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Tormenti “dem”, passeranno presto

Beh, c’è voluto qualche mese, ma la minacciata rottura interna al Pd si è infine verificata. 38 deputati non hanno risposto alla chiamata per votare la prima fiducia al governo sulla legge elettorale chiamata Italicum perché i piduisti giovani ci tengono a far capire che discendono da quelli vecchi… Se Gelli è ancora in grado di intendere e volere, starà certamente gustandosi un trionfo postumo, ma sempre trionfo è. Chi avrebbe scommesso che il “piano di rinascita democratica”, marchiato a fuoco come golpista fino a qualche anno fa, sarebbe stato portato a termine proprio dal Pd?

I 38 portano spesso nomi famosi, appartenenti all’ex gotha dell’ex-Pci-Pds-Ds-Pd. Ex segretari e candidati premier (Bersani), ex candidati alla segreteria (Cuperlo), ex viceministri non indimenticabili con Monti-Fornero (Fassina), altra nomenklatura ex Pci o Psi in via di liquidazione coatta.

Questa pattuglia di ex generali senza più truppe, che dovrà affrontare oggi e la prossima settimana altri due voti di fiducia senza alcuna speranza di rovesciare la partita, porta per intero la responsabilità della propria sconfitta. Ha infatti prima aperto le porte al nemico accettando candidature “centriste” nella solita, penosa, ricerca di più consensi elettorali. Poi ha fatto assumere a questi personaggi rigorosamente provenienti dalla “società civile” (Renzi, ex giovane demitiano, figlio del distributore del giornale di Denis Verdini, “dirigente” della stessa azienda paterna; o Boschi, figlia del vicepresidente di Banca Etruria, istituto dove i membri della P2 versavano le quote di iscrizione, certi dell’assouta segretezza garantita dalla banca) ruoli decisivi nel “partito”, fino a consegnare loro le chiavi della “ditta”. Pensavano, in continuità con le movenze della prima e seconda Repubblica, di poter gestire un programma di destra (privatizzazioni. pensioni, mercato e diritti del lavoro, ecc) senza pagare mai dazio, o che avrebbero potuto esercitare un ruolo decisivo anche senza apparire in prima fila, contando su regole interne scritte e non di antica data.

Hanno sempre cercato il compromesso con gente (interessi) che non ne voleva fare nessuno. Con gente che visibilmente sapeva fingere disponibilità o lealtà (“Enrico stai sereno”, è il vero stile politico renziano) solo nell’attesa del momento opportuno per sferrare la coltellata finale.

In questo, Bersani & co., ci ricordano molto il bertinottismo. Stesse movenze, stesso percorso di smantellamento della struttura organizzativa, del quadro ideale di riferimento (“nessun pregiudizio ideologico”, è stata la parola d’ordine degli ultimi 30 anni); stessa facilitazione per “facce nuove” il cui unico obiettivo era spesso soltanto l’accasamento personale; stessa “rottamazione” quotidiana delle colonne portanti della propria  stessa storia politica. Stesso destino: l’irrilevanza politica totale e definitiva.

Ora dicono di attendere – audaci! – le “prossime mosse di Renzi” per decidere cosa fare, ma intanto garantiscono di volere “restare nei democrat”. Possiamo anticipargliele noi, quelle mosse: Renzi si farà dare altri due voti di fiducia da una Camera fatta soltanto di “nominati”, pronti a vendere chiunque pur di restare a galla; poi, con calma, farà finta di non espellere nessuno (anche per non alimentare comunque difficili “rifondazioni” di un “nuovo ulivo”), lascerà frollare nel proprio brodo gelatinoso questa piccola truppa di “dissidenti”, che si spaccherà ogni giorno nell’individuazione di “segnali di dialogo” dalla maggioranza renziana. Poi, con tutta calma, al momento di stilare le liste per le prossime elezioni col nuovo sistema (qualsiasi sia la data delle prossime elezioni), si garantirà che questi ex protagonisti di stagioni politiche comunque decadenti e parecchio inqualificabili non trovino un posto tra i “nominati” né – volendo “salvare le forme” – un collegio sicuro.

Addio, dunque. Nel nuovo regime politico non si fanno prigionieri, non ci sono parti che debbano essere rispettati se non conviene farlo, conta solo la forza. E quella te la danno i poteri che hanno sede altrove, tra Bruxelles e Francoforte o Washington. 

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