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L’occupazione diminuisce e sbugiarda Renzi

La politica di falsari dovrebbe impallidire davanti ai numeri. Ma abbiamo a che fare con delle pure macchine da dichiarazione al momento, quindi non c’è nessun dato – ai loro occhi – ch epossa dimostrare nulla. Hanno un valore solo se sembrano dar loro ragione, altrimenti non esistono o sono – come in questo caso -“oscillanti”.

Occupiamoci prima dei fatti e poi dei falsari.

L’Istat ha pubblicato stamattina i numeri relativi all’occupazione (e alla disoccupazione) nel mese di giugno. E ha registrato che la crescita di aprile (+0,6%), già dimezzata dal calo di maggio (-0,3%), ha continuato a scendere (-0,1). Nessuna spiegazione sulle cause, che ovviamente non competono – specie su tratti così brevi – all’Istat. Però, se si ha un po’ di internità ai luoghi di lavoro reali, si sa benissimo che una serie di posizioni “in nero” erano state “regolarizzate” in conseguenza dell’entrata in vigore del Jobs Act. Nulla di “benefico” per i lavoratori coinvolit: in fondo restavano minacciati di licenziamento immediato come prima, quando erano “cladestini” (indiependentemente dal passaporto), prendevano gli stessi soldi, lavoravano lo stesso numero infinito di ore… ma ora è diventato tutto “legale”. Anzi, il governo regala tre anni di contributi gratis alle imprese che “assumono”, senza stare a guardare se si tratta appunto di “emersione” dal nero o di nuove assunzioni reali.

Fin qui nessuna sorpresa, dunque. Finito l’effetto, si torna al trend normale.

Il tasso di occupazione, infatti, pari al 55,8%, cala nell’ultimo mese di 0,1 punti percentuali. Rispetto a giugno 2014, un anno prima, l’occupazione è in calo dello 0,2% (-40 mila), mentre il tasso di occupazione rimane invariato. La vogliamo mettere in politica? Un anno di governo Renzi (16 mesi, per l’esattezza) ha fatto diminuire l’occupazione di 40.000 unità. Punto.

Naturalmente, aumenta il numero dei disoccupati: +1,7% (+55 mila) su base mensile. E naturalmente cresce anche il tasso di disoccupazione: +0,2 punti percentuali rispetto al mese precedente, tornando così al 12,7%. Nei dodici mesi il numero di disoccupati è aumentato del 2,7% (+85 mila) e il tasso di disoccupazione di 0,3 punti percentuali. Tutto a conto del governo ttuale e della sua gestione della crisi, spiacciacata sui diktat della Troika.

Un saldo negativo incontestabile che però non ha scoraggiato il ceto dei mentitori di professione. Dovendo per forza trovare qualcoa di “positivo”, sia Renzi e che il scudiero economico – quel Filippo Taddei che si era già meritata la nostra “torta in faccia” di ieri – ha puntato tutto sulla “diacronia” tra crescita economica e crescita dell’occupazione: «L’occupazione segue la crescita economica, difficilmente accade il contrario», quindi secondo lui «va sottolineato quanto velocemente sia calato il numero dei lavoratori in cassa integrazione tra l’inizio del 2015 e il 2014: si tratta di più di 110mila occupati effettivi in più al lavoro. È normale che sia così: quando l’economia si rimette in moto prima tornano al lavoro i cassaintegrati, poi si aprono gli spazi per i disoccupati. È ingiustificato emettere giudizi definitivi sugli effetti della riforma del lavoro o della politica economica del Governo in questo momento». «Nelle economie avanzate – ne ricava – gli aumenti dell’occupazione seguono con un ritardo di 6 mesi la crescita economica. Per l’economia italiana, dove la crescita è ripartita nei primi sei mesi del 2015, questo significa che vedremo gli effetti più forti sull’aumento dell’occupazione nella seconda metà del 2015».

Più ruspante e terra terra il suo capoufficio, Matteo Renzi, che preferisce bearsi con numero degli “inattivi”. Il loro numero ( individui tra i 15 e i 64 anni) diminuisce nell’ultimo mese (-0,1%, pari a -18 mila). Il tasso di inattività, pari al 35,9%, diminuisce di 0,1 punti percentuali rispetto a maggio. Su base annua gli inattivi sono diminuiti dello 0,9% (-131 mila) e il tasso di inattività di 0,2 punti. 

Gli esperti di statistica spiegano il calo degli “inattivi” – quelli che non hanno un lavoro e neanche lo cercano, iscrivendosi ai centri per l’impiego – nel modo più naturale: il numero degli anziani che esce dall'”età lavorativa” (sopra i 64 anni, per convenzione statistica) è da decenni superiore a quello dei giovani che vi entrano (over 15 anni). Il fenomeno è arcinoto: “invecchiamento della popolazione”.

Come se lo spiega invece quella “testa fine” in economia a nome Renzi? «Quelli che sono gli sfiduciati tornano a crederci, aumenta il numero delle persone di chi ha trovato il posto di lavoro, ma anche di chi lo sta cercando. Questo è il segnale di una piccola ripartenza». Se poi morissero un po’ più di persone in età da lavoro saremmo veramente al colmo della “fiducia”!

 

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1 Commento


  • Daniele

    Gli dei fanno impazzire coloro che vogliono perdere

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