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Il potere non si fa processare per L’Aquila

In questo paese ci sono alcune certezze: il potere non si fa processare. O comunque non accetta condanne. Le eccezioni ci sono state, ma hanno tutte confermato la regola, a parte la breve parentesi di Tangentopoli.

Il processo contro i membri della Commissione Grandi rischi, per aver “escluso” la possibilità di un terremoto devastante, nella riunione di inizio aprile 2009 (il terremoto avvenne cinque giorni dopo, il 6 aprile, provocando 309 morti), è una conferma sfrontata.

In primo grado Franco Barberi, Enzo Boschi, Bernardo De Bernardinis, Giulio Selvaggi, Mauro Dolce, Claudio Eva, Michele Calvi erano stati condannati a 6 anni per omicidio e lesioni colpose. Ora sei di loro sono stati assolti dalla Corte d’Appello. Il solo De Bernardinis, allora dirigente della Protezione Civile, è stato condannato a due anni di reclusione (con pena sospesa e non menzione) per omicidio colposo e lesioni colpose. Ma soltanto per 29 delle vittime del sisma e non per tutte. 

Lo stesso procuratore generale, Romolo Como, è rimasto sorpreso: «Immaginavo un forte ridimensionamento dei ruoli e delle pene, ma non un’assoluzione così completa, scaricando tutto su De Bernardinis, cioè sulla Protezione Civile».

Forse involontariamente, il procuratore ha così “rivelato” il cuore politico di questa sentenza: se bisogna dare qualcuno in pasto all’opinione publica, che sia il livello più basso (escludendo comunque la detenzione effettiva), mentre vanno assolutamente salvaguardati i livelli superiori. E dire che stiamo parlando in ogni caso di “tecnici”, non di politici di lungo corso.

Ed è stata la stessa Avvoctura dello Stato – per dire quanto questa assoluzione fosse voluta dal governo stesso – a trovare il cavillo decisivo per liberare Barberi & co. dalle accuse: la riunione della Commissione in cui era stato deciso di rassicurare gli aquilani, sottovalutando il rischio, e quindi senza promuovere un cambio di abitudini nella popolazione (già stressata da mesi di piccole o medie scosse quotidiane), non sarebbe stata una riunione ufficiale. Ai fini legali, insomma, i protagonisti di quell’incontro avrebbero parlato “a titolo personale”; e anche le rassicurazioni fornite via media sarebbero state quindi semplicemente “un’opinione”, non un atto ufficiale.

Se questa “spiegazione” è buona per i tribunali, allora è facile prevedere che molte delle riunioni future – dalle commissioni tecniche fino a quelle di governo – saranno registrate come “non ufficiali”, così nessuno porterà la responsabilità delle decisioni lì prese. E tanto peggio per chi, comunque, dovrà firmare una carta…

I familiari delle 309 vitttime, presenti in aula, hanno fatto sentire tutta la propria rabbia. «Vergogna, vergogna!», «Non finisce qui. Vergogna. Mafiosi. Uno Stato che non fa più giustizia, uno Stato che difende sé stesso»,  «Ma c’è la legge divina di Dio, che vede tutto e che esiste tuttora» (ma che non interviene mai…) «Ce li hanno ammazzati un’altra volta».

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