In molte piazze italiane migliaia di persone si sono mobilitate ieri, come ogni sabato da quasi tre mesi a questa parte, per protestare contro il genocidio del popolo palestinese da parte di Israele e la complicità dei governi occidentali.
Tra cui spicca per servilismo quello “post-fascista” di casa nostra, che ha accolto le pressioni dello stato di Israele, rappresentate localmente dai vertici delle comunità ebraiche (con molti ebrei in completo dissenso).
E’ stata infatti la prima volta che un governo ha deciso di vietare le manifestazioni per ragioni politiche e culturali, non certo per “ragioni di ordine pubblico” visto che da tre mesi a questa parte le manifestazioni di solirietà con la Palestina si svolgono senza alcun problema né tanto meno “incidenti”.
Questa motivazione perversa e antidemocratica è stata espressa esplicitamente dal ministro dell’interno Piantedosi che ha spiegato il divieto (inizialmente presentato come un “invito a rinviare”) con la possibilità che le manifestazioni finissero con l’«assumere connotazioni lesive dello spirito commemorativo a favore delle vittime delle leggi razziali, nonché di condanna alla persecuzione del popolo ebreo».
Di fatto l’ammissione che la data del 27 gennaio – anniversario dell’arrivo ad Auschwitz dell’Armata Rossa sovietica – è per lo Stato italiano una giornata “riservata” ai soli esponenti dell’establishment israeliano, che pretendono oltretutto di parlare a nome di tutti gli ebrei, cancellando la realtà storica dei campi di sterminio dedicati anche alla “soluzione finale” per zingari, omosessuali e antifascisti (basta ricordare Ernst Thälmann, segretario di quel Partito Comunista Tedesco che nel 1933, nelle ultime elezioni tenute in Germania, aveva ottenuto il 20% dei voti).
Insomma, un atto autoritario di negazione dei diritti costituzionali di ogni cittadino italiano motivato con la richiesta di uno stato straniero e dai suoi rappresentanti qui, dotati di doppia nazionalità.
Le manifestazioni, dicevamo, ci sono state lo stesso, praticamente senza incidenti, tranne qualche manganellata distribuita dalla polizia a Milano, dove la partecipazione era stata abbastanza grande da spingere i presenti a fare qualche passo in corteo, invece che in presidio statico.
A Milano, infatti, nonostante il divieto notificato nella giornata di venerdì, centinaia di persone si sono concentrate in piazzale Loreto per assistere alla conferenza stampa indetta dalle comunità palestinesi.
In un clima di tensione creato dall’ingente schieramento di forze dell’ordine, la risposta della città è stata tale che rapidamente si è riempita la popolare via Padova, e dopo la conferenza stampa si è provato con determinazione a partire in corteo sfidando i divieti.
Per oltre tre ore più di mille persone hanno scandito slogan in solidarietà al popolo palestinese e contro l’assurda restrizione del diritto a manifestare pretendendo di partire in corteo.
Un segnale importante e una voce di dissenso contro il tentativo di restrizione antidemocratica messa in campo dal governo e dalla questura eseguendo il diktat della comunità ebraica con il consenso del sindaco Sala. Nonostante le cariche la manifestazione non si è sciolta e ha rispedito al mittente la provocazione, rilanciando l’appuntamento di domani alle 15:00 sempre in piazzale Loreto.
Per oltre tre mesi decine di migliaia di cittadini e di migranti, arabi in primo luogo ma anche dal resto del “sud globale” hanno attraversato le strade della città, e la manifestazione di oggi ha lanciato un importante segnale di continuità con cui rilanciare la mobilitazione nelle prossime settimane.
A Roma, in piazza Vittorio, i circa duemila presenti hanno scelto di non forzare, limitandosi a tenere la pizza per circa tre ore. Da segnalare il grande numero di gazzettieri, inutilmente alla caccia di “fascisti” preannunciati da loro stessi nei giorni precedenti. Un classico esempio di “disinformazione di stato” (anzi, doppio: italiano e israeliano) che aveva dato per “certa” la “comune mobilitazione di centri sociali e Forza Nuova”.
Naturalmente in una piazza costitutivamente antifascista, e dunque anche antisionista, nessun fascista ha provato a mettere il naso, nonostante che il covo di CasaPound sia distante solo poche decine di metri.
Ed è stato proprio l’antifascismo il leit motiv di molti interventi al microfono, a sottolineare che se gli ebrei in questo paese hanno ricevuto solidarietà e protezione anche durante le “leggi razziali” del fascismo storico è stato solo grazie agli antifascisti, egualmente perseguitati. Mentre gli attuali eredi di quei persecutori siedono al governo, fiancheggiando amabilmente con i vertici delle comunità ebraiche, evidentemente dalla “memoria corta” o devastata dal suprematismo che domina a Tel Aviv.
Anche a Napoli è stata scelta la modalità statica. In piazza San Domenico, una folla di tutte le età ha manifestato il proprio no. Il 27 gennaio è stato definito la “Giornata della Memoria tradita”. E tradita, ricorda Potere al Popolo, “innanzitutto da Israele e da chi è complice del suo progetto di apartheid e di pulizia etnica, come il nostro governo.
La memoria dell’olocausto e il genocidio nazifascista di sei milioni di vittime ebree (insieme a oltre mezzo milioni di rom, testimoni di Geova, omosessuali, disabili, popolazioni dell’Est Europa, comunisti e altri dissidenti politici) deve essere d’aiuto a indagare e ricordare il passato per comprendere meglio il presente al fine di progettare un futuro che non ripeta gli orrori del passato“.
A Cagliari un presidio tra i gradini di accesso alla piazza Nazzari e via Sant’Alenixedda. Tutta la zona, da via Lai, a piazza Giovanni XXIII sino al lato mercato-Via Giaime Pintor era stata circondata dalle forze dell’ordine e interdetta al traffico delle auto.
Secondo gli attivisti di A Foras – tra gli organizzatori dell’evento – “manifestare è legittimo perché nella legge istitutiva della Giornata della Memoria viene spiegato che i valori della giornata stessa sono finalizzati a far sì che non si ripeta più quanto accaduto. E oggi in Palestina è in atto un genocidio che rischia di distruggere un popolo intero“.
Così anche a Bologna, dove bandiere della Palestina e striscioni sono stati sventolati, dalla scalinata del Pincio al parco della Montagnola.
Il collettivo Cambiare rotta, Potere al popolo, Rete dei comunisti e Opposizione studentesca d’alternativa, come documentato da alcune immagini pubblicate sui social, hanno scritto, “respinto con questa azione i divieti di Piantedosi“.
Di fatto, si legge in una nota firmata dai manifestanti, “oggi in varie città si tengono manifestazioni a fianco del popolo palestinese, manifestazioni che il governo nazionale cerca di vietare con la scusa della Giornata della Memoria sotto palese pressione del governo israeliano.
Non ci faremo intimorire dalla repressione e continueremo a stare al fianco della resistenza palestinese, il nostro compito è scendere in piazza per la pace, per la giustizia, per il cessare il fuoco e l’arrivo degli aiuti umanitari necessari a Gaza.”
Nel complesso, insomma, una giornata positiva che ha cancellato il tentativo di farne un’occasione riservata ai suprematisti di oggi.
La memoria è infatti un bene prezioso, che va coltivato seriamente riconoscendo e combattendo ogni fascismo, in qualsiasi modo travestito.
* Le foto di Roma sono di Patrizia Cortellessa
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