Il governo Renzi va avanti a testa bassa sulle modifiche costituzionali e afferma di non avere timori per i numeri nell’aula del Senato. A ribadire la linea di condotta e lo scontro in aula, è stata la ministra Boschi in una intervista pubblicata dal “Corriere della Sera”. “Io – ha detto Boschi – non sono per nulla in ansia, non sono preoccupata per i numeri” perché “se avessimo avuto paura avremmo cercato di fare melina, invece di chiedere una accelerazione sui tempi per andare direttamente in aula”. Sulla spinosa questione dei rapporti con il Presidente del Senato, la Boschi commenta con un tono piuttosto ultimativo che Grasso “ha detto che ci farà sapere solo in aula. Bene, adesso siamo in aula, lo aspettiamo” e “vedremo cosa deciderà, nella sua autonomia”. La Boschi ha utilizzato ancora una volta la clava dell'”agente esterno” per giustificare l’urgenza di andare in aula anche senza un accordo e saltando la commission, perchè questa decisione nasce dalla “esigenza di rispettare la data del 15 ottobre, perché poi dobbiamo presentare la legge di Stabilità. L’Europa ci riconosce spazi finanziari di flessibilità se in cambio facciamo le riforme. La sola clausola delle riforme vale qualcosa come otto miliardi da spendere”.
Intanto l’ufficio stampa di Palazzo Chigi è stato costretto a smentito la frase “abolisco il Senato e ci faccio un museo”, attribuita da un quotidiano al presidente del Consiglio Matteo Renzi. “Una frase volgare e assurda” è scritto nel comunicato stampa, “che Renzi non ha mai pronunciato nè pensato o riferito”. Conoscendo il personaggio Renzi qualche dubbio sulla veridicità del comunicato di Palazzo Chigi appare legittimo. Renzi, che ancora non ha nominato senatore il proprio cavallo nè ha chiamato “Roma” la sua gallina preferita, ha deciso però di andare allo scontro e alla conta in aula a Palazzo Madama sulla riforma costituzionale di Senato e Titolo V. Su richiesta del gruppo Pd approvata con i soli voti dei gruppi di maggioranza, la conferenza dei capigruppo presieduta da Pietro Grasso ha autorizzato la trasmissione direttamente in aula, già da oggi, dell’esame della riforma costituzionale saltando dunque l’esame e voto della commissione Affari Costituzionali. Una modifica costituzionale che nasce con questi presupposti è una ipoteca inquietante sul futuro degli assetti democratici nel nostro paese, e non siamo certo i soli a dirlo.
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