Con il sì al doppio turno, anche il Movimento 5 Stelle si è infine piegato alla logica renziana che chiede un vincitore assoluto delle elezioni ad ogni costo. A ben vedere i precedenti, però, le premesse c’erano tutte.
La logica maggioritaria dell’asso piglia tutto piace da sempre a Grillo, così come dimostrato da più prese di posizione a favore del Mattarellum e la levata di scudi, nell’autunno 2012, contro l’introduzione della soglia minima di voti per l’acquisizione del premio di maggioranza con il Porcellum.
Mettendo insieme tutti i tasselli, quella del Movimento 5 Stelle si sta infatti rivelando una fine strategia per ottenere quello che, solo all’apparenza, si dice di voler contrastare.
Non ci si lasci pertanto ingannare neanche dalle condizioni poste: doppio turno sì, ma solo se, a seguito di un primo turno con proporzionale e senza sbarramenti, nessuna lista sia riuscita a raggiungere la maggioranza dei seggi.
L’obiettivo è sin troppo chiaro: va cambiato il meccanismo per evitare il ricorso alle coalizioni di più liste, così da garantire al Movimento 5 Stelle maggiori possibilità di arrivare tra le prime due liste.
Frega cavoli, quindi, dei livelli di rappresentatività effettiva.
Peraltro, trattandosi di un sistema che copia la legge elettorale spagnola, il Democratellum del M5S non è affatto un proporzionale puro, in quanto si prevede l’assegnazione dei seggi a livello circoscrizionale e non a livello nazionale, con quindi soglie di sbarramento implicite elevatissime per le circoscrizioni medio-piccole, con un più un meccanismo matematico di riparto che favorisce le forze politiche maggiori a danno delle medio-piccole. Laddove andasse inoltre in porto lo scambio “preferenze – ulteriore riduzione dell’ampiezza delle circoscrizioni”, gli effetti correttivi, in senso ancor più disproporzionale, del Democratellum, risulterebbero devastanti anche per forze politiche intorno al 10-12%.
Del resto, è stato lo stesso Toninelli, nell’illustrare il progetto pentastellato, a dichiarare che con il 40% dei voti potrebbe essere possibile ottenere la maggioranza dei seggi senza la necessità di un turno supplementare.
Poco più, quindi, del 37% previsto dall’Italicum.
Ma a rendere più distorsivo il democratellum con doppio turno, è che l’assenza delle coalizioni di liste finirebbe per mettere a confronto, nel doppio turno, forze politiche sostenute da un consenso elettorale intorno al 25-30% (il risultato delle europee non fa evidentemente testo, vista la scarsa partecipazione al voto, per cui con meno voti di Veltroni, Renzi ha portato a casa un 40% che lascia il tempo che trova).
Forze politiche, pertanto, con un consenso elettorale reale ben al di sotto di una ragionevole soglia minima di voti, motivo per il quale la Consulta ha già dichiarato incostituzionale il Porcellum, a contendersi l’asso piglia tutto.
Sì, va bene, si dirà, ma poi al secondo turno si vince con più del 50%, per cui la legittimazione sarebbe piena.
Ma il 50% di cosa?
Dei votanti del primo turno, a dimostrazione che l’elettorato ha perfezionato i propri intendimenti una volta chiamato ad esprimersi per assegnare il premio di maggioranza? O il 50% dei soli votanti al secondo turno, con la lista vincente che per assurdo potrebbe addirittura ottenere, così come succede spesso nei ballottaggi per i sindaci, meno voti del turno precedente?
“Chi partecipa decide”, è la prima e più ovvia obiezione, nonché cavallo di battaglia anche del M5S.
Peccato, però, che nei doppi turni ci si trova di fronte ad una consultazione drogata, dove gli elettori non interessati ad assegnare il premio di maggioranza ad una delle due liste non possono contare, in netto contrasto con quanto invece richiesto dalla Consulta: per ottenere l’eventuale premio si deve godere del consenso di una soglia minima di elettori; elettori però liberi di scegliere.
Ed è appunto a questo che serve il doppio turno tra sole due liste, per evitare di soddisfare il requisito della soglia minima di voti richiesto dalla Corte costituzionale, per regalare così facili maggioranze parlamentari senza un effettivo e verificabile perfezionamento della volontà elettorale.
Un regalo che così come prevedeva la truffa del referendum Guzzetta per l’abolizione delle coalizioni del Porcellum, non verrebbe neanche più assegnato ad una coalizione di liste più ampiamente rappresentativa del corpo elettorale, bensì ad una singola lista.
A voler quindi fare i conti della casalinga, sia l’Italicum che il Democratellum con doppio turno presentano medesime analogie e difetti:
1) al primo turno potrebbe essere possibile ottenere la maggioranza dei seggi con percentuali intorno al 40%;
2) il secondo turno, senza la previsione del raggiungimento di una soglia minima di voti, in riferimento ai votanti del primo turno, serve soltanto per aggirare la sentenza della Consulta contro il Porcellum;
3) i partiti medio-piccoli, in misura lievemente diversa, risulterebbero fortemente penalizzati (da tenere peraltro conto del ricatto del voto utile, che si eserciterebbe in misura maggiore in assenza delle coalizioni di liste);
4) il Democratellum, non prevedendo le coalizioni di liste, risulterebbe addirittura più distorsivo ai fini dell’assegnazione del premio di maggioranza al secondo turno.
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