Martedì 28 maggio 1974 durante una manifestazione operaia antifascista una bomba scoppiava in Piazza della Loggia provocando 8 morti ed oltre 100 feriti. La manifestazione era stata indetta quale risposta alle continue provocazioni, intimidazioni, pestaggi ed attentati di matrice fascista. Militanti delle organizzazioni di estrema destra anche a Brescia costituivano la manovalanza dei padroni nel tentativo di reprimere le lotte sociali ed operaie. Innumerevoli inchieste si sono intrecciate in questi anni subendo costanti depistaggi al punto che non vi è ancora una precisa verità giudiziaria, mentre la verità storica è chiara a tutti. La strage è figlia di un intreccio di interessi padronali, repressione poliziesca, trame dei servizi segreti, strategie politiche. In due parole la strage è fascista e di stato. Le classi dirigenti hanno attivamente lavorato per rimuovere la coscienza antifascista, con una costante azione di revisione della verità storica sino a confondere vittime e carnefici. Nel solco revisionista si colloca il Memoriale delle formelle di Brescia dedicate alle vittime del terrorismo: accanto alle vittime della bomba di Piazza della Loggia, trovano posto picchiatori in camicia nera, mentre compagni caduti per mano fascista o dello stato sono omessi, dimenticati, persi nell’oblio della pacificazione. Nel solco revisionista spicca anche la decisione di Manlio Milani Presidente della Casa della Memoria di confrontarsi pubblicamente con il terrorista nazista Gabriele Adinolfi. Un pericoloso lavoro di revisione che ha creato terreno fertile per quelli che descrivono l’antifascismo come inutile retaggio da abbandonare, in un fantomatico “’superamento delle ideologie” utile solo a riabilitare quelle idee e pratiche confinate ai margini della storia dopo la fine del regime. Un discorso più volte portato avanti da loschi individui come Matteo Salvini, che si è alleato con i fascisti di Casa Pound rilanciando una retorica xenofoba e razzista per concentrare la rabbia sociale contro i migranti e non contro le classi dirigenti che han creato e governano la crisi, millantando inoltre un ritorno alla “sovranità nazionale”, ben diversa dal concetto di “sovranità popolare” diritto di ogni popolo oppresso. È proprio facendo leva sul sentimento nazionalista che in Europa stanno risorgendo movimenti fascisti come il Front Nacional della Le Pen in Francia, e Alba Dorata in Grecia, partiti che cavalcando il malcontento delle classi popolari colpite dalle misure di austerity imposte dall’Unione Europea , propongono vie d’uscita ultranazionaliste e autoritarie e fomentano la guerra tra poveri verso i migranti. Gli effetti già si vedono, sono di poche mesi fa le “rivolte anti-immigrati” nella periferia romana, o il recente corteo che nella nostra città marciava sotto lo slogan “Brescia ai Bresciani”, in opposizione ai migranti che reclamavano diritti negati, entrambi fomentati e organizzati da differenti organizzazioni neofasciste come Forza Nuova e Casa Pound. Una pericolosità dimostrata oltre che in queste vili azioni contro i migranti anche in innumerevoli aggressioni a compagni attivi nelle lotte. Tra le più gravi recentemente l’aggressione squadrista, organizzata da militanti di Casa Pound ai danni del C.S.A. Dordoni di Cremona, nella quale Emilio, compagno storico, è finito in ospedale in gravissime condizioni. Un episodio che fortunatamente ha visto una risposta unitaria e militante da parte di migliaia di antifascisti scesi in piazza per manifestare contro questo grave gesto e per pretendere la chiusura della sede dei fascisti locali. Tuttavia si è visto ancora come la repressione colpisca seguendo due pesi e due misure, a seguito del corteo infatti due compagni sono stati arrestati per un reato appartenente al Codice Rocco, “devastazione e saccheggio”, mentre gli aggressori di Emilio ancora girano a piede libero senza alcun tipo di restrizione, insomma vale più una vetrina rotta che l’incolumità di un essere umano.
Una differenza di trattamento motivata da una sempre più frequente connivenza tra il “mondo di mezzo” dei fascisti, definito così da Massimo Carminati, ex Nar protagonista della vicenda “Mafia Capitale”, e le classi dirigenti, per fare il lavoro sporco e canalizzare la rabbia sociale verso obbiettivi che non mettono in pericolo la stabilità del potere. I fascisti da sempre si sono prestati a fare la manovalanza del potere, negli anni 70 sono passati dai manganelli alle bombe per intimidire e cercare di arginare le crescenti lotte sociali. Oggi non sono cambiati, a parole nei propri deliri populisti stanno con le vittime della crisi, nella pratica vanno in giro a sprangare chi non la pensa come loro, a fare ronde anti-immigrati, a seminare odio e razzismo. Istituzioni, forze politiche, Magistratura e polizia sono latitanti, indifferenti e conniventi altrimenti non si spiega come organizzazioni vietate per legge possano liberamente ottenere spazi di agibilità politica, aprire sedi, ottenere piazze. Ogni amministrazione locale che accetta una sede fascista sul proprio territorio diviene funzionale al tentativo di radicamento di una ideologia cancellata dalla storia. Anche l’amministrazione Del Bono deve svegliarsi dal letargo altrimenti si lascia spazio agli stessi che lo scorso 28 marzo hanno tentato più volte, nonostante la militarizzazione del centro storico, di entrare in contatto con il corteo dei migranti. Lo stesso giorno sotto gli occhi dei solerti questurini bresciani militanti fascisti sono giunti sino in Piazza Loggia esibendo saluti romani e lanciando bottiglie contro alcuni compagni. Inutile dire che nessuno è stato fermato o identificato.
L’antifascismo deve tornare ad essere l’anticorpo contro il populismo reazionario, solo ricomponendo un blocco sociale antifascista di opposizione dal basso al pesante attacco contro le classi popolari da parte della Troika e dell’Unione Europea si riuscirà ad attualizzare i valori della Resistenza ed a liberare la nostra società da ogni nuovo rigurgito fascista.
IL FASCISMO NON SI DISCUTE
SI ABBATTE!
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