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La Lega “scende” nel Meridione? Nessuna meraviglia

Molti si chiedono, in questi giorni, come mai, Matteo Salvini, segretario della Lega Nord, abbia deciso di fare campagna elettorale anche al Sud e, soprattutto, come possa sperare di ottenere consenso. Chi si pone queste domande, a prima vista legittime, parte da un presupposto sbagliato e non fa i conti con una questione politica fondamentale.

Il presupposto è che la Lega Nord, appunto, sia legata esclusivamente al territorio padano. La questione politica, invece, di natura più sottile e profonda, attiene all’essenza stessa del movimento delle leghe. Movimento che, se si configura, in prima istanza, con peculiarità tutte territoriali, ha, su un terreno più specificamente culturale,  prospettive ben più ampie e inquietanti.

La matrice ideologica di questi movimenti, infatti, è decisamente fascista. In tal senso, quindi, la Lega Nord e Matteo Salvini ritengono, a ragion veduta, di poter raccogliere consensi anche al Sud. Razzismo, retorica demagogica, nazionalismo spinto, elitarismo, anticapitalismo in chiave di protezionismo economico, corporativismo, conciliazione capitale-lavoro, tutela degli interessi minuti della piccola e media borghesia, anticomunismo sono, infatti, i  cardini dottrinali attorno ai quali ruota  la Lega e, pertanto, riconducibili ad una realtà ben più vasta che non quella esclusivamente padana.

Basti pensare, infatti, che verso la metà degli anni ottanta, quando l’ MSI e l’estrema destra erano in forte crisi, dopo l’orgia stragista degli anni ’70, anche al Meridione -dove il partito di Almirante riscuoteva un certo successo- si cercava di rimettere insieme i pezzi di quella sponda politica, ed una delle tante forme che prese il neofascismo, allora, anche se per breve tempo, fu la Lega Meridionale. Un movimento fondato dall’avvocato Egidio Lanari, dal gran maestro siciliano, Giorgio Paternò, dal pugliese Cosimo Donato Cannarozzi e dal calabrese Enzo Alcide Ferraro, e capeggiato, a Napoli, dall’ex senatore del Movimento Sociale, vicino alla CIsnal e rautiano di ferro, Domenico Manno. Un fascista con tutti i crismi.

Dunque, si comprende facilmente, a questo punto, come non sia assolutamente peregrina l’idea di Salvini di venire a raccogliere consensi al mezzogiorno. La sua è, difatti, a tutti gli effetti, propaganda fascista. D’altronde, lo stesso segretario della Lega Nord proviene, politicamente, da ambienti vicini a Terza Posizione e agli ex ordinovisti, come Borghezio.

Inoltre, Salvini ha avuto anche l’imprimatur di uno dei teorici contemporanei del neofascismo: quell’Alain de Benoist, intellettuale fautore dei regionalismi, dell’interclassismo e del superamento degli steccati tra destra e sinistra. In pratica, il modello terzoposizionista, oggi tornato tanto di moda.

Ricordiamo che Terza Posizione fu fondata, negli anni settanta, più o meno con gli stessi presupposti, e teorizzando il nazimaoismo -un’indigesta miscellanea (che parlava di comunismo aristocratico, di cui il corifeo principe fu lo stragista Franco Freda) da Gabriele Adinolfi, Giuseppe Dimitri e da Roberto Fiore, che sarebbe stato, in tempi recenti, il fondatore di Forza Nuova. Dunque, un movimento dalla chiara impronta neonazista.

Come, d’altra parte, la Lega di Salvini, pur se con toni più sfumati. Ed ecco spiegato anche il motivo per cui la Lega riesce ad erodere consensi ai 5 Stelle. Su svariati punti  -vedi la retorica xenofoba di Grillo, il suo interclassismo, la sua voglia di superare il conflitto facendo fuori i corpi rappresentativi intermedi, come i sindacati, il suo anticomunismo- la  Lega appare più decisa e chiara. Anche perché, a differenza dei pentastellati, ha un progetto di società ben preciso. Cosa che i Cinquestelle, per loro natura, non possono avere. Difatti, non pochi grillini trasmigrano, poi, in Forza Nuova o Casa Pound.

Nessuna meraviglia, pertanto, se Salvini scende al sud a fare campagna elettorale. La possibilità di rinverdire i fasti, all’epoca, a dire il vero, poco gloriosi, della Lega Meridionale, è a portata di mano, in un periodo di crisi tanto duro e lungo, che ha esasperato gli animi, mettendo i cittadini ed i lavoratori gli uni contro gli altri, in una pericolosissima guerra tra poveri. Una guerra che, il fascismo, come sempre, seppur in diverse forme, si propone di gestire, con l’avallo delle grandi borghesie capitalistiche. Attenzione, quindi, anche qui al meridione, ad avallare, da sinistra, retoriche regionalistiche e territoriali. Quella dei comunisti deve essere una battaglia per l’internazionalismo, nel rispetto, certo, dell’autodeterminazione dei popoli. Dietro il territorialismo della Lega, invece, si cela, ma neanche tanto, la faccia sporca del neofascismo italiano.

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