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Trentino e Aosta, vince l’astensionismo

Squarci di futuro dalle elezioni amministrative nel Trentino Alto Adige, avvenute ieri. Il dato assolutamente principale è l’astensionismo, in una regione che pure può storicamente vantare uno dei tassi di partecipazione al voto più alti in assoluto. Alla chiusura dei seggi, aveva infatti votato il 66,9% degli aventi diritto al voto, mentre cinque anni prima erano stati il 74,6%. Un autentico crollo del 7,7%, per di più in una tornata che dovebbe riguardare più da vicino gli interessi particolari dei cittadini (a maggior ragione in una regione caratterizzata da bilinguismo e con presenze politiche – come l’Svp – assolutamente locali).

In alcuni piccoli comuni si è rischiato addirittura il commissariamento, perché la partecipazione ha stentato a superare il 50% necessario quando c’è un solo candidato.

Situazione molto simile anche in Val d’Aosta, con cadute della partecipazione altrettanto rilevanti.

In questa fuga dal rito elettorale, il Pd vince la perde. Ovvero mantiene la centralità assoluta e prende la maggioranza relativa quasi dappertutto – si dovrà andare al ballottaggio in tutte le località principali – ma perde punti rispetto alle elezioni amministrative precedenti.

A Trento, per esempio, il candidato Pd (insieme a Patt, Ccd e Verdi) Alessandro Andreatta, sindaco uscente, supera il 53%, ma alle precedenti elezioni aveva passato abbondantemente il 64%.

Scompare Forza Italia, che in alcuni capoluoghi (per esempio a Bolzano) supera a stento il 4%, e non avanza la Lega.
Sempre a Bolzano il candidato di Pd e Svp, anche qui sindaco uscente, Luigi Spagnolli, ottiene quasi il 40%, ma cinque anni fa era stato eletto al primo turno con il 52% dei voti.
L’unica lettura politica possibile appare dunque questa: il Pd si afferma come “partito della nazione”, coagulo dei centri di potere (nazionale e locali), e catalizza i voti di quanti hanno un interesse immediato nella composizione delle giunte. Al tempo stesso, una quota crescente della cittadinanza avverte l’inutilità della partecipazione al voto, ma non si tratta di una “ribellione”. Semmai viene riconosciuto quanto il governo stesso va sollecitando con le riforme costituzionali e l’Italicum: voi non contate niente, decidiamo tutto noi, statevene a casa.

In particolare nel Trentino, infatti, la storica centralità dell’Svp (la Südtiroler Volkspartei, “balena bianca” di lingua tedesca) sembra venire drasticamente meno. E paga il taglio alla spesa sociale o sanitaria imposta dalle politiche di bilancio europee e di lì fino ai comuni di montagna. Sembra proprio questa, per esempio, la ragione della drastica sconfitta a San Candido e Vipiteno (in entrambi i comuni erano state da poco tagliate le prestazioni garantite dagli ospedali locali).

Prove tecniche di futuro, appunto.

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