Qualche giorno fa Matteo Renzi ha presenziato all’inaugurazione del nuovo campus dell’università Ca’ Foscari di Venezia. Rilanciando alcuni discorsi in merito alla riforma dell’università prossima ventura, con l’oratoria e l’umorismo di bassa lega che contraddistinguono i suoi interventi, il presidente del consiglio si è brevemente soffermato su un aspetto che crediamo importante: quello dei cosiddetti “cervelli in fuga”, il tema su cui si articola la nostra campagna da ormai due anni.
Il discorso di Renzi è riassumibile in questa frase: “chi vuole andarsene se ne vada, il mio compito è garantirgli la possibilità di tornare, se vuole.” Una frase piena solo di retorica, perché evita accuratamente di affrontare i motivi dell’emigrazione giovanile che riguardano l’Italia (e non solo), come se non rispondesse a dinamiche strutturali ma a semplici scelte di vita individuali. Soprattutto però la vacuità del discorso del presidente del consiglio si misura nella sua sfacciata alterazione dei fatti: le misure messe in campo dal governo rispondono alle stesse logiche di precarizzazione del lavoro e di aziendalizzazione dell’istruzione – presto completata con la nuova riforma universitaria – viste negli ultimi anni. Non basterà nessun richiamo enfatico all’”eccellenza” e alla “tradizione” delle università italiane per cambiare un dato oggettivo: quello della polarizzazione tra grandi centri formativi nordeuropei, e quello dei sempre meno grandi e sempre più colpiti dai tagli e dall’austerity dei paesi mediterranei, esclusi i pochi casi premiati da investimenti, di provenienza sempre più spesso privata e sempre più spesso volti a sostenere lo studio, la ricerca e l’insegnamento di quell’ “1 su 1000” che che la fa.
Chiarito questo, noi continuiamo ad affermare che tale meccanismo va sabotato, e l’unico modo per farlo è rifiutare logiche individuali come l’emigrazione per risolvere una crisi che ci colpisce tutti. Non per sciovinismo, non per un amor di patria che non ci appartiene affatto; ma per sovvertire questa logica di disgregazione sociale, per mettere sabbia negli ingranaggi della divisione internazionale del lavoro, per organizzarci collettivamente. Per questo non possiamo che rispondere a Renzi che, non grazie a lui e, anzi, nonostante lui: noi restiamo!
Campagna Noi Restiamo
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