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Mafia Capitale. Desecretata la relazione: “Il Comune di Roma andava sciolto già da mesi”

Il consiglio comunale di Roma andava sciolto per infiltrazione mafiosa. A questa conclusione, nei mesi scorsi, era arrivata anche la relazione dell’ex prefetto di Roma Pecoraro e che è stata desecretata dal governo l termine della prima udienza del processo per Mafia Capitale apertosi venerdi nella Capitale. Una conclusione non certo imprevedibile e che conferma la giustezza di chi, in perfetta solitudine per mesi,  come Ross@ o i sindacati di base o il M5S, aveva chiesto le dimissioni della Giunta Marino e lo scioglimento del consiglio comunale di Roma sin da quando esplose l’inchiesta Mafia Capitale. Una manifestazione in tal senso era stata organizzata a giugno sulla piazza de Campidoglio e la richiesta di desecretazione delle due relazioni prefettizie era uno dei temi della manifestazione cittadina del 2 ottobre scorso convocata da Usb, Carovana delle periferie, movimenti sociali. Le dimissioni dieci mesi fa, avrebbero evitato il calvario a cui abbiamo assistito a Roma dal dicembre 2014 fino all’ottobre 2015 con il dimissionamento forzato di Marino.

Scarica QUI la relazione desecretata

Certo colpisce la coincidenza tra la desecretazione di questo documento (sul quale era stato imposto il segreto dal governo) con la fine del mandato di Marino, cioè quando la “detonazione” sul piano politico della relazione prefettizia è stata depotenziata dai suoi effetti sul piano politico.

La relazione  racconta infatti di un comune fortemente infiltrato e con un sindaco che avrebbe “sottovalutato la corruzione”. E proprio attraverso questo strumento l’attività criminosa di Carminati e soci, sarebbe riuscita a costruire “il proprio percorso di condizionamento dell’istituzione deviandone atti di indirizzo politico”. Per questo la commissione proponeva nel documento l’applicazione dell’articolo 143 del Testo unico degli Enti Locali, ovvero lo scioglimento del consiglio Comunale. E anche Marino non sempre sarebbe riuscito ad opporsi. I commissari sottolineano come l’ex sindaco Marino parlando di Daniele Ozzimo, ex assessore ora agli arresti domiciliari, intervenendo davanti alla Commissione parlamentare di inchiesta sulle mafie aveva affermato che “tutte le azioni (di Ozzimo, ndr) che ho potuto valutare erano non solo legali, ma all’insegna della più severa legalità”. Secondo gli autori della relazione prefettizia adesso desecretata: “Marino dimostra di avere commesso l’errore di sottovalutare la corruzione e non identificarla per quello che è: veicolo di contagio mafioso”. Nel documento viene descritta anche la “parabola” di Marino agli occhi del sodalizio politico/criminale che aveva messo le mani sul Campidoglio. Prima lo temono parlando di “sindaco ostile”, e addirittura ne auspicano la caduta: “dovrebbero fallo cascà” si sente dire in alcune intercettazioni. Poi cercano l’aggancio, “ce pigliamo le misure con Marino”, ed infine arrivano ad una convivenza e addirittura si augurano che l’amministrazione possa proseguire fino alla scadenza naturale: “Se resta sindaco altri tre anni e mezzo col mio amico capogruppo ce mangiamo Roma”.

Nelle 835 pagine della relazione, i commissari prefettizi sottolineano come “i gravi fenomeni di condizionamento della vita politico amministrativa dell’ente (da parte del sodalizio criminale, ndr) abbiano indebolito i presidi di legalità di Roma Capitale”. Raccontando di come la rete di Carminati e Buzzi si fosse infiltrata nei gangli vitali del Campidoglio, i commissari, guidati dal Prefetto Marilisa Magno, evidenziano come “l’asservimento delle funzioni pubbliche travolge la libera formazione della volontà degli organi deliberativi piegandoli agli interessi del sodalizio, in virtù di una trama corruttiva cui hanno aderito membri dell’assemblea e della giunta capitolina”. Dunque, prosegue la relazione, “il quadro che emerge è quello di un’amministrazione inquinata i cui atti gestionali presentano gravi deviazioni rispetto al canone normativo, sia sotto profilo amministrativo che finanziario, dando vita ad un’azione caratterizzata da profonda mala gestio e un continua violazione delle procedure di legge con aggravio di costi e inefficienze”.

Ma la relazione della Commissione prefettizia su Roma Capitale, desecretata venerdì scorso, non ha riguardato la lista dei 101 dirigenti e funzionari annessa al documento prefettizio. Si tratta di una seconda relazione di 800 pagine e sulla quale rimane il segreto. Secondo alcune fonti, la decisione di non desecretare l’elenco di tutti quei soggetti individuati dalla Commissione e che sarebbero stati attenzionati da Mafia Capitale, è stata presa in quanto tutti i nomi sono già inseriti nella Relazione della Commissione. Nella lista ci sono i nomi di soggetti imputati al processo contro Mafia Capitale, di funzionari e dirigenti del Comune e anche di privati che compaiono nelle carte della Commissione prefettizia.

La lista dei 101 annessa alla relazione della Commissione di accesso presso Roma Capitale, è «una guida predisposta per agevolare la lettura della corposa relazione e contiene i nominativi delle persone» riportati al suo interno. Secondo il prefetto Franco Gabrielli: si tratta non solo di dipendenti comunali, “ma anche amministratori pubblici, soggetti appartenenti o collusi a Mafia Capitale ed altre persone, citati, a vario titolo, negli atti pubblici” dell’inchiesta su cui si fonda in larga parte la relazione. Nel comunicato della Prefettura viene spiegato che “Roma Capitale, fino ad oggi, non ha mai formalmente rappresentato l’esigenza di acquisire la ‘lista dei 101’. Difatti, i nominativi dei dipendenti capitolini (complessivamente 18), per i quali era stato richiesto, sulla base delle determinazioni assunte il 27 agosto scorso dal Consiglio dei Ministri, l’avvio del procedimento disciplinare, sono stati comunicati all’amministrazione capitolina fin dai primi giorni dello scorso mese di settembre.


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