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Mafia Nazionale. Dal Tav all’Expo, tempi da lupi

È noto, a i nostri lettori, che non ci occupiamo troppo delle “inchieste sulla corruzione”, che sono invece gli unici argomenti dei media mainstream per tenere su le vendite e mostrarsi, ci mancherebbe, “lontani dalla politica” dalla “casta”. Quella che poi frequentano 24-ore-su-24 per motivi personali prima ancora che professionali… Sappiamo infatti che si tratta di una costante strutturale del modo di fare “capitalismo senza capitali” in questo paese. La “normalità”, insomma, non l’eccezione rappresentata da “poche mele marce”… E’ il cesto intero, che andrebbe buttato in discarica (senza compostaggio, sennò “ricicciano”).

Ci occupiamo invece dell’inchiesta sulle “grandi opere” per motivi che ci sembrano autoevidenti. Questo comparto è rimasto l’unico dove la “sovranità dello stato italiano” può ancora esercitare con una certa generosità la sua indipendenza di spesa. In tutti gli altri settori la “mano pubblica” è ormai espropriata dalla Troika o in via di rapido smantellamento, per l’identica pressione sovranazionale. La “torta” si va riducendo, insomma, e intorno a questo pasto si concentrano squali, iene, sciacalli e lupi. Qui, vogliamo dire, si concentra tutta “la politica” vecchio stile, qui si affollano gli imprenditori-prenditori (quelli che non hano mai rischiato un soldo, pretendendo appalti sovraprezzati e ovviamente “riadeguabili” all’occorrenza). In questo settore, insomma, non solo la corruzione è di casa, ma per ristrettezza di mercato si concentra soprattutto qui. O, perlomeno, si concentra qui quella di “alto livello”. Insomma, quella che corre in cerca di cifre miliardarie, non degli spiccioli (a confronto…) di Mafia Capitale.

Non ci sorprende trovare il ministro Maurizio Lupi al centro di queste inchieste. Uno che si era inventato il “decreto casa” (con tanto di divieto di mettere residenza negli immobili occupati, di vendita all’asta – a prezzi di mercato – delle case popolari, ecc), che vuole trasformare la Orte-Mestre (l’attuale E45) in un’autostrada a pagamento, che sta facendo fare i primi passi al “corridoio” autostradale per Latina, un fan dell’Alta Velocità che condannerebbe per “terrorismo” chiunque si opponga… Uno, in conclusione, al centro di tutte le progettazioni pensate soltanto per far arricchire i costruttori, gonfiare le tasche dei corrompibili, devastando territori e sollevando la sacrosanta incazzatura popolare, naturalmente da reprimere nel più feroce dei modi perché “contro il progresso del paese”.

È questa roba qui il “progresso del paese” che vanno costruendo i Renzi, i Lupi, gli Alfano e i Poletti: miliardi (nostri) gettati al vento, miliardi che finiscono in tasche senza fondo che loro conoscono benissimo (il florilegio di intercettazioni è come al solito spietato e illuminante), precarietà per chi lavora, licenziamenti per chi lotta, fino all’infamia suprema del lavoro gratuito per Expo. Naturalmente anche l’Expo è nel mazzo delle “grandi opere” con al centro Incalza, Perotti & co. E vien da pensare che, per rientrare nei costi, vista la dimensione delle mazzette che andavano distribuite, non c’era altro modo che far lavorare gratis qualche migliaio di ragazzi…

Non avendo entrature in procura, riportiamo qui alcuni articoli che forniscono informazioni davvero illuminanti. Prendete appunti, fissate nella memoria. Questi nomi e questi metodi sono eterni. Torneranno ancora, come Incalza che da 30 anni è al centro di tutte le inchieste ma, fino a ieri mattina, nominava lui i ministri da cui teoricamente avrebbe dovuto dipendere e scriveva, sempre lui, il “programma di governo”.

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Da IlSole24Ore

Bufera su Lupi per un contratto al figlio

di Ivan Cimmarusti e Marco Ludovico

Una “influenza” sul ministro delle Infrastrutture, Maurizio Lupi, fino al punto che – pur di salvare il posto del supermanager pubblico, Ercole Incalza – si sarebbe creata una crisi dell’Esecutivo. Dalla redazione “del piano di governo del Nuovo centro-destra”, fino alla nomina del vice ministro Riccardo Nencini e del sottosegretario Umberto Del Basso de Caro: tutto sarebbe stato nelle mani di Incalza, fino all’anno scorso a capo della Struttura tecnica di missione, quella che gestisce le grandi opere in Italia.

Sono gli atti d’indagine della Procura di Firenze a disegnare un supposto sistema “clientelare” dietro gli appalti per le principali opere, come l’Alta velocità, il Palazzo Italia di Expo, l’autostrada Orte-Mestre. Un “sistema” che coinvolgerebbe anche altri soggetti che avrebbero beneficiato degli stretti rapporti di Incalza con Lupi, come Giuseppe Perotti che arriva a incassare 17 incarichi come direttore lavori di queste grandi opere facendo poi assumere Luca Lupi, figlio del ministro. Perotti e sua moglie nel settembre 2013 avrebbero avuto come ospiti a cena il ministro con due membri della scorta.

Gli arrestati avrebbero fatto al ministro delle Infrastrutture e ai suoi familiari, secondo quanto si legge nell’ordinanza del giudice di Firenze, anche dei regali: un vestito sartoriale per il ministro Maurizio Lupi e un Rolex da 10mila euro al figlio, in occasione della laurea. A regalare il vestito al ministro sarebbe stato Franco Cavallo, uno dei quattro arrestati oggi che secondo gli inquirenti aveva uno «stretto legame» con Lupi tanto da dare «favori al ministro e ai suoi familiari».

«Non ho mai chiesto all’ingegner Perotti né a chicchessia di far lavorare mio figlio – replica Lupi -. Non è il mio costume e sarebbe un comportamento che riterrei profondamente sbagliato». Assicura «massima disponibilità» verso la magistratura, dicendo che «il Governo ha voluto dare certezza per la realizzazione delle grandi opere». E conclude che «la corruzione va combattuta e ognuno risponderà degli errori fatti se li ha fatti, ma non possiamo fermare le grandi opere. Siamo al fianco della magistratura». Lupi ricorda inoltre come Incalza «era ed è una delle figure più autorevoli che il nostro Paese abbia sia da un punto di vista dell’esperienza tecnica nazionale che della competenza internazionale, che gli è riconosciuta in tutti i livelli».

Tuttavia, gli atti dell’inchiesta condotta dai carabinieri del Ros di Firenze, come riportati dal gip in ordinanza, svelano circostanze da chiarire. Scrive il gip: «Il legame tra Incalza e Lupi e in generale con l’Ncd risulta evidente nel messaggio e nella telefonata che Incalza» ha con una «tale Daniela» del ministero. Incalza, riassume il gip, «afferma di aver trascorso la notte a redigere il programma di Governo che Ncd avrebbe dovuto presentare e di essere in attesa del benestare di Angelino Alfano e Maurizio Lupi».

Non solo, stando al contenuto delle intercettazioni, il gip parla «di un altro esempio di influenza di Incalza sul ministro». Si fa riferimento a una conversazione del 28 febbraio 2014, in cui Lupi lo informa che, in seguito alla sua sponsorizzazione, avevano nominato viceministro Nencini («Dopo che tu hai dato la sponsorizzazione per Nencini – dice Lupi all’ex manager pubblico – l’abbiamo fatto vice ministro»). Stessa cosa avrebbe fatto col sottosegretario Del Basso de Caro.

Stando al contenuto delle intercettazioni Lupi scende in campo per salvare il posto di Incalza, il cui ruolo alla Struttura tecnica rischia di cadere per la volontà del Governo di annetterla sotto il controllo della Presidenza del Consiglio. Il 12 dicembre 2014 Lupi informa Incalza, si legge negli atti, «che ha sollecitato un tal Santini per sostenere la conferma della Struttura tecnica per evitare che si blocchino i lavori». Lupi conclude che «intende difendere a qualsiasi costo la Struttura tecnica», dicendo sempre a Incalza: «Io ti garantisco che se viene abolita la Struttura tecnica di missione non c’è più il Governo».

Infine Incalza precisa alla sua segretaria, Ida Tremonti, di aver parlato con alcuni senatori affinché sposino la sua causa: Antonio Azzolini, Giorgio Santini, Federica Chiavaroli e Pier Paolo Baretta.

Un altro capitolo da chiarire riguarda i lavori che avrebbe ottenuto Luca Lupi grazie a Perotti. In particolare emerge come Perotti abbia voluto dare la direzione dei lavori di un cantiere Eni al giovane neolaureato in ingegneria arrivando a chiedere a Giorgio Mor, imprenditore e suo parente, di farlo diventare il suo «uomo su Milano». «Metterei un direttore, un giovane che ho bisogno di fare entrare (…) lo guidi e gli fai anche un po’ di formazione… è un ragazzo che vale molto». «Il ragazzo – scrive il gip – a cui Stefano Perotti fa riferimento è Luca Lupi».

DUE ANNI AL MINISTERO

Il cattolico nominato da Letta e confermato da Renzi

Maurizio Lupi (milanese nato nel 1959) dal 22 febbraio 2014 è Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti del governo attuale

È stato vicepresidente della Camera dei deputati per il Popolo della libertà per la XVI legislatura, riconfermato nella XVII fino alla nomina, dal 28 aprile 2013 al 22 febbraio 2014 a Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti dell’esecutivo guidato da Enrico Letta, carica poi riconfermata nel governo di Matteo Renzi.

Lupi si è laureato nel 1984 in Scienze Politiche. È iscritto all’Ordine dei giornalisti della Lombardia dal 1984 come giornalista pubblicista ed è membro di Comunione e Liberazione.

RAPPORTI PERSONALI

I rapporti con Incalza

All’interno dell’inchiesta il politico più in vista coinvolto (ma non indagato) è Maurizio Lupi, titolare del ministero delle Infrastrutture dove lavorava Incalza. «Se viene abolita la Struttura tecnica di Missione – dice il ministro in una telefonata riferendosi alla struttura interna al ministero guidata da Incalza – non c’è più il governo!». Per gli inquirenti questa conversazione «ben rappresenta» l’importanza della struttura tecnica

Il coinvolgimento del figlio

Il gip Angelo Pezzuti nell’ordinanza spiega che Stefano Perotti si è adoperato con un imprenditore indagato, il cognato Giorgio Mor, per farlo assumere, ma i due temono sia poco opportuno. Per il gip, questo atteggiamento «non è comprensibile al di fuori di uno scenario illecito». Uno degli arrestati, Francesco Cavallo, fece confezionare un vestito per Lupi, mentre i coniugi Perotti regalarono al figlio del ministro un Rolex da 10.350 euro

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Quella tensione sulle grandi opere

di Giorgio Santilli

Nell’intercettazione del 16 dicembre 2014, il ministro delle Infrastrutture, Maurizio Lupi, parla con Ercole Incalza e lo rassicura: «Ti garantisco che se viene abolita la struttura di missione, cade il governo». Alla fine, l’emendamento che voleva abolire la struttura di missione oppure spostarla a Palazzo Chigi non passa.

In ballo non c’era tanto la posizione di Incalza, che già da settembre aveva detto al ministro di voler «naturalmente» lasciare tutti gli incarichi per andare in pensione a fine anno, quanto la politica delle grandi opere che Incalza considerava un po’ la sua creatura. Sullo sfondo è evidente una tensione tra Porta Pia e Palazzo Chigi che andava avanti da almeno sei mesi. Il momento di maggiore tensione c’era stato con la messa a punto del decreto sblocca-Italia che nell’idea di Matteo Renzi doveva essere una rivoluzione della politica infrastrutturale e si era tradotto, invece, in un elemento di continuità intestato più a Lupi che a Renzi. Non è un caso che, dopo aver bombardato mediaticamente per un’intera estate con lo sblocca-Italia, il premier avesse smesso di colpo di parlarne dopo l’approvazione del 29 agosto. Già dall’inizio dei lavori, fra i collaboratori di Renzi che a Palazzo Chigi buttavano giù le prime bozze del decreto, si diceva che «il problema delle infrastrutture in Italia si chiama Ercole Incalza e un forte ricambio al ministero delle Infrastrutture». La squadra del premier non poteva sopportare la continuità di uomini per 14 anni al ministero di Porta Pia, a difesa di una politica “vecchia” elaborata da Silvio Berlusconi a inizio secolo. Ma anche nel merito delle scelte era la stessa dottrina renziana a reclamare meno grandi opere e doppia priorità per il piano di manutenzione del territorio contro il dissesto idrogeologico e per le piccole opere dell’edilizia scolastica: con il consueto stile, Renzi non l’aveva mandata a dire e si era costruito due strutture di missione in casa, a Palazzo Chigi. Avrebbe voluto prendersi anche la struttura di missione della legge obiettivo per ribaltare come un guanto il relativo programma.

Lupi ha difeso invece lo sblocca-Italia e certe idee provenienti dallo stesso Incalza, come rilanciare la faraonica autostrada Orte-Mestre, su cui Vito Bonsignore, finito anche lui nell’inchiesta di Firenze, aveva un diritto di prelazione in quanto promotore. Anche sulla Orte-Mestre c’è stato uno scontro con Palazzo Chigi che ha ben presto capito che la via del rinnovamento non passava per i numerini faraonici delle grandi opere da sbloccare. «Non c’è dubbio – dice Ermete Realacci, renziano della prima ora e presidente pd della commissione Ambiente della Camera – che lo sblocca-Italia sia stata un’occasione per una politica infrastrutturale più equilibrata, con meno grandi opere e più attenzione alla manutenzione, al risparmio energetico, alle opere sostenibili. Non mi pare Palazzo Chigi sia soddisfatto del risultato finale, ma non per questo ci si rassegna. Una discontinuità è necessaria».

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