Quando perdi il tocco magico se ne accorgono tutti… Matteo Renzi si gioca tutto nella partita del Quirinale, e a dar retta a diversi commentatori ben introdotti nel “palazzo” l’immagine del Colle si sovrappone a quella del Golgota.
A forza di strappare, infatti, ha ridotto ai minimi termini “i forni” a cui andare a chiedere voti. Una volta per “riforme” infami come il Jobs act, un’altra per la legge elettorale, un’altra per le norme da modificare poi di notte in solitudine… Alla fine rischi di restare solo con la Boschi, che a quel punto c’è il rischio ti molli anche lei.
Riassumiamo. Il “Patto del Nazareno” ha tenuto fin qui in modo eccellente, consolidando l’idea di un partito unico renzian-belusconiano. Il problema è che il vantaggio per il Caimano non si è ancora visto. Ceto, la “manina” di Matteo aveva corretto nella notte la legge di stabilità, inserendo quell’articolo di tre righe che condovana l’evasione fiscale al di sotto del 3%, e quind anche la condanna dell’ex Cavaliere (era appena sotto il 2%).
Saltato quel trucchetto, resta la necessità di dare a Silvio quel che chiede: una riabilitazione piena, adeguata a farlo ricandidare alle prossime elezioni politiche (se la legislatura finisce nel 2018, però, ci arriverebbe 82enne). Impossibile che gliela dia il governo direttamente (non ha il potere di farlo, se non con altri trucchetti legislativi come quello sopra descritto; ma difficili ormai da replicare). Ci dovrebbe pensare il prossimo presidente della Repubblica, appunto. Ma come garantirsi che lo faccia davvero?
Il nome di Giuliano Amato piace all’omino di Arcore anche per questo motivo. Nonostante la fama di voltagabbana che avvolge il “dottor sottile” fina dalla mezza età, quando accompagnava Bettino Craxi fino sull’orlo del baratro per poi lasciarlo solo.
Un uomo della “casta”, di quella più impopolare che si può immaginare. L’esatto contrario di quel che servirebbe per confermare l’idea che si sta “cambiando verso”. Per di più geneticamente infedele.
Ma anche l’uomo giusto per far scattare la vendetta dell'”opposizione interna” al Pd. In fondo Massimo D’Alema ci ha convissuto per anni, dopo aver inventato la fondazione ItalianiEuropei.
Scene di caccia sul lungotevere, con tutti disposti a sparare su tutti. La normalità della politica italiana, ma – appunto – uno scenario in cui il divo Matteo smette di sembrare “alessandro mignon” e torna a essere “uno dei tanti”.
Vedremo a ore se le difficoltà diventeranno crisi. Se il prossimo presidente non sarà “il suo uomo”, infatti, anche per lui si apriranno in anticipo le porte del dimenticatoio. Mai troppo presto.
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