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Verso il tracollo di governo

Il dado è tratto e questo governo ignobile si avvia alla fine per motivi ancora più ignobili. Ed è questo che dovrebbe far riflettere tutti i compagni, i protagonisti delle lotte sociali, le strutture sindacali, ecc.

Questo governo cadrà a breve, forse già in agosto, soltanto perché un Detenuto – per evasione fiscale – ne possiede una quota di riferimento e intende usarla per riottenere la piena impunità politica. E una “riforma della giustizia” che blocchi definitivamente la possibilità che la magistratura lo possa perseguire ancora, cancellando i processi pendenti.

Davanti ha un presidente della Repubblica che fa impallidire il ricordo di Hindemburg e un Partito democratico rispetto a cui la socialdemocrazia di Weimar sembra un partito insurrezionalista. Prevedibile dunque un cedimento – l’ultimo e definitivo quanto la condanna dopo la sentenza di cassazione – che si tradurrà nella concessione della grazia. La “riforma della giustizia” è questione troppo complicata per poter essere affrontata da un governicolo di questa taglia o da un Parlamento senza spessore costituente.

Ma la questione non riguarda affatta il solo Berlusconi. La partita istituzionale che si sta giocando investe la status del potere politico in quanto tale. Nella pretesa di impunità c’è infatti una esplicita chiamata di correo per tutta la classe dirigente di questo paese (imprenditori compresi, visto l’atteggiamento di Marchionne o dell’a.d. delle ferrovie, Moretti) e contemporaneamente l’indicazione di una via d’uscita. Golpista, ovviamente.

La violazione del principio formale della “legge uguale per tutti” – stiamo parlando della “forma”, sappiamo bene che i potenti in tribunale sono sempre trattati con i guanti e se la cavano molto meglio dei poveracci – implica la distruzione di un pilastro essenziale della “democrazia borghese”. E un passo deciso verso forme di dittaura oligarchica.

Nessuno, in questo scenario, ha la forza per diventare il “grande dittatore”. Specie perché la crisi economica ha da due anni costretto l’attuale classe dirigente italica a consegnare le chiavi dell’amministrazione del paese alla Troika (Bce, Ue, Fmi), che sta tranquillamente smantellando sia il sistema sociale che le residue tutele del lavoro nella totale indifferenza dei media, tutti occupati – pro o contro – dalle mutande o dalle tasse evase di Berlusconi.

Si tratta dunque della proposta di una chiusura oligarchica, rivolta a un ceto di “meri esecutori” di indicazioni provenienti da Bruxelles: l’impunità come sistema di tutela di una classe dirigente che “non può” più agire dentro i limiti di leggi ordinarie che devono rispettare i princìpi costituzionali. Il discorso di Berlusconi, nella sua violenza, è semplice quanto quello di Marchionne: la legge non può valere per noi, ma soltanto per i disperati che dobbiamo e vogliamo spellare vivi; quindi attrezziamoci a una blindatura autoritaria, “pacifichiamoci” tra noi potenti, imbavagliamo questa magistrattura che va bene quando – come a Torino – perseguita chi ci intralcia, ma ci rompe i cabbasisi a Milano come a Siena (frontiera Montepaschi).

Ma perché questa “proposta” possa realizzarsi, senza che il Pd debba spiegare ai suoi potenziali elettori una “mutazione genetica” al di là dell’immaginabile, occorre un nuovo turno elettorale che – nelle speranze del Cavaliere Detenuto – dovrebbe consegnargli un potere di veto superiore all’attuale. Il “blocco sociale” dietro il Detenuto è infatti un problema anche per la “ristrutturazione del paese” in chiave europea, chiede “protezione” dai tagli alla spesa pubblica clientelare (subappalti, consulenze, finanziamenti a fondo perduto, ecc); ma non ha ancora capito, tantomeno accettato, che non potrà passare del tutto indenne sotto le grandi forbici della crisi. Ci prova, sgomita, pretende di stare ancora nella stanza dei bottoni e condizionare le scelte su problemi enormemente più grandi e duri di quel che possa comprendere.

E’ una scommessa disperata. I problemi su questa strada non sono infatti pochi. Lo “sguardo critico dei mercati” sembra al momento quello più consistente. E’ assolutamente certo che una crisi di governo per motivi così immondi si trasformerebbe in poche settimane in una ordalia di speculazione sui titoli di Stato italiani, aumento dello spread, dei tassi interesse effettivi da pagare sui prestiti, in un blocco dell’economia ancora più consistente di quello ancora in atto dopo due anni.

Un altro potrebbe e dovrebbe essere rappresentato da una ripresa consistente, massiccia, finalmente unitaria nella logica e nelle forme, dell’opposizione sociale. L’autunno è alle porte, la condizioni di vita peggiorano, i posti di lavoro diminuiscono e i salari sono diventati irrisori. Lo scontento cresce, la distanza dal Palazzo anche. E’ possibile trasformare tutto ciò in protagonismo politico di un blocco sociale totalmente ignorato e totalmente bloccato da anni.

Non è pensabile attraversare una tempesta politica e “costituzionale” di queste dimensioni senza muovere un dito e far sentire il propriio pesante parere. Il rischio è secondo noi evidente: lasciare l’opposizione sociale in una terra di nessuno, da spettatore succube, mentre all’interno della classe dirigente ci si divide e combatte per le poltrone da cui bombardarci.

Per quanto possa sembrare difficile, solo chi non lotta è sconfitto in partenza.

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1 Commento


  • Daniele

    Prima cade il governicchio del nipote di suo zio, prima le lotte che possiamo e dobbiamo portare avanti si faranno incisive, ma sicuramente la repressione sarà identica con o senza il governicchio del nipote di suo zio.

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