Sabato 17 Gennaio a Milano si è svolta con successo la prima assemblea verso l’apertura di Expo prevista per l’1 maggio, assemblea estremamente partecipata nonostante i migliori sforzi del Prefetto di Milano, Francesco Paolo Tronca. Questi infatti aveva disposto la chiusura della Statale, dove la due giorni avrebbe dovuto avere luogo, per tutta la durata del weekend, per la “sicurezza di studenti, personale e docenti”. Un’argomentazione delirante – essendo in programma niente altro che una serie di workshop e una pacifica plenaria – che però dà un’idea chiara dell’atteggiamento che la Prefettura ha intenzione di tenere nei confronti del movimento contro l’Expo. Un messaggio forte, che colloca l’Expo all’interno di quelle opere che per lo Stato “non vanno toccate”, e che innescano meccanismi di repressione fuori dall’ordinario (vedi le azioni della Prefettura di Torino contro il movimento No Tav…e poi parlano di libertà di espressione!).
Ciò nonostante gli organizzatori dell’iniziativa, la Rete attitudine no Expo, si sono mossi in fretta, occupando un edificio dismesso in pieno centro città, l’ex- sede di un vecchio teatro cittadino, il Derby. L’assemblea di ieri, a cui hanno partecipato diverse centinaia di persone, ha potuto quindi svolgersi regolarmente. Erano presenti esponenti di collettivi, centri sociali, comitati e sindacati di tutta Italia, oltre ad alcune rappresentanze di movimenti internazionali (da Atene, Tolosa e Francoforte).
Durante l’assemblea, lanciata sulle parole d’ordine “debito, cemento, precarietà”, sono state sottolineate le grandi contraddizioni sollevate dall’Expo. Innanzitutto il processo di gentrificazione che questa opera ha comportato e comporterà. Processo presentato, come sempre, come una valorizzazione degli spazi e che invece, come sempre, si è tradotta in una radicale trasformazione urbanistica in senso speculativo e in un ulteriore allontanamento dei ceti popolari da alcuni quartieri per far spazio ad attività di diverso tipo.
Sottolineato da molti interventi il ruolo che avrà l’Expo come “banco di prova” del Jobs Act, come sperimentazione di nuove forme di lavoro ultra precario. A fianco delle ormai quasi “normali” forme di lavoro sottopagato, desta particolare inquietudine il grandissimo numero di “lavoratori volontari”. Più di 18.000 persone, infatti, “lavoreranno” gratis e questo fa riflettere sia sullo stato d’animo a cui l’altissimo e prolungato tasso di disoccupazione ha portato (essere disposti ad accettare qualsiasi cosa, nella vaga speranza di ricavarci, forse, un lavoro successivamente), ma anche della innegabile capacità della controparte nella creazione di un immaginario di pacificazione tra la classe dominante e la classe sfruttata. Un immaginario mistificatorio da distruggere, come più volte ripetuto durante l’assemblea.
Molti interventi hanno anche sottolineato che l’Expo non è che un l’esplicitazione particolare, pur se estremamente rappresentativa, di attacchi ai settori popolari e al territorio che vengono portati avanti su scala più generale. Per questa ragione si è sottolineata l’importanza di costruire un percorso composto di numerose date, in vista sì dei tre giorni di mobilitazione dal 30 aprile al 2 maggio, in concomitanza con l’inaugurazione dell’Expo, ma che poi sappia mantenere vivo e generalizzare il suo intervento.
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