributo partitico» e dalla consegna di due milioni «in modo occulto e in nero» e «dilazionato e cadenzato nel tempo» così «da assicurarsi l’effettivo e progressivo rispetto del patto criminale». Accuse che il legale di Berlusconi bolla come «totalmente destituite di ogni fondamento» in quanto si è trattato di un «accordo politico alla luce del sole tra Forza Italia e il senatore De Gregorio».

TUTTI I PROCESSI

Un calendario fitto
Silvio Berlusconi ha ricevuto dalla Procura di Napoli un invito a presentarsi per rendere interrogatorio il 5 marzo. Una convocazione che complica ulteriormente un calendario di udienze già da primato dopo le sospensioni per legittimo impedimento legate agli impegni elettorali del leader del Pdl: a Milano, nelle vesti di imputato, l’ex premier dovrebbe comparire 10 udienze in 23 giorni
Berlusconi renderà oggi dichiarazioni spontanee nel processo di appello sui diritti Mediaset (in primo grado è stato condannato per per frode fiscale)
Lunedì, con la deposizione del pm minorile Annamaria Fiorillo, si ritornerà nell’aula del dibattimento sul caso Ruby
Il primo verdetto su Berlusconi dovrebbe arrivare il 7 marzo nel processo che riguarda l’intercettazione Fassino-Consorte: per l’ex presidente del Consiglio è stato chiesto un anno di carcere per concorso in rivelazione di segreto d’ufficio


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