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Napolitano se n’è gghiuto e…

Si aprono i giochi per la successione. Come da settimane annunciato,. Giorgio Napolitano ha presentato la lettera di dimissioni da Capo dello Stato, inviandola come da prassi a Laura Boldrini, presidente della Camera.

Non annoieremo i lettori esercitandoci nel più stupido dei giochi di società in voga in questi giorni (chi sarà? chi sarà il successore?).

L’unica cosa di cui siamo certi, specie dopo i fatti di Parigi e quindi la spinta potente ad “aumentare l’integrazione dell’Unione Europea”, è che il prossimo inquilino sul Quirinale dovrà essere un garante della stabilità in nome e per conto della Ue, dei suoi trattati, dei suoi vincoli. Un garante riconosciuto a Bruxelles e nelle cancellerie dell’Occidente, non necessariamente “popolare” tra i cittadini italiani o particolarmente apprezzato dai “grandi elettori” che dovranno nominarlo (deputati, senatori, e una pattuglia selezionata di consiglieri regionali).

Non un “garante della Costituzione”, come pure recita ancora la Carta, peraltro in via di rapida riscrittura. Il trasferimento di “sovranità” – dal “popolo” a un’entità sovranazionale istituzionalmente sottratta alla volontà popolare esprimibile tramite libere elezioni – ha ormai raggiunto livelli definiti “irreversibili”. A meno di non immaginare scenari simil-catastrofici. E siccome la “politica italiana” risulta ancora altamente inattendibile nelle istituzioni socranazionali che contano, è indispensabile che al Colle sieda un “cittadino europeo al di sopra di ogni sospetto”.

Il compito di Renzi, proprio per questa ragione meno difficile quanto sembri, è di favorire l’emergere3 del “nome” da un ventaglio molto ristretto di figure accettabili in altro loco. Insomma, non il risultato di un faticoso compromesso tra cordate, partiti, logge, gruppi di interesse puramente “nazionali”. Quanti oggi ancora cercano di attrarre l’attenzione dei media ponendo veti o tratteggiando identikit, in genere evitano accuratamente di accennare a questa superiore autorità che si staglia in lontananza. La quale non è uno dei tanti poteri che pretende ascolto, ma quello che decide – già oggi – di come deve esse scritta una “legge di stabilità”, quali privatizzazioni bisogna realizzare, quanti tagli al welfare fare e quali servizi e diritti eliminare.

Al Quirinale siederà un uomo loro, non il “buon padre” di tutti noi.

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