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La farsa delle tessere Pd

Due parole sul Pd vanno infine spese. I lettori ci perdoneranno questa breve e quasi solitaria “escursione” nella politica di palazzo, ma a questo punto ne vale la pena.

Partiamo dalla notizia di stamattina:

La direzione nazionale del Partito democratico ha approvato a maggioranza la sospensione del tesseramento, dopo le contestazioni dei giorni scorsi sullo svolgimento di alcuni congressi provinciali. Una nota del Pd dice che la votazione sullo stop al tesseramento, dall’11 al 24 novembre, è avvenuta per email. Ieri sera la Commissione per il congresso aveva appoggiato la proposta di sospensione, avanzata dal deputato Gianni Cuperlo, candidato alla segreteria nazionale e sostenuto da diversi esponenti degli ex Ds – il partito che, con la Margherita, ha dato vita al Pd – tra cui lo stesso ex segretario Pier Luigi Bersani. Il 24 novembre si terrà a Roma la Convenzione nazionale che dovrà selezionare i tre candidati segretari che parteciperanno poi alle primarie dell’8 dicembre. Alla Convenzione votano i delegati eletti dagli iscritti al partito, mentre alle primarie si esprimono elettori e simpatizzanti del Pd, compresi i 16enni e gli immigrati residenti. Oltre a Cuperlo, sono candidati alla guida del Pd: il sindaco di Firenze Matteo Renzi – l’unico che proviene dalle fila della ex Margherita -, il capogruppo Pd all’europarlamento Gianni Pittella e il deputato Pippo Civati.

La vicenda del tesseramento ha ricordato a tutti la vecchia Dc degli anni ’70 e ’80, quando anche ai congressi di sezione si arrivava spesso alle mani, tanto che – per esempio gli andreottiani – pagavano intere palestre di ragazzi atlatici per farli intervenire in caso di rissa. Quei pullman carichi di migranti improvvisamente innamorati di Renzi o Cuperlo, al punto da arrivare tutti insieme per iscriversi e poi ritornare verso rifugi sicuri, resterà per sempre nella memoria di questo partito.

Il blocco del tesseramento, riconosciuto dunque “truccato”, ci sarà; ma da lunedì, in modo di dar tempo per fare le ultime iscrizioni utili….

Partito?

La parola non corrisponde più all’oggetto. Un partito di qualsiasi tipo rappresenta l’aggregazione di gruppi di persone intorno a un grumo di valori, princìpi, obiettivi. E’ “una parte” del paese (un sua idea, alcuni ceti sociali, alcuni interessi, ecc), non qualsiasi cosa. La scelta del suo gruppo dirigente può essere fatta in cento modi (dall’ultrademocratico al dispotico), ma deve garantire una qualche corrispondenza tra quegli obiettivi-valori-princìpi e le scele tattiche e/o strategiche da fare. Insomma, se si sceglie un segretario con metodo democratico sono “gli iscritti” (l’insieme anche rissoso di quanti condividono obiettivi-princìpi-valori) a votare chi deve rappresentarli e guidarli. Se la platea viene allargata a “chiunque passi per strada” non si avrà un segretario di partito, ma un “uomo politico molto popolare” che può prestarsi a qualsiasi liea politica.

Il Pd sta esattamente a questo punto, E come sempre il “compromesso” trovato è peggiore del male, e lo aggrava. I “candidati alle primarie” verranno scelti dagli iscritti; dovranno essere soltanto tre e quindi salta il povero Pittella, conosciuto  a malapena  all’interno della sua regione.

Poi il segretario sarà scelto con le “primarie aperte”, quindi chiunque si trovi a passare davanti a un gazebo e abbia voglia di spendere due euro potrà contribuire a scegliere “il capo di una parte”. Fossimo in Berlusconi butteremmo due soldi per mandare qualche migliaio di prezzolati a fare “massa critica” per un nome di suo miglior gradimento (voterebbe Renzi anche lui, si sa).

Poi avremo un pirla che parla molto per non dire nulla. Chiunque sia. Dovrà infatti “rappresentare l’interesse del apese” pur essendo ufficialmente il “capo di una parte”.

Si può dire: ma chiunque corra per governare dice di voler rappresentare il paese intero… Ovvio. Ma a partire da una visione “partigiana” dei problemi del paese, ovvero a partire da quella visione e interessi che chiedono di dirigere il paese come “egemoni” in una certa fase. Ma se già il candidato di “una parte” si presenta pretendendo di essere già “l’intero” del paese… su quali basi politiche confliggerà mai con l’avversario (uno o più)?

Sul colore della cravatta e sulla “simpatia”, su “quanto buca lo schermo”… come in America. Anzi, peggio. Perché negli Stati Uniti le “primarie” sono “chiuse”, non “aperte. Possono partecipare soltanto quegli elettori che hanno dichiarato di riconoscersi in un certo partito (lì non ci sono gli “iscritti”, ma solo i dirigenti…). Il candidato rappresenta dunque, in qualche misura, una “sfumatura alternativa” rispetto a quello di un partito avverso.

Nel Pd non sarà così. Un segretario eletto da “laqualunque” sarà responsabile nei confronti di nessuno. E non sarà vicolato a nessun mandato particolare.

Il Pd è un partito già sciolto, dunque. Resta la finzione, necessaria per raccogliere voti “per non far vincere un Berlusconi”. E la vergogna di esser morti democristiani.

 

 

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