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Questo parlamento non riesce a governare nemmeno se stesso

Domani si farà un terzo tentativo, e probabilmente almeno questo “compito” verrà portato a casa.

‘art.4 del Regolamento del Senato, infatti, prevede che dal dal terzo turno sia sufficiente la maggioranza assoluta dei voti dei presenti (non dei ‘componenti’, come nei primi due turni); ed entrano nel computo anche le schede banche.
Per abbreviare i possibili giochini, il regolamento prevede anche che, nel caso di mancanza della maggioranza anche nella terza votazione, il Senato proceda nello stesso giorno al ballottaggio fra i due candidati che hanno ottenuto nel terzo scrutinio il maggior numero di voti. Al quarto, dunque, ci sarà comunque un presidente, anche se verrà proclamato con un maggioranza relativa. Non sarebbe ovviamente considerabile un “presidente autorevole” e in grado di garantire l’imparziale gestione dei lavori parlamentari.

Lo stallo è proseguito irrigidendo le rispettive posizioni. I grillini insistono con la propria gestione “rivoluzionaria”: nessun rapporto e nessun accordo con gli altri gruppi. Gli altri tre gruppi si guardano in cagnesco e hyanno fin qui bocciato qualsiasi proposta proveniente dalle fila altrui. Anche Monti, dunque, è stato bocciato. Tanto da far serpeggiare il dubbio che “il professore” (titolo che appare persino eccessivo, alla luce del suo modesto curriculm di pubblicazioni scientifiche) non sia esattamente un genio della politica. Messosi con le proprie mani “alla pari” con gli altri, smarrendo quindi l’aura di infallibilità con cui lo avevano incoronato Napolitano e la Troika, i suoi limiti appaiono ora giganteschi.

Cerca di ritagliarsi un ruolo autonomo il gruppuscolo di leghisti, entrat grazie all’apparentamento con i Berlusconiani. “La soluzione che noi caldeggiamo è Finocchiaro qui al Senato e un Pdl alla camera”. Parola del capogruppo della Lega Nord al Senato, Massimo Bitonci.
Il Pd-Sel invece pare incapace – proprio come concezione e cultura della “politica” – di immaginare qualcosa di diverso dal più classico “consociativismo” e non esce dal tunnel in cui si è da mesi infilato. Se decide, come può fare, di eleggere due propri presidenti alle due camere, appare come un fautore dello spoil system e conferma i precedenti già stabiliti dal Pdl. Se invece fa convergere i suoi voti su un grillino (o un montiano) in una delle due camere, non verrebbe nemmeno ringraziato.
Se questo è l’incipit, la vita di questa legislatura – una volta eletto il nuovo presidente della Repubblica, a  maggio – sarà già al termine. Troika permettendo.
Per la cronaca, la prima seduta del Senato era iniziata questa mattina alle 11 presieduta dal senatore più anziano, Emilio Colombo (92 anni, senatore a vita), che ha rivolto saluti al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e al papa appena eletto (ha confessato di esser stato in dubbio, perché “noi democristiani eravamo laici”, ma alla fine l’ha nominato).
Colombo ha annunciato anche che una senatrice, Giovanna Mangili, eletta nelle liste del Movimento 5 stelle, ha già presentato le dimissioni per “motivi personali”. In reatà, è il frutto della prima “famigliopoli” grillina, in quanto moglie di un rappresentante eletto in un comune della Lombardia che avrebbe – secono le accuse avanzate dall’interno del M5S – congliato sulla moglie le preferenze che poteva “gestire” online).

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