Al di là dei meri richiami istituzionali alla democrazia formale che puntano il dito contro le nefandezze del ventennio come argomento per i libri di storia, le realtà milanesi che hanno dato vita a questo momento di incontro e militanza in concomitanza col decennale dall’assassinio di Davide Dax Cesare hanno saputo coniugare al meglio parole d’ordine dell’antifascismo con le rivendicazioni dei movimenti e delle realtà che hanno attraversato la città nella partecipata manifestazione di sabato.
Perchè antifascista è la lotta per l’autodeterminazione dei popoli, cercando soluzioni politiche concrete in opposizione agli interessi imperialisti, come hanno raccontato gli attivisti internazionali presenti nell’assemblea di venerdì sera. Antifascista è la liberazione di spazi in aree metropolitane in cui la valorizzazione del capitale determina la conformazione urbana, e in cui battersi per il diritto alla città significa anche riappropiarsi di luoghi abbandonati, come è stato per l’area Grizzly che ha ospitato buona parte delle iniziative previste per questo lungo weekend. Antifascista è la lotta alla repressione e alla connivenza tra apparati statali e gruppi di estrema destra, quella stessa complicità di intenti che ha caratterizzato la notte nera del 16 marzo di dieci anni fa. Antifascista è la mobilitazione che, pur con i suoi alti e bassi, attraversa da vent’anni scuole e università contro la ristrutturazione del mondo della formazione in ottica classista, funzionale alla necessità di rispondere alla concorrenza internazionale nel polo imperialista europeo. Antifascista è proporre palestre popolari in cui il valore dello sport come momento di incontro e scambio collettivo si contrapponga a quello dell’agonismo spersonalizzante, come si è visto nelle attività organizzate questa mattina. Antifascista è ribaltare il tavolo della contrattazione, mettendo le persone davanti al profitto. Antifascista è dire basta a case senza persone e persone senza casa, coordinarsi assieme aldilà del colore della pelle e dei percorsi personali dal picchetto antistratto all’occupazione abitativa, come quella che ha chiuso il corteo in via Mompiani.
Tutte queste istanze hanno avuto voce manifesta nel lungo corteo di ieri pomeriggio, dove i movimenti hanno trovato spazi di rappresentazione specifici attraverso i propri slogan e le proprie pratiche reali di rivendicazione. Solo allacciando le lotte organizzate dal basso in un ampio abbraccio di coordinamento e proposta comuni, l’antifascismo non diventa parola vuota ma capacità reale di resistenza e intervento dentro e contro la crisi, quando lo snodo politico-economico che stiamo vivendo non è escluso che trovi sempre maggiore sponda anche in strette reazionarie che sappiano coprire il vuoto di potere in cui incorrono le istituzioni. Tutto ciò di fronte alla frammentazione sociale che con le ultime elezioni è calata sullo scenario politico, mentre l’Europa e i mercati impongono scelte efficienti, trovando risposte chiare da parte delle destre di mezzo continente e producendo situazioni prodromiche a sviluppi a cui abbiamo già assistito nella metà del secolo scorso.
La liberazione non come mito ma come pratica politica, l’antifascismo come istanza che dia collante alle lotte delle nuove generazioni che si stanno affacciando su una realtà i cui contorni stanno mutando velocemente.
Coordinamento giovani Rete dei Comunisti
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