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Cleopatra, o la gestione della paura

Che in autunno piova è una banalità. Che i fenomeni atmosferici stiano aumentando di intensità, anche. Il motivo per cui accade è il riscaldamento globale (ma questo viene detto solo in alcune trasmissioni in orari improbabili, perché mette in discussione il nostro “modello di vita” e quindi il modo di produzione capitalistico). Aggravato, nei paesi del “piccolo è bello” e “ognuno padrone a casa sua”, da una straordinaria noncuranza per la manutenzione del territorio e la selezione accorta della edificabilità.
Che ci siano molti motivi di preoccupazione esistenziale, per la popolazione in genere, e per il lavoro dipendente in particolare, non è neppure una novità, dopo cinque anni di crisi economica. Un po’ di mobilitaziuone, ancor ainsufficiente, comincia a essere in preparazione.
Un governo criminogeno sta approfondendo il solco tra chi ha molto e chi ha poco, comprimendo consumi, riducendo i redditi, aumentando le tasse a chi non può evadere (il lavoro dipendente, stabile o precario che sia, e i pensionati). Il rischio, naturale, è che la preoccupazione sociale si rivolga verso il più naturale e politico dei bersagli: il governo, appunto.
E allora cosa c’è di meglio che dirottare le paure verso “la natura matrigna”? E quindi avanti con le immagini di sacchetti di sabbia lungo gli argini di un canale secondario (che dopo un anno non è stato ancora messo in sicurezza o dragato), avanti con l’immagine (solo quella) di un governo sollecito e preveggente.
Si dice: meglio esagerare un po’ con l’allarme, piuttosto che rimanere sorpresi da un evento metereologico pesante. Vero soltanto in piccola parte. Le previsioni meteo sono per natura ancora molto incerte, bastano piccoli spostamenti di alcune variabili e una perturbazione si rivela meno o più grave, oppure cambia percorso. Ma stanno comunque diventando passo dopo passo molto più precise, grazie al lavoro di scienziati e ricercatori che anche questo governo considera un “costo” da tagliare anziché una risorsa preziosa. E’ insomma possibile mettere in moto una macchina organizzativa adeguata al problema reale, anziché dar fiato alle fanfare dell’allarmismo terroristico a vantaggio di telecamera.
Invece, in questa Italia esattamente come in quella berlusconiana, sembra esistano solo due modalità: o non si fa nulla o si grida alla catastrofe. La gestione quotidiana e misurata del territorio e dei suoi problemi non esiste. Esistono solo le “emergenze”, che permettono di attivare modalità di governo (pardon, di governance) che bypassano sistematicamente le ordinarie procedure democratiche.
Un modo tutto politico e sbirresco di “tutelare” la popolazione manovrandone i timori e le incertezze sul futuro. Forse non per caso affidato a un capo della protezione civile casualmente ex capo della Digos e poi del Sisde.

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