Difficile non notare la differenza di “trattamento” usato dalle cosiddette forze dell’ordine nel caso l’ordinanza di sgombero riguardi – come stamattina – un edificio occupato da fascisti conclamati. Addirittura orgogliosi di dichiararsi tali come Casapound.
Nel delirio sgomberativo che da qualche anno attraversa l’Italia, stamattina la Guardia di Finanza – su ordine della Corte dei Conti, non della Questura o del Comune di Roma – si è presentata davanti alla lussuosa sede di via Napoleone II, a due passi dalla stazione Termini. Sei piani e 60 stanze a disposizione dei picchiatori sempre impuniti.
Ma nessun blitz, anzi un appuntamento stabilito da tempo e senza troppe sollecitazioni.
Le prove erano iniziate già ieri pomeriggio, per eseguire un sopralluogo nel palazzo, di proprietà pubblica ma concesso loro ai tempi di Veltroni sindaco. E’ uno dei tanti motivi per cui, quando sentiamo parlare del Pd come forza “antifascista”, ci scappa sempre uno sghignazzo gigante.
Il sopralluogo era stato disposto per determinare – intanto – i danni provocati dalla lunga presenza dei “fascisti del terzo millennio”.
Ci si sarebbe attesi un atteggiamento “belligerante”, da parte delle guardie, almeno lontano parente di quello messo in atto dalla squadretta di vigili urbani che – per esempio a San Basilio – si erano prodotti un mese fa in un assalto e due arresti (due attivisti di Asia Usb e candidati di Potere al Popolo!) pur di riuscire a sfrattare un’anziana donna da un appartamento popolare per cui, oltretutto, pagava regolarmente l’affitto.
Macché. Le cronache riferiscono di “ una serie strette di mano tra i militanti del partito di estrema destra, un sorridente Davide Di Stefano in testa, e gli agenti della Digos in borghese inviati sul posto dalla questura per mediare e arginare possibili disordini”.
Tarallucci e vino, insomma, come tra vecchi amici…
Questa la realtà bruta.
Tutt’altro clima se invece dovessimo stare dichiarazioni rilasciate a beneficio della stampa: “Se entrate sarà un bagno di sangue”, sembra abbia detto il fratello del boss, Davide Di Stefano. E si può anche credergli, tra una stretta di mano e un sorriso ci vuole un attimo a che scorra il sangue a fiotti…
O era il vino?
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