Come se la Val Susa non fosse già un territorio incredibilmente militarizzato. Come se in questi anni gli abitanti di quella valle non abbiano dovuto subire una vera e propria occupazione militare ‘straniera’, con i terreni sequestrati, il patrimonio archeologico distrutto, la libertà di movimento negata, le vigne assediate e rese incoltivabili…
Lo Stato ha dichiarato letteralmente guerra al popolo della Val Susa, in nome degli interessi di quel complesso intrecciarsi tra politica, imprese e malavita che continua ad insistere per realizzare una grande opera che nessuno vuole, se non quelli che ci guadagneranno sopra in termini di appalti o clientele politiche.
E più la mobilitazione dei No Tav si fa capillare e ampia, più la militarizzazione aumenta. Più la protesta si trasforma in boicottaggio e sabotaggio, più gli apparati dello Stato alzano i toni, arrivando ad utilizzare contro gli attivisti la legislazione antiterrorismo tentando di dividere, operazione finora mai riuscita, i buoni dai cattivi, i dimostranti responsabili da quelli irresponsabili.
Dopo la canea dei giorni scorsi, con pagine e pagine de La Stampa, di Repubblica e del Corriere della Sera che chiedevano al governo fermezza e mano dura, con gli appelli alla repressione da parte degli imprenditori e delle ‘cooperative’ colpiti dai sabotaggi, c’era da aspettarsi un ulteriore giro di vite. Ed ecco infatti che oggi il Comitato nazionale per l’ordine e la sicurezza, presieduto dal ministro dell’Interno, Angelino Alfano – ma con la copertura del centrosinistra – ha deciso l’invio in valle di altri 200 militari per garantire “le esigenze di sicurezza del cantiere Tav in Val di Susa”. «Dopo un’approfondita analisi delle manifestazioni di protesta e dei recenti episodi di danneggiamento a carico di alcune imprese, legati alla realizzazione della Tav Torino-Lione – informa in un comunicato il Viminale – il Comitato, nell’evidenziare la necessità di tenere alto il livello di attenzione e vigilanza, ha deliberato, attraverso una rimodulazione del Piano di impiego dei militari nel controllo degli obiettivi a rischio, l’invio di ulteriori 200 unità per le esigenze di sicurezza del cantiere Tav in Val di Susa».
Un vero e proprio raddoppio, visto che finora, almeno formalmente, erano 215 i militari del quinto reggimento Alpini impiegati nella difesa della recinzione del fortino che la stampa continua a spacciare per un cantiere per nascondere gli enormi ritardi causati ai lavori dalla continua mobilitazione popolare.
Ritardi che evidentemente hanno così imbestialito il partito trasversale ‘Si Tav’ da convincerlo a compiere un ulteriore passo nella strategia repressiva. D’altronde nei prossimi giorni è previsto che la famigerata ‘talpa’ cominci a scavare un enorme tunnel nella montagna, e il movimento No Tav ha già annunciato nuove mobilitazioni e proteste.
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