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La piazza di Bologna rifiuta le provocazioni e l’odio leghista

Questa mattina, gli occupanti organizzati con Asia-USB in presidio da venerdì mattina all’interno di palazzo d’Accursio per chiedere alle istituzioni cittadine il riallaccio delle utenze nelle occupazioni di via Toscana e via XXIaprile, si sono trovati in pessima compagnia. Infatti, i maggiori esponenti della Lega Nord bolognese hanno avuto la trovata di piazzare un gazebo davanti all’ingresso del Comune di Bologna, ed esporre uno striscione: “Acer: prima la nostra gente”. Presenti Facci, Scarano e Bernardini, che da facebook pontifica: “liberiamo il Comune, Bologna ai bolognesi”…
La rispostadegli occupanti non si è certo fatta attendere: il gazebo è stato accerchiato dagli striscioni e dalle bandiere degli attivisti per il diritto all’abitare, e in breve tempo sono accorsi compagne e compagni della maggior parte delle realtà politiche e sociali antagoniste bolognesi a portare la loro solidarietà attiva.
Il messaggio è risuonato forte e chiaro, scandito dal megafono: nessuno spazio per fascisti e razzisti, nessun dialogo con chi fomenta la guerra tra poveri, nessuna collaborazione con chi disprezza la diversità e cavalca il malcontento sociale montante per diffondere l’odio razziale. Nessun rispetto verso chi sfrutta il dramma di centinaia di famiglie, il dramma di non avere un posto in cui dormire, per meri fini propagandistici ed elettorali.
Davanti a Palazzo d’Accursio è stato ribadito più volte da oltre duecento persone: migranti, studenti, militanti politici e sindacali, occupanti, ma anche cittadini comuni, anziani e turisti che, incuriositi dall’assembramento, si sono avvicinati a solidarizzare con la causa degli occupanti.
E a dirla tutta, nel momento in cui è stato chiaro che la piazza bolognese, per una volta sveglia e attiva in quello che è stato a tratti un dibattito collettivo, rifiutava il messaggio di odio e paura proposto a suon di insulti e grida, gli esponenti del partito di Salvini hanno cambiato faccia, chiedendo proprio dialogo e collaborazione.
Quel che hanno richiesto tutto a un tratto agli attivisti è stato un “franco confronto tra realtà politiche all’opposizione”…
Come se chi lotta per un diritto che non ha nazionalità né etnia potesse discutere davanti a una tazza di tè con chi pratica discriminazione e lucro.
Nessuno spazio dunque, a chi ha votato la legge Bossi-Fini, a chi ha istituito quei lager di stato che si chiamano CIE, a chi chiede di “sparare a vista” contro i barconi.
Una volta resisi conto che il loro teatrino non sarebbe potuto andare in scena, visti i numeri soverchianti e la ferma volontà delle compagne e dei compagni presenti di non cadere nelle loro infantili provocazioni, Bernardini e soci hanno pensato di accettare (dopo qualche insistenza) il consiglio rivolto loro dalla piazza. Così, dopo circa tre ore di fronteggiamento, scortati da Digos, polizia e celere, hanno smobilitato il gazebo e se ne sono andati, questa volta sconsolati per non aver potuto esibire ai Bolognesi il loro repertorio xenofoboe fascistoide.
Accompagnati, e non è uno scherzo, dalla trotterellante banda della festa dei bersaglieri in piazza Maggiore.

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