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Troppi giovani disoccupati? Mandiamoli a lavorare gratis…

Renzi una ne fa e cento ne racconta. E’ vero. Ma questa storia del “servizio civile obbligatorio” per i giovani disoccupati, in collaborazione con le imprese del “terzo settore” che tanto hanno contribuito allo smantellamento e alla privatizzazione dell’assistenza sociale, sembra qualcosa più di una boutade per riempire anche questa giornata con i suoi tweet.

“Assicurare una leva di giovani per la ‘difesa della Patria’ accanto al servizio militare”, con la creazione di “un Servizio Civile Nazionale universale”. Ma anche “dare stabilità e ampliare le forme di sostegno economico, pubblico e privato, degli enti del Terzo settore”, attraverso “il riordino e l’armonizzazione delle diverse forme di fiscalità di vantaggio per gli enti del terzo settore” e il “potenziamento del 5 per mille”.

L’insieme delle frasi – a Renzi non si può chiedere un discorso organico o un “quadro complessivo” – ha una sua coerenza. Terrificante.

Intanto perché identifica una fascia generazionale – i giovani dai 18 ai 29 anni, anche stranieri – e perché viene esplicitamente presentato come un “approccio”al mondo del lavoro. In pratica, si cerca di “sfoltire” la platea di “neet” (giovani che non lavorano e non studiano) obbligandoli a prestare un “servizio civile” che la stessa cogenza del vecchio servizio di leva. Gli ultimi anni di esistenza del “servizio militare” furono segnati da un massiccio aumento di opzioni per il “servizio civile al posto dell’addestramento militare vero e proprio. Allora questo fenomeno definito ipocritamente “pacifista” venne incentivato dai governi dell’epoca, che puntavano a creare un esercito di soli “professionisti”, più snello e soprattutto più fedele del “popolo in armi” immaginato dalla Costituzione repubblicana. Con un colpo solo, insomma, il potere privava la popolazione di una conoscenza “pericolosa” (l’uso, anche elementare, delle armi) e si autorappresentava come “portatore di pace”. Negli stessi anni, infatti, veniva ripudiato completamente l’art. 11 della Carta e l’esercito italiano veniva spedito un po’ dappertutto nel mondo a compiere “missioni di pace” costate decine di morti ai “nostri” invasori e un numero sconosciuto – ma decisamente superiore – alle popolazioni che si si era andati ad “aiutare”.

Quella preferenza indotta per il “servizio civile” ora viene rispolverata e declinata in altra prospettiva. Allora gli “obiettori di coscienza” venivano spediti a lavorare – gratis – nel cosiddetto “terzo settore”: assistenza agli anziani, ai disabili, assistenza domicialre, ecc. Poi il blocco della leva privò quelle “imprese” di una fonte ineausaribile di manodopera a costo zero, andandone molte in crisi. Sono sopravvissute quasi soltanto quelle di matrice cattolica (che potevano ancora disporre di “volontariato” gratuito e 5×1000), oppure quelle più grandi eorganizzate nella filiera della Coop.

Un’esperienza che ora può essere rilanciata su vasta scala. Il nuovo Servizio civile universale – spiegano le seconde linee renziane presentando la proposta di riforma del “terzo settore” –  dovrà essere “garantito ai giovani che lo richiedono” e che vogliano “confrontarsi con l’impegno civile, per la formazione di una coscienza pubblica e civica”, fino “ad un massimo di 100.000 giovani all’anno per il primo triennio dall’istituzione del Servizio”.

Non siete contenti, ragazzi? Il governo pensa a voi! Attenuerà la vostra disoccupazione facendovi lavorare gratis… Sì, è vero, somiglia un po’ (troppo) alla proposta di lavoro gratuito per gli “occupandi” nell’Expo 2015 (e in questi giorni l’argomento non è proprio popolarissimo). Ma volete mettere la soddisfazione di fare un’esperienza di “solidarietà” umana a salario zero per voi e con guadagno certo per l’impresa cui verrete dati in dote?

Chissà che ne pensano a Comunione e Liberazione…

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