Intervista a Barbara Battista dell’Usb Scuola
Renzi ha presentato le sue linee guida sulla scuola e promette l’assunzione di 150.000 precari: finalmente tornano i conti nelle aule?
Un principio basilare della matematica, della logica e anche del buon senso è che per stabilire se una qualsiasi quantità è “tanta” o “poca” vada messa in relazione ad un’altra quantità. Sicuramente per il singolo precario che aspetta da decenni la stabilizzazione, o per la classe che non ha mai lo stesso insegnate di matematica o italiano perché quel posto è “vacante”, 150mila assunzioni possono apparire come un traguardo. Se invece rapportiamo grandezze dello stesso tipo, in questo caso dobbiamo prendere i dati nazionali, cioè contare tutte le classi senza professore e tutti i precari. Dobbiamo allora, nel nostro raffronto, riferirci ad un periodo più lungo dell’anno scolastico perché si tratta di un sistema fatto di esseri umani e del loro sviluppo. Sulla base dei dati del 2005, il risultato è che 150mila stabilizzazioni nel 2015 sono il minimo dovuto, ma non ancora l’essenziale. E non si parla del personale ATA, ridotto all’osso e sottopagato come e più dei docenti.
Perché soltanto un “minimo dovuto”?
Perché ci sono montagne di sentenze contro il Ministero dell’Istruzione che riconoscono ai precari risarcimenti per la mancata stabilizzazione; perché c’è un procedimento di infrazione da parte dell’Unione Europea per la mancata stabilizzazione del personale che ha già avuto tre contratti a tempo determinato; perché è un lavoro immane – e costoso – gestire ogni anno tutta questa partita delle assunzioni per tappare i buchi strutturali di organico; perché, in fondo, grazie alle modifiche contrattuali intervenute in questi anni (senza contrattazione, ma accettate dai sindacati collaborazionisti) stabilizzare un precario, alla fine dei conti, non costa poi tanto di più che mantenerlo precario.
Ma allora quali saranno a vostro avviso gli effetti concreti delle assunzioni?
Con 150 mila assunzioni finalmente lasciamo che molti nostri colleghi vadano in pensione, con un assegno da fame ma non da precari: avranno un contratto a tempo indeterminato in tasca. Tante classi avranno finalmente il loro docente, ma saranno composte dallo stesso numero spropositato di studenti, con meno ore di lezione, meno sostegno per i ragazzi diversamente abili o semplicemente provenienti da altri paesi; meno pulizie, meno sicurezza e vigilanza, meno “punti di erogazione”, cioè scuole o plessi distribuiti sul territorio nazionale. Insomma, saranno le stesse classi che ha composto la Ministra Gelmini. (vedi tabella 1). Un altro dato da tenere in mente è la disoccupazione galoppante: con questo piano non c’è un posto di lavoro in più! Anzi, decine di migliaia di posti di lavoro verranno eliminati dall’idea dell’organico funzionale, cioè con personale non più legato ad una scuola ma ad una “rete” (che può comprendere scuole distanti anche fino a 50 km) il quale dovrà tappare le supplenze “brevi”. Saranno dunque gli stessi docenti di ruolo a curare la malattia della “supplentite”, e tutto per lo stesso stipendio. Idea preoccupante, proveniente da “testa” sindacale e già approvata e sottoscritta nell’Accordo per la provincia di Trento (Flc-CGIL e CISL), con un aumento di orario a parità di salario.
In che modo si è già risparmiato sulla pelle della scuola e dei suoi lavoratori?
Col blocco del Contratto Collettivo Nazionale dal 2009, la cancellazione degli scatti di anzianità dal 2010 e oggi sappiamo dalla Madia che il blocco proseguirà almeno fino al prossimo anno, mentre già nei vari decreti legge è fino al 2020. Col taglio del salario accessorio, l’aumento dell’orario di lavoro de facto e del carico di lavoro e, soprattutto, dell’età pensionabile per le donne (oltre il 70% del personale) a 65 anni e la legge Fornero per tutti; col ritardo del pagamento della liquidazione pure decurtata; con la mobilità e gli esuberi che crescono in modo vertiginoso. Considerando poi che i lavoratori della scuola sono cittadini di questo Paese, il taglio di tutti gli altri servizi – dalla sanità ai trasporti – con l’aumento costante dei prezzi di prodotti come il cibo o le utenze domestiche (per chi una casa ce l’ha), è oramai palpabile l’impoverimento dei 950 mila lavoratori della scuola.
Ma questi scatti per “merito”, non potrebbero migliorare la situazione?
Volendo al momento sorvolare sul termine “merito”, si tratta di 60 euro mensili per meno della metà del personale. Vi sottopongo un’altra tabella:
Si tratta di un calcolo fatto su un sistema che, a come descritto nelle linee guida del documento del governo, è molto rigido: prende lo scatto solo il “bravo” che rientra nella finestra triennale che dovrebbe aver inizio dal 2018; se nel 2018 si è già in servizio da 2 anni, si deve comunque aspettare il 2021. La “variazione stipendiale annua lorda media” è dunque calcolata sul caso migliore del docente assunto nel 2015, non un anno prima né un anno dopo. Bisogna ricordare che già nel 2011 per i neo assunti fu tagliato (con accordo firmato dai sindacati complici) lo scatto al terzo anno di anzianità, con una perdita che allora calcolammo del 6%, e dunque si tratterebbe di un parzialissimo recupero. Il discorso si complica, e gli incrementi diventano decurtazioni stipendiali, per i lavoratori con una anzianità di servizio più alta. Solo per esempio, un docente che nel 2018 avrà 21 anni di servizio perderà fino a fine carriera quasi mille euro ogni anno. Insomma, una parte dei lavoratori della scuola che ad oggi NON hanno preso i famosi 80 “renzini” mensili, avranno dal 2018 tra i 500 e i 900 euro lordi all’anno. Gli altri, tutti insieme, regaleranno ancora qualche miliardo di euro allo Stato! Finalmente Brunetta vedrà il suo sistema “meritocratico” applicato, con i nuovi docenti “premiati” proprio come i clienti fedeli di un supermercato…
Quanto costano gli scatti dei docenti?
Fino al 2018 tutti gli scatti sono bloccati per tutti. Come lo stipendio, sul quale già ad oggi dall’ultimo rinnovo abbiamo perso almeno 7.000 euro, o le ferie, che in questi anni sono state cancellate per il personale precario più o meno per un ammontare proprio di 1.000 euro! Non possiamo dimenticare che chi verrà “scritto sulla lavagna” perderà 3.400 euro e se si è un docente con già 21 anni di servizio non conviene neanche essere bravo! Insomma, con quello che stiamo perdendo complessivamente non conviene proprio a nessuno fare il primo della classe con il Dirigente di turno.
Un altro esempio di come una bugia ripetuta 100 volte diventa realtà per l’opinione pubblica…
Questo “nuovo” sistema in realtà è molto vecchio: taglia gli stipendi, non restituisce il maltolto e reintroduce un sistema di relazioni all’interno della Scuola pre-Gentiliane (prefasciste). Son previste modifiche importanti agli organi collegiali (la cosiddetta legge “Aprea”), già combattute con decine di scioperi e manifestazioni, che sono troppo spesso costate la reazione violenta contro gli studenti in piazza. Organi Collegiali che a vari gradi coinvolgono tutti – dai genitori ai collaboratori scolastici, alla vita della scuola – vengono svuotanti cancellandone la loro funzione di controllo o eliminati, come il Consiglio Nazionale della Pubblica Istruzione, che ha avuto il “torto” di aver espresso pareri contro la Riforma Gelmini e “causato” la condanna del Ministero – ma il Governo non dà seguito alle sentenze oramai definitive. D’altro lato i Dirigenti vengono trasformati definitivamente in Kapò ai quali si vuole dare il potere di “scegliersi la squadra”, cioè la libertà di assumere e licenziare. Per questo abbiamo indetto lo sciopero proprio il primo giorno del Collegio Docenti, uno sciopero che coinvolge tutte le scuole e durerà almeno una settimana. L’USB ha conquistato un nuovo strumento di lotta, a vent’anni della legge antisciopero superandone le pesanti imposizioni.
…E il ruolo dei soggetti privati?
Il senso più profondo della riforma Renzi sta nell’ingresso e nel controllo che i privati eserciteranno – e invero già esercitano – sulle scelte didattiche e gli obiettivi finali dell’istruzione. La trasformazione di interi pezzi del processo formativo in Fondazioni Private è già in atto, grazie alla bella intuizione di Bersani-Fioroni e la realizzazione della Gelmini, con fondi fuori controllo di Fondazioni che ricevono finanziamenti pubblici, personale, e sgravi fiscali per i privati che fanno “beneficenza”. Quello che è successo in Sanità con le Fondazioni sta davanti a tutti: lo sfascio economico l’eliminazione del diritto alla salute, la stessa strada perdente la stanno percorrendo con la Scuola.
Qual è la proposta dell’USB?
Per riassumere, la rivoluzione annunciata di Renzi è l’applicazione del modello Marchionne alla Scuola: ricattare i lavoratori con lo scambio posto di lavoro-diritti. D’altra parte già questa estate avevamo detto che per “rivoluzionare” la scuola mantenendo il Paese nel quadro delle compatibilità imposte dalla Trojka per il pagamento del debito, Renzi avrebbe dovuto “fare Tarzan”. Ma nelle sue acrobazie ha mancato la liana: invece della rivoluzione abbiamo una riforma Gelmini.2.0
Per iniziare a parlare di ripresa della Scuola, riconquista di occupazione vera e sana ad oggi, sono necessari altri 250 mila lavoratori tra docenti e personale ATA per far fronte all’aumento degli studenti e il recupero dei posti tagliati e i futuri pensionati, oltre la stabilizzazione degli attuali precari; il rinnovo del contratto di lavoro e la reinternalizzazione dei servizi e dei lavoratori delle ditte che lavorano nella scuola; la cacciata dei privati e la cancellazione della legge Fornero.
Tutta la Riforma della Pubblica Amministrazione sta strozzando i lavoratori e piegando agli interessi privati la macchina statale. Per farlo devono calpestare la libertà – di pensiero, di espressione – a partire dai luoghi di lavoro, a partire dal restringimento dei diritti sindacali. La complicità di CGIL, CISL e UIL non può essere più sottaciuta e consentita, nella scuola come in tutto il resto del mondo del lavoro. Dopo la firma di accordi come quello sulla Rappresentanza Sindacale o come nella Scuola, con le firme su Accordi che anticipano e suggeriscono le “riforme” dei Governi, non si può più parlare genericamente di “unità”. L’unità, per noi, è tra le organizzazioni che lottano con coerenza, dei lavoratori che non si arrendono, con chi non nasconde la testa sotto la propaganda renziana.
La mobilitazione necessaria è quella di tutti i lavoratori contro il Job act, gli accordi liberticidi dei diritti sindacali e democratici, contro la riforma della P.A. e per la cancellazione della Legge Fornero, fino allo sciopero confederale generale nazionale, e la giornata del 10 ottobre indetta dagli studenti può essere per la scuola una tappa importante. È necessario riconquistare la scuola di massa, laica e statale. I figli dei lavoratori, i precari, immigrati e non, i disoccupati, hanno il diritto e il dovere di partecipare alla vita del Paese e non permetteremo che venga tolta loro la possibilità di un riscatto, perché noi siamo i figli dei lavoratori, degli sfruttati che in questo Paese hanno lottato per farci studiare e non lasceremo la nostra scuola allo sbaraglio senza lottare.
Fonte: www.usb.it
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