Il governo va sotto nonostante i “responsabili” di Denis Verdini. È accaduto al Senato e su un provvedimento importante – in chiave di controllo dei media – come il rinovo delle cariche del consiglio di amministrazionedella Rai.
L’emendamento su cui è avvenuto il “fattaccio” sembra secondario – la delega al governo per la riforma del canone – ma mette in discussione l’esistenza stessa di una maggioranza stabile. La Commissione di Vigilanza, con la blindatura offerta dai verdiniani, aveva approvato infatti il punto centrale del provvedimento: la nomina di sette dei nove consiglieri di amministrazione con le modalità previste dalla teoricamente aborrita “legge Gasparri” (un nome, una garanzia), compresi i nuovi poteri per l’amministratore delegato, ahinoi previsti da una che non è stata ancora approvata.
Procedura piuttosto originale, sul piano costituzionale, e che doverbbe trovare l’opposizione del presidente della Repubblica, se si sentisse investito – come dovrebbe essere – della funzione di “guardiano della Carta”.
È evidente che tanta fretta – quei poteri diventeranno effettivamente esercitabili solo quando quell’altra legge verrà approvata, se mai lo sarà – è giustificata da un’intento indicibile: la spartizione delle poltrone ai vertici della Rai tra Pd e Forza Italia, soprattutto per quanto riguarda la statutaria maggioranza dei due terzi necessaria ad eleggere l’a.d. Scopo esplicito: tener sotto controllo la principale fonte di informazione del paese in vista delle sempre più probabili elezioni politiche nel 2016.
L’”incidente” del finire in minoranza, sembra evidente, è merito della minoranza “dem”, che ha fatto blcco con Cinque Stelle, Sel e Lega contro il provvedimento. Ma quel “coraggio” non è stato sufficiente a mettere in discussione il punto centrale del provvedimento (nomine e poteri). Testo che oggi approda comunque in aula a palazzo Madama e che, se approvato in questa forma, dovrà necessariamente essere rivisto alla Camera per poi tentare, in un secondo e obbligatorio passaggio al Senato, l’ennesimo blitz con voto di fiducia.
Dalla prossima settimana i giochi si sposteranno tra Palazzo San Macuto e Palazzo Chigi. Il premier dovrebbe indicare nei prossimi giorni il nome del dg e del presidente. Secondo i rumors, non è escluso un tandem tutto al femminile. Per la guida aziendale circolano i nomi di Marinella Soldi di Discovery e Tinni Andreatta, attuale direttore della fiction della tv pubblica, ma sarebbero in corsa anche uomini di prodotto come Andrea Scrosati di Sky o Andrea Castellari di Viacom. Per la presidenza si fa il nome di Luisa Todini, imprenditrice che è stata anche parlamentare di Forza Italia (anche se la loro prima scelta è Antonio Pilati), ma pare più probabile che si opti per un volto noto della Rai (probabilmente un ex, come ad esempio il sempre disponibile Giovanni Minoli).
Quanto ai consiglieri, la maggioranza dovrebbe averne quattro, due il centrodestra. Circolano, tra gli altri, i nomi di Antonio Campo Dall’Orto, Ferruccio De Bortoli, Marcello Sorgi, Bianca Berlinguer. Al M5S, in questo schema, dovrebbe andare un solorappresentante: la figura in pole position è quello di Carlo Freccero. Prestigioso, competente (l’unico, nel mazzo di nomi che circola) e certamente indipendente. Ma solo.
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